Plutei di Teodote

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Pluteo con ketos
Pluteo con pavoni

I plutei di Teodote sono due plutei istoriati provenienti dall'oratorio di San Michele alla Pusterla, nel monastero di Santa Maria Teodote. Risalenti alla prima metà dell'VIII secolo e conservati presso i Musei civici di Pavia, sono una delle più alte testimonianze della scultura longobarda nel periodo di massima fioritura dell'arte longobarda, la Rinascenza liutprandea.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Le lastre sono in marmo[1]. Recano entrambe motivi naturalistici e rappresentano, rispettivamente, l'albero della vita tra un ketos e dei pavoni che bevono da una fonte sormontata dalla croce. Nella riduzione simbolica ed energica delle immagini del bassorilievo s'impone «un senso puramente bidimensionale e grafico del rilievo, staccato dal fondo in forza di un incisivo disegno»[2].

I plutei sono ricordati con il nome di Teodote, nobildonna bizantina[1] amante di re Cuniperto (688-700), posta in seguito dallo stesso sovrano nel monastero detto di Santa Maria alla Pusterla o di Santa Maria Teodote[1][3] (oggi seminario diocesano di Pavia), presso il quale sorgeva l'oratorio di San Michele.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Lida Capo, Commento a Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, pp. 556-557.
  2. ^ Pierluigi De Vecchi-Elda Cerchiari, I Longobardi in Italia, p. 311.
  3. ^ Paolo Diacono, Historia Langobardorum, V, 37.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie[modifica | modifica wikitesto]

Letteratura storiografica[modifica | modifica wikitesto]

  • Lidia Capo, Commento, in Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992, ISBN 88-04-33010-4.
  • Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, I Longobardi in Italia, in L'arte nel tempo, Milano, Bompiani, 1991, Vol. 1, tomo II, pp. 305-317., ISBN 88-450-4219-7.
  • S. Riccioni, Dal ketos al senmurv? Mutazioni iconografiche e transizioni simboliche del ketos dall’Antichità al Medioevo (secolo XIII), in «Hortus Artium Medievalium», 22, 2016, pp. 130-144, specialmente p. 139.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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