Utente:Harrytallarita74/Sandbox

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Global Intergovernmental Organization CNU
Global Intergovernmental Organization CNU
Abbreviazione CNU
Tipo Organizzazione internazionale
Fondazione Firma dello Statuto della CNU: 18 dicembre 2021Entrata in vigore dello Statuto: 19 dicembre 2021
Scopo favorire il principio di autodeterminazione dei popoli minori e promuovere il rispetto per i diritti umani
Sede centrale Prato, ITA
Area di azione Mondo
Segretario generale Harry TsT Tallarita
Lingue ufficiali inglese, francese, spagnolo, russo, cinese, arabo
Motto La Libertà la puoi riconoscere quando esci dagli schemi

Global Intergovernmental Organization CNU[modifica | modifica wikitesto]

Organizzazione intergovernativa globale per la difesa della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani[modifica | modifica wikitesto]

e per la salvaguardia dell'autodeterminazione dei popoli[modifica | modifica wikitesto]

La Confederazione della Nazione Umana Unita (IGO) nasce da un lungo percorso fatto di tante strade dove vari individui e gruppi, iniziando dalla loro autodeterminazione in varie regioni europee, hanno scelto di adoperarsi come Difensori dei Diritti Umani al servizio di terzi e quindi di riappropriarsi dei propri diritti e doveri a livello Internazionale, distaccandosi dagli Ordinamenti Giuridici ricevuti alla nascita dai propri genitori per adottarne altri maggiormente in sintonia con la propria missione.

I Membri della Confederazione (singoli, gruppi, Comunità Popoli o Stati sovrani che hanno adottato il principio di autodeterminazione che ad oggi potremmo identificarli come “popoli minori”) sono quindi da reputarsi una sorgente, una fonte genuina etica ed altamente morale, apartitica e priva di qualsiasi e qualsivoglia scopo o fine lesivo per la razza umana. Esistono molti percorsi in tutto il mondo, vie, correnti di pensiero che possono portare l’individuo ad autodeterminarsi, citiamo ad esempio lo Stesso trattato dell’Aja ed è proprio guardando alla pluralità di questo contesto, la Confederazione non pone questioni su quali possano essere stati i vari percorsi o scenari ma nasce, alla fine del 2020, con l’intento comune di fare qualcosa di eticamente superiore, umanitariamente utile e legittimare ancor di più i propri membri verso la Comunità internazionale, creando le dovute consuetudini ed agevolando così, tutti coloro che hanno scelto e sceglieranno questo percorso “nel rispetto del pensiero e nelle convinzioni altrui”. Per questo motivo la Confederazione ha intrapreso rapporti diretti con la Human Rights Defender, con le Nazioni Unite a New York, con l’OSCE e con le varie rappresentanze estere di vari Governi. I rappresentanti della nostra Confederazione, sono pertanto da considerarsi un ulteriore risorsa per l’umanità atta a rendere l’individuo “realmente” responsabile delle proprie scelte, azioni e pensieri. In questo modo tutta la società e gli Stati con i quali CNU si confronterà, ne avranno giovamento al fine di rendere davvero fattibile ed equa una Sovranità condivisa. Ad esempio, ogni membro è attivo a livello di difesa dei diritti umani, attivo nella tutela e salvaguardia dell’ambiente e presta opera di monitoraggio e ripristino del territorio e, ove questo non sia nelle sue forze e capacità, interpella gli Stati presenti sul territorio ove esso o essi risiedono, al fine di raggiungere gli scopi prefissati.

Sin dai sui primi passi la Confederazione ha destato interesse sul panorama internazionale, di fatto ha intrapreso relazioni estere importanti ed ha aperto il ventaglio territoriale dei suoi operati a livello globale.


Sovranità condivisa[modifica | modifica wikitesto]

Ad oggi di fatto, non è più pensabile rimanere agganciati ad una Sovranità condivisa di un territorio, sia in termini di sviluppo culturale che economico e sociale come concepita nel passato. Vista l’esperienza di questi anni di una Sovranità condivisa, sia in ambito sociale, culturale, come concepita nel passato, bisogna ricercare e proporre una nuova modalità di sovranità al fine di scongiurare una serie di focolai incontrollabili a discapito di ogni singolo popolo. Ricostruire pertanto una sovranità condivisa con nuove regole è un atto dovuto in quanto ciò che fino ad oggi è stato fatto, si è basato su un sistema apparentemente democratico, forse liberale e multilivello, ambizioso su molti aspetti ma dopo essere stato concepito e testato in questi ultimi decenni da grandi Federazioni, ancora oggi stenta a dare i suoi frutti, anzi. È proprio in seno a tali idee che si stanno rafforzando ideologie di sovranità statali o addirittura assolute e questo potrebbe essere un gioco pericoloso per tutta la società umana.

