Gentili (famiglia castellana)

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I Gentili (o Gentile) furono una famiglia di maiolicari attiva a Castelli (Teramo), dalla seconda metà del XVII fino all'inizio del XIX secolo.[1] I Gentili si apparentarono con altre famiglie castellane, dedite alla produzione di ceramiche d'arte: i Grue, i Pompei e i Cappelletti.

Intino di Intino, di Penne (morto ante 1627), si era trasferito a Castelli nel 1595: era il padre di Giacomo Intino (Castelli, 1596-Notaresco, 1648) dichiarato figulus nell'atto di morte (di lui si conservano alcune mattonelle istoriate), ed era anche il nonno di Bernardino Gentili il Vecchio.

Maiolica di Castelli, Giacomo Gentili il Giovane, targa con Lot e le figlie, XVIII sec., Galleria Nazionale delle Marche (Urbino)

Ceramisti Gentili[modifica | modifica wikitesto]

Maiolica di Castelli, bottega Gentili (attr.), targa con mungitura, 1750-1800
  • Giacomo Gentili il Vecchio, ceramista (Castelli, 1668-1713), figlio di Bernardino. Tra le sue opere: il tondo policromo con lumeggiature in oro, raffigurante la Madonna del Carmelo, dodici mattonelle istoriate della collezione Acerbo con soggetti sacri o mitologici.
  • Carmine Gentili, ceramista (Castelli, 1678-1763), figlio di Bernardino. Era cugino del ceramista Candeloro Cappelletti. Rimasto orfano di padre, la madre Giustina Cappelletti, che era cognata di Superna Grue, lo affidò alle cure di Carlo Antonio Grue, fratello di Suprema. Dalla moglie Caterina Amicucci, Carmine ebbe cinque figlie - Caterina, Mansueta, Leonilda, Maria Giovanna e Giustina - i due figli maschi, Giacomo e Bernardino che furono ceramisti e un terzo figlio, Domenico Berardo, che divenne sacerdote. La produzione della sua bottega di ceramiche artistiche è stata di alta qualità e notevole sul piano quantitativo, dato il lungo contributo di figli e di operai ceramisti. La sua notorietà è legata alle ceramiche con episodi tratti dalle Le metamorfosi (Ovidio), interpretati con intensa cromia e con richiami alla pittura romana coeva e alla tradizione della pittura di Pieter Paul Rubens.[2] Altri suo decori su ceramica sono ispirati a dipinti di Simon Vouet, Pietro da Cortona,[3] Ludovico Carracci, e Giulio Romano, tutti mediati attraverso incisioni di loro opere.
  • Giacomo Gentili il Giovane, ceramista (morto nel 1765), figlio di Carmine. Lavorò a bottega insieme al padre. Sue ceramiche sono al Museo di San Martino e ai Civici musei del Castello Sforzesco.
Maiolica di Castelli, Bernardino Gentili il Giovane, targa con Santo Frate francescano con il calice, XVIII sec., Galleria Nazionale delle Marche (Urbino)

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Sulla genealogia dei Gentili: Diego Troiano, Genealogia della famiglia Gentili di Castelli, su academia.edu. URL consultato il 12 gennaio 2018.
  2. ^ Fittipaldi,  p. 137, n. 243.
  3. ^ Tratti da incisioni di Charles Audran.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Concezio Rosa, Notizie storiche delle maioliche di Castelli e dei pittori che le illustrarono, Sala Bolognese, A. Forni, 1978, SBN IT\ICCU\SBL\0321558. Facsimile dell'edizione Napoli, 1857.
  • (DE) Ulrich Thieme - Felix Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Kunstler von der Antike bis zur Gegenwart. vol. 13, Leipzig, E. A. Seeman, p. 413 s, SBN IT\ICCU\MIL\0324190.
  • Teodoro Fittipaldi (a cura di), Ceramiche: Castelli, Napoli, altre fabbriche, Napoli, Museo nazionale di San Martino-Electa Napoli, 1992, pp. 116 s., 122 s., 135, 137, 140-146, SBN IT\ICCU\VIA\0040892.
  • Luciana Arbace, Maioliche di Castelli: la raccolta Acerbo, Ferrara, Belriguardo, 1993, pp. XLIX, 32, 56-60, 164, 168-172, 178 s, SBN IT\ICCU\BVE\0167103.
  • Luciana Arbace, Nella bottega dei Gentili: Spolveri e disegni per le maioliche di Castelli, Teramo, Edigrafital, 1998, pp. 70, 86 s, SBN IT\ICCU\NAP\0207677.
  • Maria Selene Sconci, GENTILI, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 53, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2000. Modifica su Wikidata

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Gentile, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata