Utente:Fungo velenoso/Sandbox/Accanimento terapeutico

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L'accanimento terapeutico è l'esecuzione di trattamenti di documentata inefficacia in relazione all'obiettivo, a cui si aggiunga la presenza di un rischio elevato e/o una particolare gravosità per il paziente con un'ulteriore sofferenza, in cui l'eccezionalità dei mezzi adoperati risulti chiaramente sproporzionata agli obiettivi della condizione specifica.[1]

Per i casi nei quali la terapia si rivela inefficace per la guarigione e al limite utile solo ad un prolungamento penoso della vita di alcuni mesi, si apre una discussione sull'opportunità di sospendere delle cure ormai solo dolorose ed onerose per il malato. La sospensione di cure inutili tuttavia non sempre significa la fine delle sofferenze del malato, in quanto la malattia può recare forte dolore anche nella sua fase terminale. Senza una terapia del dolore efficace e un'adeguata assistenza domiciliare, la sospensione delle cure è perciò seguita da un periodo di abbandono e sofferenza finale del paziente.

Per questa ragione, sebbene la terapia del dolore possa dar luogo ad un'eutanasia "indiretta" — perché dosi forti di stupefacente (soprattutto oppiacei quali la morfina) possono accorciare la vita del paziente — essa è comunemente accettata sia da un punto di vista legale, che etico. Infatti la morte del paziente in questo caso non è mai desiderata, ma è un rischio che si accetta di correre allo scopo di ridurre la sofferenza causata dalla malattia. Le dosi di farmaco somministrate sono perciò le minime indispensabili a sortire l'effetto antidolorifico voluto, e il loro aumento avviene gradualmente via via che è più acuto il dolore da vincere, oppure quando l'assuefazione allo stupefacente ne elimina l'effetto antidolorifico e costringe a somministrarne quantità più alte per riottenere gli stessi effetti.


Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il termine "accanimento" indica uno "sforzo perseverante" quale significato figurativo e prevalente derivato dall'etimo originario che trae origine dal proverbiale sforzo ostinato dei cani nella caccia e nell'esecuzione di lavori (ad esempio il traino di slitte). Il termine in sé è definibile "ossimoro". Terapia è l'insieme delle azioni finalizzate alla cura ed alla prevenzione di malattie. Si parla di "accanimento terapeutico" laddove le terapie sono volte al mantenimento in vita — e non alla guarigione, giudicata impossibile — di pazienti affetti da patologie altrimenti mortali. Per quanto riguarda l'idratazione e l'alimentazione per via artificiale, non vi è una posizione comune, per alcuni può configurare accanimento terapeutico, come fu ad esempio sancito nel caso di Terri Schiavo, mentre per altri potrebbe non configurarlo.

Le opinioni[modifica | modifica wikitesto]

Il dibattito etico e giuridico sull'accanimento terapeutico verte soprattutto sull'assimilabilità terminologica del rifiuto dell'accanimento terapeutico all'eutanasia (passiva).

La Chiesa cattolica[modifica | modifica wikitesto]

Per la Chiesa cattolica il paziente può rinunciare all'accanimento terapeutico, che va distinto dall'eutanasia passiva, la quale al contrario non è mai ammessa. Per la dottrina cattolica l'eutanasia consiste infatti nel porre in atto un'azione oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore; è pertanto una grave violazione della Legge di Dio. Diversamente, se le terapie sono straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi, e dunque l'esito previsto non è la guarigione, bensì un prolungamento penoso della vita, non c'è colpa od omissione ed è legittimo sospendere le cure, poiché si ha solo la rinuncia all'accanimento terapeutico. [2]

In quest'ottica è anche lecito l'uso di analgesici e sedativi per il controllo del dolore anche se ciò dovesse comportare − come effetto secondario e non desiderato − l'accorciamento della vita del paziente. [3] Le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata invece non possono essere legittimamente interrotte, anche se la morte è imminente; per questa ragione se la morte dovesse, ad esempio, conseguire alla sospensione di idratazione e nutrizione si configurerebbe un'eutanasia per omissione. [4]

«L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.»

In alcuni noti casi recenti, come quello di Piergiorgio Welby o Eluana Englaro, la Chiesa Cattolica si è dichiarata contraria alla sospensione del respiratore o dell'alimentazione artificiale [6] ritenendo che essi non configurassero accanimento terapeutico, in quanto rientranti tra le cure ordinarie normalmente dovute all'ammalato. [7]

Contrari all'accanimento terapeutico[modifica | modifica wikitesto]

Un'altra parte del Paese, laica o legata a Chiese Protestanti, si è invece dichiarata favorevole al completo rispetto della volontà dei diretti interessati, acconsentendo a che i malati possano rifiutare cure indesiderate.

Varie sono le posizioni in merito alla forma di espressione della volontà di fine vita, necessaria per vincolare le scelte mediche, il cosiddetto testamento biologico: una opinione restrittiva nei confronti delle scelte individuali richiede una certificazione notarile e costantemente aggiornata, un'altra -più liberale- ammette invece dichiarazioni anticipate e meno formalistiche, più appropriate alla situazione di inabilità dei malati gravissimi, o addirittura la possibilità di delega ad un fiduciario in caso di inabilità totale.

Casi controversi[modifica | modifica wikitesto]

Piergiorgio Welby[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Piergiorgio Welby.

Nel 2006, Piergiorgio Welby malato terminale di sclerosi laterale amiotrofica ha chiesto pubblicamente che gli venisse staccato il respiratore che lo teneva in vita, rifiutando la prosecuzione delle terapie invasive di sostegno vitale. Dopo alterne sorti giudiziarie e pubblico dibattito, il medico anestesista Mario Riccio si è reso disponibile ad assistere Welby al distaco del respiratore sotto sedazione.

Giovanni Nuvoli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Giovanni Nuvoli.

Nel 2007, Giovanni Nuvoli, ammalato di sclerosi laterale amiotrofica e ormai completamente paralizzato, chiese più volte ai medici che gli staccassero il respiratore artificiale che lo manteneva in vita. Il medico anestesista che stava per eseguire le sue volontà, fu bloccato dall'intervento dei carabinieri e della procura. A seguito di ciò, Giovanni Nuvoli iniziò uno sciopero della sete e della fame che lo portò alla morte.

Eluana Englaro[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Eluana Englaro.

Molto dibattuto in Italia, per le implicazioni etiche e politiche è stato il caso di Eluana Englaro, una giovane donna di Lecco che, dopo un grave incidente stradale avvenuto nel 1992, è rimasta in stato vegetativo persistente fino alla sua morte nel febbraio del 2009. La richiesta del padre della donna di sospendere ogni terapia, considerata inutile accanimento terapeutico, è stata accolta dalla magistratura per la mancanza di ragionevoli speranze di ripresa ed in base alla volontà ricostruita della ragazza.

Prima e dopo la morte della donna, avvenuta nella clinica "La Quiete" di Udine nella quale era ricoverata per dare attuazione alla sentenza, la vicenda ha colpito fortemente l'opinione pubblica, spaccata in due, anche con roventi polemiche e strascichi politici.

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Note[modifica | modifica wikitesto]

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