Domenico Marolì

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Euclide di Megara si veste da donna per andare ad ascoltare le lezioni di Socrate in Atene.

Domenico Marolì (Messina, 1612Scaletta Zanclea, 23 maggio 1676) è stato un pittore italiano.

Lot e le sue figlie.
Martirio di San Placido.
Estasi di San Pietro d'Alcantara.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Domenico Marolì fu artista in epoca barocca attivo in Sicilia e Venezia. Formatosi nella natia Messina, a partire dall'età di 22 anni frequentò la bottega di Antonino Alberti detto il Barbalonga. Nel 1642 si recò a Venezia ove fece amicizia con il pittore, scrittore e mercante d'arte Marco Boschini, che descrisse il Marolì come pittore di soggetti pastorali e marini. Nell'ambito artistico strinse una proficua amicizia con Jacopo Bassano.

Intorno al 1650 è documentato un breve periodo di passaggio da Bologna ove contrae matrimonio e diviene padre. Durante il rientro subisce un rapimento, la deportazione e una forzata detenzione in Africa. Dopo un breve soggiorno a Palermo fa ritorno nella città natale ove il Senato di Messina nel 1657 commissiona il dipinto della Madonna della Lettera per donarlo alla città di Catania. A Messina risulta coinvolto nei moti della rivolta antispagnola del 1674 - 1676.[1]

Alcuni dipinti della sua produzione sono giunti a noi integri, quelli commissionati a Messina e comprensorio sono stati in parte distrutti dalle devastazioni dei terremoti del 1783 e del 1908. Tra i soggetti religiosi figurano i dipinti Loth e le sue figlie e l'Estasi di San Pietro d'Alcantara. La grande tela di genere storico raffigurante Euclide di Megara si veste da donna per andare ad ascoltare le lezioni di Socrate in Atene è documentata durante la sua lunga permanenza a Venezia.

Morì a Scaletta Zanclea e fu seppellito nella chiesa di San Nicola dei Greci.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Opere documentate[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Grano - Hackert, pp. 134.
  2. ^ a b c Grano - Hackert, pp. 135.
  3. ^ Giuseppe Fiumara, pp. 65.
  4. ^ Grano - Hackert, pp. 133.
  5. ^ Giuseppe Fiumara, pp. 64.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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