Quando si propone una sovranità condivisa a livello globale ma questa stenta a generare risultati è scontato che si rafforzi l’idea di una sovranità statale e che gruppi dormienti o comunità vedano proprio in questo meccanismo un pericolo fondato alla propria identità, portandoli di fatto a rivendicare a loro volta e con parimenti forza e determinazione, la propria sovranità. Rivendicazioni spesso disorganizzate o a volta estremistiche e quindi pericolose. Basti guardare all’Unione europea dove ancora oggi, seppur nata con l’ideologia federativa al fine di creare una sovranità condivisa del territorio europeo, con l’intento di frammentare il monopolio statale della sovranità per meglio spostarsi verso un sistema democratico multi-livello; ancora oggi i cittadini restano e sono ad oggi cittadini di uno Stato e non diretti cittadini Europei. Di fatto non esistono neppure specifici diritti e doveri europei di cittadinanza “europea” indipendenti dalla cittadinanza nazionale.

Questo dovrebbe far riflettere sul progetto in se stesso, forse visionario a tal punto da non essere mai realizzabile. In questo panorama viene quindi da chiedersi se sia il caso di riscoprire i valori profondi della multiculturalità e dei valori profondi dell’integrazione dei popoli, del riconoscimento dei popoli stessi quali risorse culturali, sociali ed economiche.

Forse considerare uno scenario dove vi sia attenzione e supporto all’autodeterminazione dei popoli, in modo da permettere una coesione maggiore fondato sul rispetto e sui diritti umani, dando luogo a una economia solida, più forte e condivisa. E’ questa la sfida che oggi porta la Confederazione sul panorama internazionale: Il riconoscimento delle popolazioni minori aiutandole in un percorso democratico basato sul rispetto dell’essere umano come singola entità con diritti, doveri e responsabilità dirette e nel contempo consapevole di essere parte integrante di un collettivo. Stimolare con forza le grandi federazioni statali ad incentivare e sostenere l’autodeterminazione dei popoli, allargare “realmente” il dialogo in tavoli di lavoro condivisi è quindi la miglior risposta ad una crisi sociale, culturale ed economica.

Pensare che la propria forza economica, frutto di una politica conservazionista a discapito delle innumerevoli forze intellettive, sociali e quindi dei tanti attori che potrebbero recitare da cooprotagonisti, è inevitabilmente la cronaca di una morte annunciata.

I tempi impongo rimedi alternativi ed è fondamentale testarne i potenziali benefici.


Le organizzazioni internazionali sono istituzioni interstatali che raggruppano membri di scala regionale o globale con diverse finalità. Si distingue generalmente tra organizzazioni intergovernative (OIG), istituite in base a trattati di diritto internazionale, e organizzazioni non governative (ONG), sebbene nel corso della storia si siano affermate anche forme ibride. Le organizzazioni non governative sono suddivise in imprese transnazionali a scopo di lucro (gruppi multinazionali) e in organizzazioni non profit, le sole a essere considerate organizzazioni internazionali in senso stretto.


Natura legale[modifica | modifica wikitesto]

Giuridicamente parlando, un’organizzazione internazionale può essere creata tramite uno statuto, un trattato o una convenzione che, nel momento della firma da parte dei membri fondatori, fornisce alla OIG un riconoscimento legale. Stabilendo così che le organizzazioni internazionali sono dei soggetti di diritto internazionale, capaci di prendere parte ad accordi tra loro stessi o con gli Stati e, più in generale, di adottare e promuovere atti di soft law. Esse sono governate dal principio di specialità, ovvero non sono dotate, a differenza degli Stati, di competenza generale, ma si vedono attribuire dagli stati che le creano poteri i cui limiti sono fissati in funzione del perseguimento degli interessi comuni che esse hanno il compito di promuovere.

Da tempo si è ormai affermato che possiedono una personalità giuridica propria distinta da quella degli Stati che partecipano ad esse. A tale principio si ispira la giurisprudenza italiana del Novecento, ma i requisiti per la titolarità di una vera e propria personalità sono indicati nella necessaria autonomia, anche organizzativa, distinta da quella degli Stati membri, e nella presenza di una missione ben definita, con attribuzione di relative competenze al cui esercizio corrisponde la titolarità di uno specifico status nella comunità internazionale.

