Museo del Parco Nazionale della Val Grande

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Museo del Parco Nazionale Val Grande
Ingresso del museo
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàMalesco
IndirizzoPalazzo Pretorio
P.zza Ettore Romagnoli, Piazza Ettore Romagnoli 7, 28854 Malesco, Piazza Ettore Romagnoli (Palazzo Pretorio) - Malesco e Piazza Ettore Romagnoli 1, 28854 Malesco
Coordinate46°07′36.19″N 8°30′02.34″E / 46.12672°N 8.50065°E46.12672; 8.50065
Caratteristiche
Tipoarcheologia
CollezioniVasellame, ornamenti e oggetti in pietra ollare
Istituzione2006
Apertura2006
Visitatori800 (2022)
Sito web

Il Museo nazionale del Parco Nazionale Val Grande è un museo di Malesco (VCO), che raccoglie reperti archeologici di Malesco e delle zone vicine.

L'edificio[modifica | modifica wikitesto]

Il museo ha sede nel "palazzo Pretorio" originariamente sede dalla Pretura della valle Vigezzo e del Tribunale dell'Inquisizione, diventato di proprietà privata nel XV secolo, delle famiglie Fucio, Cioja e Pollini[1]. All'interno sono presenti frammenti di intonaci cinquecenteschi[1]. Sulla porta di ingresso è incisa la data 1543 e il nome Antonious Fucius, che potrebbero essere collegati alle originarie decorazioni cinquecentesche, in gran parte persi a causa di un abbassamento del soffitto nel XVII secolo[1].

Nel 1877 i piani inferiori furono adibiti a latteria comune che metteva a disposizione delle famiglie associate una struttura per la lavorazione del latte[2].

Nel 2006 l'edificio è stato restaurato ed adibito a sede museale[3] ed è parte dell'ecomuseo Ed Leuzerie e di Scherpelit.

Collezione[modifica | modifica wikitesto]

Preistoria[modifica | modifica wikitesto]

Il reperto più antico è un'ascia in bronzo a margini rialzati, del tipo di Robbio e Desor, datata tra il 1800 e il 1650 a.C., ritrovata nella frazione Meis di Re e facente parte dell'equipaggiamento di un metallurgico ambulante[4]. Risale invece al 1000 a.C. una forma di fusione per la produzione di spilloni ritrovata a Toceno analoga a forme risalenti allo stesso periodo ritrovate sul lago di Viverone[5]. La stessa forma pare poi sia stata riutilizzata, invertendo il senso di colata, per produrre un manico di rasoio con decorazione a giorno del tipo St. Andrè[5].

Età Romana[modifica | modifica wikitesto]

Il museo possiede un'ampia collezione di oggetti di vasellame (bicchieri, pentole e tegami) ritrovati nella necropoli di Craveggia, che testimonia la produzione di recipienti torniti o scavati nella locale pietra ollare risalenti all'epoca imperiale romana[6]. La tornitura si affermerà successivamente come tecnica esclusiva a partire dal IV - V secolo d.C. diffondendosi dai luoghi di produzione nelle vallate alpine a tutta l'Italia settentrionale[7]. Un recipiente risalente al IV secolo e ritrovato a Finero era stato usato per nascondere un tesoro (12 monete di oro, 250 di argento e alcuni gioielli)[8].

Sempre ritrovati nella necropoli di Craveggia ci sono numerosi esemplari di vasellame in ceramica sigillata e in vetro che testimoniano la presenza di commerci con l'Italia settentrionale[9]. Una serie di casseruole in oro e argento riportano il marchio Plubius Cipius Polybius, un artigiano campano[10].

Sono esposte alcune ornamenti delle popolazioni lepontine, per esempio fibule del tipo soldatenfibeln (fermagli a filo semplice con staffa piena) e alpine del tipo "mesocco" (con arco a cresta laminare decorato con incisioni), una fibula circolare decorata con smalti policromi e fibbie da cintura, tra cui un esemplare in ferro decorato (risalente al VI-VII secolo)[11]. Sono presenti anche alcune gemme intagliate usate per decorare gli anelli in ferro. Queste ultime di importazione[12].

Latteria[modifica | modifica wikitesto]

I registri del latte

Nei piani inferiori sono esposti alcuni degli attrezzi utilizzati dalla latteria comune, una zangola rotatoria per la produzione del latte, il focolaio in pietra ollare e il calderone per bollire il latte, una vasca per la salamoia delle forme, pesi in pietra per la pressatura del formaggio e alcuni registri utilizzati per registrare il latte portato dai soci[13].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Garzoli 2006, p.38.
  2. ^ Garzoli 2006, p. 32.
  3. ^ Bonzani, p. 22.
  4. ^ Bonzani, p. 14.
  5. ^ a b Bonzani, p. 15.
  6. ^ Bonzani, p. 16.
  7. ^ Bonzani, pp. 16-17.
  8. ^ Bonzani, p. 17.
  9. ^ Garzoli 2006, pp. 22-23.
  10. ^ Garzoli 2006, p. 23.
  11. ^ Garzoli 2006, pp. 24-25.
  12. ^ Garzoli 2006, p. 25.
  13. ^ Garzoli 2006, pp. 32-33.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giuseppina Spagnoli Garzoli (a cura di), Museo archeologico della pietra ollare del Parco nazionale Val Grande, Ente parco nazionale Val Grande Soprintendente per i beni archeologici del Piemonte, 2006.
  • Giacomo Bonzani, Guida all'Ecomuseo ed Leuzerie e di Scherpelit, Comune di Malesco.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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