Utente:Fabricius~itwiki/Bozza/Disuguaglianza scolastica

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Per disuguaglianza scolastica s'intende un fenomeno di discriminazione in ambito dell'istruzione che si manifesta in differenti forme. La prima forma di disuguaglianza scolastica è relativa al rendimento scolastico, ovvero nel diverso grado di conoscenze acquisite dagli allievi nelle materie di insegnamento misurate o dal giudizio degli insegnanti. La seconda forma di disuguaglianza scolastica riguarda le attitudini o l'intelligenza degli allievi. La terza ha a che fare con l'ambiente di origine degli studenti, il gruppo etnico di riferimento, l'occupazione e il titolo di studio dei genitori, il livello di reddito della famiglia. La quarta forma di disuguaglianza scolastica è relativo all'ambiente scolastico sia in senso fisico (edifici) sia nel rapporto interpersonale tra studenti e docenti. Sociologi e psicologi studiano da molto tempo le relazioni esistenti fra queste forme di disuguaglianze. Essi hanno ad esempio cercato di vedere se la quarta forma influisce sulla prima, arrivando alla conclusione che, contrariamente a quanto si pensa, molti aspetti dell'ambiente scolastico (ad esempio, il numero di allievi per insegnante, la dimensione della scuola, l'anno di costruzione dell'edificio) hanno effetti trascurabili sul rendimento degli allievi. Ma soprattutto all'analisi delle relazioni fra le altre tre forme di disuguaglianza che si sono rivolti i sociologi e gli psicologi.

Istruzione e disuguaglianza[modifica | modifica wikitesto]

L'intelligenza e le sue origini[modifica | modifica wikitesto]

Fra gli psicologi non vi è mai stato un accordo completo sulla definizione del concetto di intelligenza. Per superare le difficoltà, alcuni studiosi hanno sostenuto che l'intelligenza è ciò che viene misurato dai QI (quoziente di intelligenza). I test del QI furono ideati nel 1905 da Alfred Binet[1] introdotti su incarico delle autorità scolastiche francesi. Dai dati raccolti risulta che il QI degli allievi sia correlato sia con il rendimento scolastico sia con l'ambiente di provenienza. Chi consegue un punteggio più elevato nei test di intelligenza apprende meglio e più rapidamente quello che i docenti insegnano. Ma gli studenti neri o di gruppi etnici minoritari e quelli delle classi sociali svantaggiate raggiungevano un punteggio più basso degli altri. Negli Stati Uniti ad esempio i neri conseguivano quindici punti in meno rispetto ai bianchi. Studiosi come Arthur Jensen e Richard Herrnstein ritenevano che le differenze di QI erano dovute principalmente per fattori ereditari e in misura minore per fattori culturali[2]. Quindi sostanzialmente il successo nella società dipende in parte dall'intelligenza. Tali affermazioni hanno suscitato accesi dibatti nei quali si sono sollevate due critiche:

• Il primo è che i test del del QI sono condizionati culturalmente e premiano coloro che hanno maggiore familiarità con alcune idee e conoscenze., Ad essere favoriti sono in genere i bambini bianchi di classe media, nella cui esperienza rientrano più facilmente quelle forme di ragionamento astratto presupposto da alcune domande. Ma se queste fossero formulate diversamente a trarne vantaggi sarebbero bambini appartenenti ad altri ambienti sociali.
• In secondo luogo, le prove a sostegno della tesi di Jensen non sono considerati soddisfacenti. Non è messo in dubbio che l'intelligenza è parzialmente innata e parzialmente appresa ma quanto la misurazione del peso di queste due componenti è difficile. Per cercare di farlo, gli studiosi hanno messo a confronto gemelli monozigoti, separati dalla nascita e allevati in famiglie di classe sociale diversa. Quando hanno trovato QI simili sono arrivati alla conclusione che la componente ereditaria è molto forte. Se infatti il QI è dovuto prevalentemente a fattori ereditari, persone con un patrimonio genetico simile otterranno punteggi analoghi nei test, anche se sono vissuti in ambienti molto diversi. Ma il numero di casi studiati dalle ricerche finora condotte vengono considerati troppo esigui dai critici delle tesi di Jensen.