Tali caratteri sono emersi in un caso famoso sottoposto alla Corte internazionale di giustizia nel 1949, nello stabilire se l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) godesse del diritto al risarcimento del danno provocato dalla violazione di obblighi relativi al trattamento ed alla protezione internazionalmente dovuta ad un proprio agente. Nel caso si osservò che “la conclusione di accordi, di cui l’Organizzazione è parte, ha confermato il carattere di adeguata autonomia dell’Organizzazione che occupa una posizione per alcuni versi distinta dai suoi Membri ed ai quali ha il dovere, ove del caso, di ricordare il rispetto di certi obblighi”, ma anche che: “L’Organizzazione è stata destinata a godere di diritti che possono spiegarsi solo se ad essa è attribuita, in larga misura, la personalità internazionale e la capacità di agire sul piano internazionale. Si deve riconoscere che i suoi membri, assegnandole certe funzioni, l’hanno dotata delle competenze necessarie per permetterle di svolgere effettivamente queste funzioni”.

Nello svolgimento delle funzioni, il modello seguito dagli organi interni alle organizzazioni internazionali è diversificato: in alcuni casi, i collegi che presiedono alla vita dell’organizzazione sono definiti “organi di Stati”, perché i loro componenti agiscono ciascuno a titolo di rappresentanza degli Stati membri; in altri casi, il collegio viene definita come “organo di individui”, in quanto deve agire nell’interesse generale dell’organizzazione e non dello Stato di appartenenza (sia pure quello che ha designato ad entrare nel collegio). Quest’ultimo modello opera, soprattutto, per il personale dipendente, sia quando assunto per contratto, sia quando designato dagli Stati membri; nel caso degli organi giurisdizionali internazionali, questo principio si interseca con quello dell’imparzialità del giudice, affermato nel voto espresso da Dionisio Anzilotti nel caso del Vapore Wimbledon.

Così le organizzazioni internazionali, in senso legale, sono distinguibili dai semplici raggruppamenti di stati, come il G8 e il G7, poiché nessuno di essi è stato fondato da un atto istitutivo ed esiste solo come foro informale di discussione tra stati membri, benché in un contesto non giuridico alcuni si riferiscano erroneamente a questi come organizzazioni internazionali. Le organizzazioni internazionali devono essere anche distinte dai trattati. Molti trattati (ad esempio Accordo nord americano di libero scambio (NAFTA) o, nel periodo 1947-1995, l’Accordo generale sulle tariffe e il commercio (GATT) non stabiliscono un’organizzazione internazionale e contano semplicemente sulle parti contraenti per la loro amministrazione.


Rapporti area UE[modifica | modifica wikitesto]

Ancora oggi vediamo sempre più frequentemente tensioni su questioni come l’indipendenza richiesta da alcune minoranze etniche. Potremmo citare la Scozia o la Catalogna. Purtroppo la Procura data alla UE dagli stati membri non contempla il principio di autodeterminazione dei popoli come nella carta delle Nazioni Unite e questa è una grande incongruenza nel panorama internazionale. C’è comunque da dire che molti passi verso questa riforma sono stati e si stanno facendo per permettere anche che gli animi possano calmarsi. In alcuni Stati, come anche in Italia da circa un decennio si è arrivati a nuove forme statutarie non più improntate sulla territorialità ma incentrate direttamente sull’Essere Umano. E’ in questi contesti che la Confederazione muove i suoi passi, creando dialogo tra le parti e cercando di legittimare le scelte di questi popoli in quanto i pasi della Comunità Europea, seppur nel trattato Ue non prevedono il principio di autodeterminazione dei popoli, di fatto hanno firmato il trattato dell’Aja ove tale principio è uno dei capi saldi.

A tal fine la Confederazione è fortemente attiva intraprendendo relazioni con tutte le Organizzazioni internazionali impegnate nella tutela dei “popoli minori”.

Con i sui Confederati e con tutti coloro che cercano l’autodeterminazione, fornisce strumenti di Diritto idonei ad intraprendere scelte consapevoli in tali ambiti. Ogni Confederato viene munito, dopo il suo percorso di “autodeterminazione dei popoli” di appositi documenti identificativi, le comunità ricevono la possibilità di utilizzare i loghi confederativi da appore sui propri documenti e tutto questo a seguito di atti pubblici riportati le apostille internazionali dell’Aja a sancire tale Diritto Costituito a livello Internazionale.

