Frammento di pluteo con testa di agnello

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Il frammento di pluteo

Il frammento di pluteo con testa d'agnello fu rinvenuto nel 1888 all’interno della cascina Castellaro di Corteolona, che sorge nella area in cui si trovava il palazzo Reale, e fu donato, insieme ad altri reperti, ai musei Civici di Pavia nel 1912. Il palazzo era dotato di una chiesa (ancor oggi esistente, seppur ricostruita nel Quattrocento) e di un monastero dedicati a Sant’Anastasio e fu ornato con marmi e colonne che il re Liutprando fece giungere da Roma. Il pezzo era parte di uno dei plutei dell’arredo liturgico dell’VIII secolo della chiesa del palazzo[1].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il bassorilievo in marmo (misure massime 18 x 11 x 5,3 cm) raffigura la testa di un agnello nell’atto di protendersi verso un kantharos, ornato da una fascia di perline, per abbeverarsi. Probabilmente, originariamente il kantharos era il centro della raffigurazione e sull’altro lato del vaso doveva esserci, secondo un modello diffuso in ambiente cristiano fin dal V secolo, un altro agnello, sempre intento ad abbeverarsi alla fonte della vita. Il pezzo si caratterizza rispetto a gran parte dei bassorilievi coevi per l’alta qualità: la sporgenza dei rilievi è molto profonda, le superfici sono ben levigate (anche nel retro) tramite lime e abrasivi, tanto che non si scorgono segni di scalpelli, caratteristiche diffuse nella scultura tardo romana ma molto rare nella produzione dell'VIII secolo. Tali elementi pongono il bassorilievo tra i migliori esempi della “rinascenza liutprandea”. La qualità del frammento di Corteolona è superiore a quella dei famosi plutei dal monastero di Santa Maria Teodote e presenta analogie con la lastra con pavone del monastero di San Salvatore di Brescia, tuttavia, la raffinatezza e le tecniche con cui il bassorilievo fu eseguito a lungo hanno diviso gli studiosi sull’origine del pezzo, per alcuni parte dei marmi commissionati da Liutprando a Roma, mentre per altri (ipotesi oggi ritenuta più veritiera) opera di un anonimo artista operante presso la corte di Pavia[2].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ I Longobardi (PDF), su museicivici.pavia.it. URL consultato il 28 maggio 2021 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2021).
  2. ^ Commacini e "marmorarii". Temi e tecniche della scultura nella Langobardia maior tra VII e VIII secolo, su academia.edu.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Davide Tolomelli, Relieffragment mit Kopf eines Lammes oder Hirschkalbs, in Karl der Grosse. Orte der Macht, a cura di Frank Pohle, Dresden, Sandstein, 2014.
  • Annamaria Ducci, Frammento di pluteo con cerbiatto o agnello, in Lucca e l’Europa, un’idea di Medioevo. V-XI secolo, catalogo della mostra (Lucca, 25 settembre 2010 - 9 gennaio 2011), cura di Clara Baracchini, Carlo Bertelli, Antonino Caleca, Marco Collareta, Gigetta Dalli Regoli, Maria Teresa FilieriLucca, Fondazione Ragghianti Studi sull’arte, 2010.
  • Saverio Lomartire, Brescia e Pavia nell’ottavo secolo: emergenze monumentali e problemi aperti, in L’ottavo secolo: un secolo inquieto, atti del convegno internazionale (Cividale del Friuli, 4-7 dicembre 2008), a cura di Valentino Pace, Cividale del Friuli, Comune di Cividale del Friuli, 2010.
  • Saverio Lomartire, Commacini e marmorarii. Temi e tecniche della scultura tra VII e VIII secolo nella Langobardia Maior, in I Magistri Commacini. Mito e realtà del Medioevo lombardo, atti del 19º congresso internazionale di studi sull’Alto Medioevo (Como-Varese, 23-25 ottobre 2008), Spoleto, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, 2009.
  • Saverio Lomartire, Frammento di pluteo con testa di agnello o di cerbiatto, in Il futuro dei Longobardi. L’Italia e la costruzione dell’Europa di Carlo Magno, catalogo della mostra (Brescia, Monastero di Santa Giulia, 18 giugno - 19 novembre 2000), a cura di Carlo Bertelli, Gian Pietro Brogiolo, 2 voll., Milano, Skira, 2000.
  • Adriano Peroni, Pavia “capitale” longobarda. Testimonianze archeologiche e manufatti artistici, in I Longobardi e la Lombardia, Milano, Azzimonti, 1978.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]