La regina dei Caraibi (film 1921)

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La regina dei Caraibi
film perduto
Fotogramma del film. oggi perduto
Titolo originaleLa regina dei Caraibi
Paese di produzioneItalia
Anno1921
Durata2.043 m. (circa 84 min.)
Dati tecniciB/N
rapporto: 1,33:1
film muto
Genereavventura
RegiaVitale De Stefano
SoggettoEmilio Salgari (romanzo)
SceneggiaturaEdoardo Nulli
Casa di produzione"Rosa Film", Milano
Distribuzione in italiano"Felix Film" Milano
FotografiaArturo Barr, Romeo Watsche
Interpreti e personaggi

La regina dei Caraibi è un film del 1921, diretto dal regista Vitale Di Stefano che faceva parte di un ciclo di 5 pellicole tratte dalla serie I corsari delle Antille scritta da Emilio Salgari.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Il Corsaro Nero, dopo aver abbandonato Honorata, figlia dell'odiato Van Gould, insiste nella vendetta per l'uccisione dei suoi fratelli. Accompagnato dai suoi fidi e dalla principessa Yara scopre che si nasconde a Veracruz e assale la città alleandosi con i pirati della Tortue. La città viene conquistata, ma di nuovo Val Gould riesce a fuggire. Scoperto, fa esplodere la sua nave sperando di uccidere anche chi lo insegue. Il Corsaro nero, però, riesce a salvarsi ed approda su un'isola dove ritrova Honorata, che ne era diventata regina. Nulla si oppone più alla loro felicità ed essi ritornano in Italia.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

La regina dei Caraibi, tratto dall'omonimo romanzo salgariano, fu il secondo film di una serie prodotta dalla "Rosa Film", a sua volta basata sul ciclo avventuroso I corsari delle Antille composto da 5 romanzi. La pellicola era divisa in due episodi, senza titolo autonomo, lunghi 1.276 e 767 metri[1]. L'intero ciclo rappresenta la prima trasposizione cinematografica mai realizzata da opere dello scrittore veronese, che da allora conobbe una grande fortuna sugli schermi.

Una scena de La regina dei Caraibi. Nel parco Gorla di Milano, al tempo sede dell'azienda produttrice, fu allestito il villaggio di palafitte in cui furono ambientate alcune scene del film
Fotogramma di una scena de La regina dei Caraibi girata nel parco Gorla

In questa occasione la direzione del ciclo venne affidata a Vitale De Stefano, che aveva esordito con compagnie teatrali dialettali piemontesi, per poi passare nel fiorente ambiente della cinematografia torinese negli anni precedenti la guerra[2]. Dopo aver lavorato con la "Itala Film", la "Savoia Film" e la "Ambrosio", era arrivato alla notorietà con l'interpretazione di Massinissa nel Cabiria del 1914[3]. Anche in questa occasione fu interprete, oltreché regista.

La "Rosa Film" era un'azienda di produzione cinematografica fondata a Milano nel 1916 da Alfredo de Rosa, nata proprio, con gli auspici dei figli di Salgari, per portare sugli schermi i racconti avventurosi ideati dalla fantasia dello scrittore[4]. Tuttavia, solo nel 1920 gli ambiziosi progetti iniziali dell'azienda si tradussero nell'acquisizione del Parco Gorla, dove vennero costruiti alcuni "set", tra cui un villaggio di palafitte[5] e fu solo in quell'anno che si dette il via alla lavorazione del primo film del ciclo, cioè Il Corsaro nero.

Nell'aprile 1921 una promozione della "Rosa Film" dava come ultimato l'intero ciclo basato sui 5 romanzi[6]. Nello stesso periodo, però, si aggravava per la cinematografia italiana la crisi che per tutti gli anni 20 ne avrebbe compromesso l'esistenza, rendendo vani gli appelli alla «necessità di riconquista nei mercati stranieri, essendo passato il tempo in cui il solo fatto di essere italiana era sufficiente a valorizzare la merce[7]». Neppure la costituzione, avvenuta nel gennaio 1919, dell'U.C.I., poté arrestarne la decadenza ed, anzi, forse l'aggravò[8].

Le riprese delle 5 pellicole che costituirono la serie salgariana della "Rosa Film" (oltre a Regina dei Caraibi, Il Corsaro nero, Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, Il figlio del Corsaro rosso, ed infine Gli ultimi filibustieri) furono effettuate per lunghi periodi in Sicilia ed in Spagna, con un considerevole impegno finanziario[6]. La serie di film venne presentata tutta insieme nel settembre - ottobre 1921 al visto della censura[9], ma la crisi incombente fece sì che esse fossero le ultime pellicole prodotte dall'impresa milanese che in seguito, come tante altre aziende italiane del settore, cessò l'attività[4], nonostante che, ancora nella prima metà del 1921, si parlasse di una sua collaborazione con la "Éclair" e dell'apertura di una filiale a Parigi[6].

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Non sono molte le notizie sulla diffusione di questo secondo film del ciclo salgariano, la cui distribuzione era stata affidata alla milanese "Felix Film"[3] e che, in generale, riscosse pochi apprezzamenti, anche per la scarsa cura dell'allestimento. «Ci spiace di non poter dir bene di questo film, tanto che è italiano, ma necessariamente siamo tratti a farlo data la poca serietà con cui si è compiuta un'opera che poteva riuscire un capolavoro del genere. Figuratevi che, per citarvi un solo particolare, i pellerossa di questo film sono talmente delicati che non riescono a camminare a piedi nudi su un prato! E la foresta impenetrabile .... di alberelli da campagna romana? Cose pietose, di cui è meglio tacere ...[10]»

Nessuna delle 5 pellicole del ciclo salgariano della "Rosa Film" risulta oggi reperibile: La regina dei Caraibi, è quindi considerato un film perduto[4].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bernardini, Archivio del cinema italiano, vol.I Il cinema muto 1905 - 1931. Roma. ANICA, 1991
  2. ^ r. ch. [Roberto Chiti], ad nomen nel Filmlexicon, Roma, edizioni Bianco e nero, 1959
  3. ^ a b La rivista cinematografica, n.9 del 10 maggio 1921
  4. ^ a b c Bernardini, Le impresa di produzione..., cit. in bibliografia, p.697-699.
  5. ^ Rivista cinematografica, n. 23-24, dicembre 1920
  6. ^ a b c Coltura cinematografica, n.3 del 30 marzo-15 aprile 1921
  7. ^ Editoriale in La rivista cinematografica, n.10 del 25 maggio 1921
  8. ^ Cfr. L'UCI verso la caduta a cura di Riccardo Redi, in Immagine. Note di Storia del Cinema, seconda serie, n.7, 1987-88
  9. ^ Cfr. Martinelli, cit, in bibliografia, schede dei singoli film del ciclo.
  10. ^ Scipio, La rivista cinematografica, n.14 del 25 luglio 1924

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Aldo Bernardini, Le imprese di produzione del cinema muto italiano, Bologna, Persiani, 2015, ISBN 978-88-98874-23-1
  • Vittorio Martinelli, Il cinema muto italiano, I film degli anni venti. 1921, Torino ERI, Roma, C.S.C., 1996, ISBN 88-397-0921-5

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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