Assieme ad una formale presenza sul territorio natio, tali documenti vengono comunicati con altrettanti atti pubblici a tutti i Paesi firmatari del Trattato dell’Aja. Di fatto tale percorso ha permesso di legittimare, secondo Diritto Internazionale i nuovi status favorendo così il benessere globale di coloro che si sono autodeterminati e contribuendo sul territorio in modo attivo sia in ambito sociale che economico migliorando, di fatto anche altri Stati basati sulla territorialità che condividono lo stesso Territorio con pari diritto costituito.

Siamo dinanzi ad un nuovo paradigma geo-politico e solo un dialogo strutturato, ponderato e consapevole potrà permettere agli Stati della UE quale immensa risorsa, tale processo sta portando e poterà in termini economici, di Diritti Umani, di preservazione e tutela del territorio e quindi sociali.


Rapporti area extra UE[modifica | modifica wikitesto]

Il “principio” di autodeterminazione dei popoli è sancito dagli articoli 1, par. 2, 55 e 76 della Carta delle Nazioni Unite. Questo “principio” è divenuto “diritto umano”, formalmente riconosciuto a tutti i popoli, in virtù dell’identico articolo l dei due Patti internazionali sui diritti umani del l966:

“l. Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale. (…) 3. Gli Stati parti del presente Patto, (…), debbono promuovere l’attuazione del diritto di autodeterminazione dei popoli e rispettare tale diritto, in conformità alle disposizioni dello statuto delle Nazioni Unite”.

Il diritto di autodeterminazione è riconosciuto anche dall’articolo 20 della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, entrata in vigore nel l986.

L’Atto finale di Helsinki riconosce il diritto di autodeterminazione al principio VIII:

“Gli Stati partecipanti rispettano l’eguaglianza dei diritti dei popoli e il loro diritto all’autodeterminazione, (…)”.

L’articolo l, par. 2 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sul diritto allo sviluppo, del 1986, richiamando espressamente l’articolo l dei due Patti internazionali del l966, stabilisce:

“Il diritto umano allo sviluppo implica anche la piena realizzazione del diritto dei popoli all’autodeterminazione”.

La Dichiarazione Universale dei diritti dei popoli (Carta di Algeri, l976), che è un importante atto politico non governativo, stabilisce all’articolo 5 che “Ogni popolo ha il diritto imprescrittibile e inalienabile all’autodeterminazione”.

Con i sui Confederati e con tutti coloro che cercano l’autodeterminazione, fornisce strumenti di Diritto idonei ad intraprendere scelte consapevoli in tali ambiti. Ogni Confederato viene munito, dopo il suo percorso di “autodeterminazione dei popoli” di appositi documenti identificativi, le comunità ricevono la possibilità di utilizzare i loghi confederativi da appore sui propri documenti e tutto questo a seguito di atti pubblici riportati le apostille internazionali dell’Aja a sancire tale Diritto Costituito a livello Internazionale.

Assieme ad una formale presenza sul territorio natio, tali documenti vengono comunicati con altrettanti atti pubblici a tutti i Paesi firmatari del Trattato dell’Aja. Di fatto tale percorso ha permesso di legittimare, secondo Diritto Internazionale i nuovi status favorendo così il benessere globale di coloro che si sono autodeterminati e contribuendo sul territorio in modo attivo sia in ambito sociale che economico migliorando, di fatto anche altri Stati basati sulla territorialità che condividono lo stesso Territorio con pari diritto costituito.

Siamo dinanzi ad un nuovo paradigma geo-politico e solo un dialogo strutturato, ponderato e consapevole potrà permettere agli Stati quale immensa risorsa, tale processo sta portando e poterà in termini economici, di Diritti Umani, di preservazione e tutela del territorio e quindi sociali.


Autodeterminazione dei popoli[modifica | modifica wikitesto]

Il principio di autodeterminazione dei popoli si è sviluppato compiutamente a partire dalla seconda metà del Novecento, nel 1945, alla fine della Seconda guerra mondiale. In particolare, è stata l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) a promuoverne lo sviluppo all’interno della Comunità degli Stati.

La Carta delle Nazioni Unite, infatti, al Capitolo I (dedicato ai fini e principi dell’Organizzazione), articolo 1, paragrafo 2, individua come fine delle Nazioni Unite:

“Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-determinazione dei popoli…”

Tra le principali convenzioni internazionali che sono intervenute a sancire il diritto di autodeterminazione dei popoli vi è il Patto internazionale sui diritti civili e politici, stipulato nell’ambito dell’ONU nel 1966. L’Italia ha recepito questa convenzione con la legge n.881 del 1977.

Altro passo fondamentale è stata la “Dichiarazione relativa alle relazioni amichevoli ed alla cooperazione fra stati” del 1970, in cui si sancì il divieto di ricorrere a qualsiasi misura coercitiva suscettibile di privare i popoli del loro diritto all’autodeterminazione.

