Italia mia, benché 'l parlar sia indarno

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Italia mia)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Disambiguazione – "Italia mia" rimanda qui. Se stai cercando altri significati, vedi Italia mia (disambigua).
Italia mia
L'Italia turrita in lacrime
AutoreFrancesco Petrarca
1ª ed. originale1344
Generepoesia
Lingua originaleitaliano

Italia mia, benché 'l parlar sia indarno o semplicemente Italia mia è la canzone numero CXXVIII (128) del Canzoniere di Francesco Petrarca.

Si tratta di uno dei primi componimenti poetici che metta in risalto l'unità storica, culturale e spirituale dell'Italia, al di sopra dell'estremo frazionamento statuale e di fazione allora vigente. Il poeta si rammarica e si indigna delle sventure che si sono abbattute sull'Italia (da lui esplicitamente chiamata sua patria), soprattutto in considerazione della passata grandezza di questa (pone gli esempi dei trionfi di Mario e Cesare). Bersaglio degli strali del poeta sono in particolare i vari signori locali (che regnano su le belle contrade, sulla del mondo la più bella parte) i quali si combattono incessantemente, facendo abbondante uso di milizie mercenarie transalpine (barbari furiosi, popol senza legge, gente ritrosa). Petrarca li esorta alla concordia tra loro, all'amore per attività più nobili e degne e profetizza il sorgere del popolo italiano contro l'oppressore straniero, non essendosi ancora estinto il valore dei loro antenati (l'antiquo valore ne gli italici cor' non è anchor morto).

Sebbene il testo non faccia riferimento a nessuna guerra in particolare, oggi si ritiene che fu composta verosimilmente nel 1344 o 1345 in occasione della guerra per il possesso di Parma tra Obizzo III d'Este da un lato e Filippino Gonzaga e Luchino Visconti dall'altro. Questi ultimi, in particolare, avrebbero assoldato delle milizie mercenarie germaniche.[1]

Nei contenuti si richiama in parte alle liriche politiche di Dante e Guittone d'Arezzo.[1]

«Italia mia, benché 'l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
piacemi almen che' miei sospir' sian quali
spera 'l Tevero et l'Arno,
e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio.»

Composizione[modifica | modifica wikitesto]

È costituita da 7 stanze di 16 versi ciascuna (9 endecasillabi e 7 settenari) e termina con congedo di 10 versi (5 endecasillabi e 5 settenari).
Lo schema metrico è: AbC BaC cDEeDdfGfG (per il congedo bDEeDdfGfG).

Sotto l'aspetto lessicale, è da notare come l'Italia sia sempre sottintesa ad altri sostantivi, accompagnati, a loro volta, da aggettivi che esprimono fortemente il senso d'affetto del poeta nei confronti della propria patria.

I versi 93-96 della canzone furono ripresi da Niccolò Machiavelli nella chiusa del Principe. L'incipit Italia mia ricorrerà inoltre nella lirica di Leopardi All'Italia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b «Italia mia, benché 'l parlar sia indarno», su letteritaliana.weebly.com.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]