Classi sociali e successo scolastico[modifica | modifica wikitesto]

Numerose ricerche sociologiche sono state condotte nell'ultimo mezzo secolo in paesi assai diversi, ma tutte sono arrivate alla medesima conclusione: fra la classe sociale di appartenenza e il successo negli studi vi è una relazione positiva. Detto in altri termini, quanto più elevata è la classe di origine, quanto più probabile è che uno studente abbia un buon rendimento scolastico e che continui a lungo gli studi, fino alla laurea ed oltre. Molte di queste ricerche hanno inoltre messo in luce ciò che influisce maggiormente sul successo negli studi non è il reddito della famiglia di origine o l'occupazione dei genitori, ma il loro titolo di studio. Di questa relazione fra classe sociale e successo scolastico sono state fornite spiegazioni assai diverse.

• Per la teoria del deficit, se i giovani provenienti dalle classi sociali più basse hanno un cattivo rendimento scolastico e interrompono presto gli studi è perché, a differenza di quanto avviene nelle classi medie, la famiglia non fornisce loro né la capacità cognitive e linguistiche né i valori, gli atteggiamenti e le aspirazioni che la scuola richiede. Se non riescono a scuola è perché mancano di tutti questi attributi, è perché sono in una situazione di "privazione culturale".
• Critici nei riguardi di questa impostazione sono i sostenitori della teoria della differenza[3], che rimproverano alla teoria del deficit di cercare le cause dei fallimenti e dei ritardi non nelle istituzioni scolastiche, ma esclusivamente nei bambini e nel loro ambiente di origine. Spostando l'attenzione dalla scuola al bambini, la teoria del deficit fa dimenticare le discriminazioni sociali che la prima opera nei confronti del secondo. Varie ricerche hanno mostrato che, se gli allievi provenienti dalle classi sociali più basse hanno un cattivo rendimento scolastico non è tanto perché sono culturalmente privati, ma perché questo è esattamente ciò che la scuola e gli insegnanti si aspettano da loro.
• La spiegazione più convincente della relazione fra classe sociale e successo scolastico è tuttavia quella proposta da Pierre Bourdieu (1930-2002)[4]. Secondo questo sociologo francese, se gli studenti delle classi agiate vanno meglio a scuola è perché godono di privilegi sociali. La famiglia trasmette ai figli un certo capitale culturale, ovvero un complesso di conoscenze ee di valori e un certo ethos di classe, cioè un insieme di atteggiamenti nei riguardi della cultura. Il primo influisce sul rendimento scolastico, il secondo soprattutto sulla durata della carriera scolastica. Questa eredità culturale viene trasmessa non attraverso sforzi metodici, ma per osmosi, contribuendo in questo modo a rafforzare nei membri della classe colta la convinzione che essi non devono altro che alle doti naturali quelle cognizioni, quelle capacità e quei atteggiamenti che a loro non appaiono come il risultato di un continuo addestramento (Bourdieu 1966, trad. it. 1979, 293). Trattando tutti gli studenti come se fossero uguali, la scuola conferisce alle differenze culturali di partenza una sanzione formale, le legittima e le giustifica. Induce così gli individui a pensare che le disuguaglianze sociali siano dovute alle doti, cioè siano naturali. La scuola accorda inoltre un vantaggio supplementare ai più avvantaggiati, perché il sistema di valori impliciti che presuppone e che trasmette è molto simile a quello delle classi più agiate.

Istruzione e meritocrazia[modifica | modifica wikitesto]

Gli studiosi ritengono che l'istruzione influisca nel processo di mobilità sociale in particolare i sostenitori della teoria funzionalista diventando meritocratica. Ciò caratterizza infatti, secondo loro, tale società è il processo di razionalizzazione, il passaggio dal particolarismo all'universalismo, dall'ascrizione all'acquisizione (achievement), come criterio di selezione e di ricompensa In altri termini, ciò che in questa società determina la posizione degli individui nel sistema di stratificazione ( e dunque la quantità di potere e il livello di reddito e di prestigio di cui godono=) è sempre meno l'origine sociale e sempre più loro doti innate e le competenze acquisite ( e dunque il titolo di studio). E' questa anzi la principale legittimazione delle disuguaglianze della società moderna. L'idea che la società moderna sia tendenzialmente meritocratica ha trovato il consenso degli studiosi che negli settanta del novecento hanno teorizzato l'avvento della società post-industriale perché caratterizzata dalla crescita sia delle professioni qualificate sia le burocrazia pubbliche e private. Queste ricerche hanno preso in considerazione tre variabili: origine sociale O, il titolo di studio conseguito I e la destinazione di classe D delle persone appartenenti ad una popolazione determinata. Secondo la teoria funzionalista, la relazione fra queste tre variabili è cambiata nel corso del tempo. L'influenza dell'origine sociale sul titolo di studio è diminuita anche quella dell'origine sociale sulla destinazione; ma è aumentata l'influenza del titolo di studio sulla destinazione di classe.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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