Ancora più chiaramente si è espressa la “Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa” (CSCE) nell’Atto Finale di Helsinki del 1975, in cui si afferma il diritto per tutti i popoli di stabilire in piena libertà, quando e come lo desiderano, il loro regime politico senza ingerenza esterna e di perseguire come desiderano il loro sviluppo economico, sociale e culturale.

Il contenuto del principio di autodeterminazione dei popoli consiste in obblighi per gli Stati della Comunità internazionale di non impedire o anche intralciare l’autodeterminazione dei popoli, intesa come libertà degli stessi di autodeterminare il proprio assetto costituzionale.

In particolare il principio è servito a favorire la decolonizzazione, in quanto ha permesso ai Paesi in via di sviluppo di indire libere elezioni, darsi una costituzione propria, scegliere la forma di governo, senza subire pressioni dagli Stati più sviluppati.

Nella Dichiarazione Universale dei Diritti Collettivi dei Popoli, si afferma:

«Ogni collettività umana avente un riferimento comune ad una propria cultura e una propria tradizione storica, sviluppate su un territorio geograficamente determinato (…) costituisce un popolo. Ogni popolo ha il diritto di identificarsi in quanto tale. Ogni popolo ha il diritto ad affermarsi come nazione.» Di fatto con Popolo non esiste un minimo quantitativo di esseri umani per determinarlo. Altresì sono ben definite le caratteristiche per definirsi Popolo. Di fatto sappiamo che al mondo esistono Popoli ormai formati da un singolo essere umano. In virtù di quanto sopra, negli anni passati alcuni esseri umani hanno delineato un percorso, nel rispetto del Diritto Internazionale, per autodeterminarsi Popolo. Rendendosi in pace, esterni al Diritto Positivo nei quali erano stati inquadrati con l’atto di nascita presentato presso il proprio Stato di riferimento. La Confederazione pertanto come da statuto, confedera tutti quegli esseri umani che, del principio di autodeterminazione; ne hanno fatto anche uno strumento forte di salvaguardia dei Diritti umani, rendendosi disponibili verso la collettività con un Alto scopo Umanitario. Per aver maggiori dettagli.


Gli Human Rights Defender della C.N.U[modifica | modifica wikitesto]

Cosa fa un difensore dei diritti umani della Confederazione?[modifica | modifica wikitesto]

Riconosce e promuove tutti i diritti umani per tutti, indiscriminatamente senza giudicare le ideologie, orientamenti politici o religiosi.

Il Difensore dei Diritti Umani della Confederazione, in linea con i Trattati Internazionali che sanciscono i Diritti inalienabili dell’Essere Umano ed il Diritto alla rivendicazione dell’autodeterminazione dei popoli:

  • affronta problematiche relative ai diritti umani, che possono ad esempio riguardare:
    • esecuzioni sommarie, torture, arresti e detenzioni arbitrarie, mutilazioni genitali femminili, discriminazione, problemi occupazionali, sfratti forzati, accesso all’assistenza sanitaria, rifiuti tossici e il loro impatto sull’ambiente.
  • Il difensore sostiene attivamente tutti i diritti umani, come:
    • il diritto alla vita, al cibo e all’acqua, al più alto livello di salute raggiungibile, a un alloggio adeguato, a un nome e a una nazionalità, all’educazione, alla libertà di movimento e alla non-discriminazione.
  • Si occupa anche di categorie di persone, come ad esempio:
    • le donne, i bambini, le persone indigene, i rifugiati, gli sfollati, le minoranze nazionali, linguistiche o sessuali.
  • Opera in ogni parte del mondo: negli Stati divisi da conflitti armati interni e negli Stati stabili; negli Stati non democratici e in quelli con una forte pratica democratica; negli Stati in via di sviluppo e in quelli sviluppati.
  • Agisce a livello locale, nazionale, regionale e internazionale.
  • Raccoglie e diffonde informazioni sulle violazioni dei diritti umani.
  • Sostiene le vittime di violazione dei diritti umani.
  • Si adopera per garantire la responsabilità e porre fine all’impunità.
  • Sostiene una governance ed una politica governativa migliore istaurando rapporti di conciliazione tra le parti.
  • Contribuisce all’implementazione dei trattati sui diritti umani.
  • Conduce attività di educazione e formazione ai diritti umani.
  • Sostiene, aiuta ed orienta sul Diritto Internazionale aiutando e favorendo il Principio di autodeterminazione dei Popoli