Timidina chinasi

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Timidina chinasi
Modello tridimensionale dell'enzima
Modello tridimensionale dell'enzima
Numero EC2.7.1.21
ClasseTransferasi
Banche datiBRENDA, EXPASY, GTD, PDB (RCSB PDB PDBe PDBj PDBsum)
Fonte: IUBMB

La timidina chinasi è un enzima appartenente alla categoria delle chinasi, deputato dunque al trasferimento di un gruppo fosfato sul suo substrato, la timidina. Enzima molto importante nella prevenzione di alcuni tumori, è presente in animali, piante, batteri, archeabatteri e virus.[1][2][3]

Attività biologica[modifica | modifica wikitesto]

La reazione che catalizza è la seguente: Thd + ATP → TMP + ADP, ossia il trasferimento di un gruppo fosfato da una molecola di ATP a una timidina; in seguito alla reazione al posto della molecola di ATP troviamo una molecola di ADP.[4] Il prodotto dell'enzima è detto timidina monofosfato e può entrare a far parte di varie vie biologiche; generalmente viene convertito in timidina difosfato da un'altra chinasi.[5] La reazione catalizzata da questo enzima è propedeutica per molte reazioni relative al fenomeno della riparazione del DNA: per questo motivo si tratta di un enzima di fondamentale importanza nell'ambito oncologico, dal momento che il suo mancato funzionamento rappresenta un fattore di rischio per l'insorgenza di tumori.[1] L'enzima è inoltre presente in alcuni farmaci antivirali.[6]

L'enzima nei mammiferi[modifica | modifica wikitesto]

Nei mammiferi sono presenti due isoenzimi di timidina chinasi: TK1 e TK2. TK1 è un enzima citosolico, mentre TK2 è un enzima localizzato nei mitocondri; entrambi sono comunque dipendenti dal ciclo cellulare e vengono sintetizzati prima della divisione cellulare.[7] TK1 ha un peso molecolare di 25 kDa, anche se generalmente è presente sotto forma di dimero da 50 kDa.[8] La timidina trifosfato fa da inibitore all'azione di entrambi gli isoenzimi.[5]

L'enzima virale[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni virus hanno una timidina chinasi completamente diversa da quelle dei mammiferi, la quale viene infatti inibita da inibitori che non sortiscono alcun effetto sulle timidine chinasi dei mammiferi.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Prognostic importance of thymidine kinase in colorectal and breast cancer., su Epistemonikos. URL consultato il 16 marzo 2021.
  2. ^ (EN) Jennifer Timm, Cristina Bosch-Navarrete e Eliseo Recio, Structural and Kinetic Characterization of Thymidine Kinase from Leishmania major, in PLoS Neglected Tropical Diseases, vol. 9, n. 5, 15 maggio 2015, DOI:10.1371/journal.pntd.0003781. URL consultato il 16 marzo 2021.
  3. ^ a b (EN) Susanne Schmidt, Kathrin Bohn-Wippert e Peter Schlattmann, Sequence Analysis of Herpes Simplex Virus 1 Thymidine Kinase and DNA Polymerase Genes from over 300 Clinical Isolates from 1973 to 2014 Finds Novel Mutations That May Be Relevant for Development of Antiviral Resistance, in Antimicrobial Agents and Chemotherapy, vol. 59, n. 8, 2015-8, pp. 4938–4945, DOI:10.1128/AAC.00977-15. URL consultato il 16 marzo 2021.
  4. ^ Fosforilazione della L-timidina da parte della timidina chinasi (TK) del virus della pseudorabbia suina (PRV): prospettive per un nuovo approccio farmacologico nella prevenzione e terapia della malattia di Aujeszky, su air.unimi.it. URL consultato il 16 marzo 2021.
  5. ^ a b (EN) Munch-Petersen B, Cloos L e Jensen HK, Human thymidine kinase 1. Regulation in normal and malignant cells, in Advances in Enzyme Regulation, n. 35, pp. 69-89. URL consultato il 16 marzo 2021.
  6. ^ (EN) Ren Sun, Staffan Eriksson e Liya Wang, Down-regulation of mitochondrial thymidine kinase 2 and deoxyguanosine kinase by didanosine: Implication for mitochondrial toxicities of anti-HIV nucleoside analogs, in Biochemical and Biophysical Research Communications, vol. 450, n. 2, 25 luglio 2014, pp. 1021–1026, DOI:10.1016/j.bbrc.2014.06.098. URL consultato il 16 marzo 2021.
  7. ^ (EN) Berk AJ e Clayton DA, A genetically distinct thymidine kinase in mammalian mitochondria. Exclusive labeling of mitochondrial deoxyribonucleic acid, in The Journal of Biological Chemistry, Aprile 1973. URL consultato il 16 marzo 2021.
  8. ^ (EN) Martin Welin, Urszula Kosinska e Nils-Egil Mikkelsen, Structures of thymidine kinase 1 of human and mycoplasmic origin, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, vol. 101, n. 52, 28 dicembre 2004, pp. 17970–17975, DOI:10.1073/pnas.0406332102. URL consultato il 16 marzo 2021.

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