Scipione Capece

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De principiis rerum, 1751

Scipione Capece (in latino Scipio Capicius; Napoli, 1480 circa – Napoli, 9 dicembre 1551) è stato un giurista e poeta italiano.[1]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giureconsulto e umanista, visse e operò a Napoli, dove insegnò diritto civile e presiedette l'Accademia Pontaniana.[2]

Nel 1535 pubblicò i commentari su Virgilio di Tiberio Claudio Donato; inoltre compose tre poemi didattici: Inarime (1532), De vate maximo (1533) e De principiis rerum (1546). In quest'ultimo, imitava Lucrezio, ma con una teoria opposta (antimaterialistica).[1]

Sospettato di eresia (come riferito da Giulio Basalù all'Inquisizione veneziana il 21 maggio 1555) e di sedizione contro il viceré Toledo, subì la destituzione e la soppressione dell'Accademia Pontaniana di cui ospitava le riunioni. Si rifugiò quindi presso il principe di Salerno, Ferrante Sanseverino.[1]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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