Il bandolero stanco

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Il bandolero stanco
Renato Rascel e Lauretta Masiero in una sequenza del film
Lingua originaleitaliano
Paese di produzioneItalia
Anno1952
Durata87 min
Dati tecniciB/N
rapporto: 1,37:1
Generecomico, western
RegiaFernando Cerchio
SoggettoEmo Bistolfi
SceneggiaturaEmo Bistolfi, Sandro Continenza (come Mario Continenza), Renato Rascel, Carlo Romano, Mario Guerra, Vittorio Veltroni
ProduttoreEmo Bistolfi, Ezio Gagliardo
Casa di produzioneIris Film
Distribuzione in italianoIris Film (Indipendenti Regionali)
FotografiaTino Santoni
MontaggioLionello Massobrio
MusicheAngelo Francesco Lavagnino
ScenografiaGianni Polidori
CostumiMarisa D'Andrea
Interpreti e personaggi

Il bandolero stanco è un film comico di ambientazione western del 1952 diretto da Fernando Cerchio.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Il povero Pepito sogna di sposare la bella Carmen e parte per Golden City con la speranza di diventare ricco con le miniere d'oro. Nel villaggio domina lo sceriffo Fred con i suoi uomini, e i giacimenti auriferi sembrano esauriti. Pepito, scambiato per un rabdomante, scopre improvvisamente un nuovo filone e la sera stessa festeggia nel saloon. Malgrado i consigli di Susanna, la cantante del locale, Pepito comincia a giocare alla roulette e vince su Fred, portandogli via tutti i suoi averi e diventando l'uomo più ricco di Golden City. A questo punto decide di scrivere a Carmen per farsi raggiungere: lei arriva dopo pochi giorni, scortata da Fred e dai suoi uomini, che raccontano di averle salvato la vita, ma il giorno delle nozze Pepito scopre che Carmen e Fred si sono messi d'accordo per derubarlo e fuggire insieme. Con uno stratagemma, Pepito disarma tutta la banda e ingaggia un duello con Fred, vincendo. Carmen e Fred vengono cacciati via dal villaggio, mentre Pepito sposa Susanna[1].

Critica[modifica | modifica wikitesto]

«Il film vuole essere una parodia dei western e riesce ad esserlo sino a un certo momento, fino a quando cioè, la cosa non diventa stucchevole, come l'interminabile duello finale. Rascel lavora con la consueta disinvoltura, giovandosi, come al solito più delle battute di dialogo a volte spiritose, che delle proprie espressioni. Lauretta Masiero fa la Betty Hutton della situazione e sa rendersi gradevole. Abbastanza curata l'ambientazione»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Segnalazioni cinematografiche, XXXIII, Roma, Centro Cattolico Cinematografico, 1953, p. 16.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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