Banca Commerciale Italiana

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La sede della Banca Commerciale in Piazza Scala a Milano. Fu progettata da Luca Beltrami (1927).

La Banca Commerciale Italiana (abbreviata in BCI o Comit) è stata una delle prime e più importanti banche italiane. Insieme a Banco di Roma e Credito Italiano, era una delle tre Banche di Interesse Nazionale (BIN), controllate dall'IRI.

Fondata a Milano il 10 ottobre 1894 per iniziativa di un consorzio di banche tedesche, austriache e svizzere, fu gestita dai suoi primi direttori, i tedeschi Otto Joel e Federico Weil, secondo il modello della banca universale, diffuso in Germania, che prevedeva l'erogazione del credito soprattutto alle grandi imprese industriali.

La banca sostenne la nuova struttura industriale del paese con la raccolta di capitale di rischio per i principali settori (siderurgico-meccanico, elettrico, chimico, trasporti, tessile). Le filiali vennero aperte su tutto il territorio nazionale, partendo dai grandi centri. Allo stesso tempo, estese le sue operazioni al mercato internazionale, attraverso una rete di filiali e banche partecipate: nel 1910 fondò insieme alla Paribas la Banque Française et Italienne pour l'Amérique du Sud (Sudameris), con sede a Parigi ma attiva nell'America Latina, mentre negli anni successivi furono aperte le prime filiali all'estero (nel 1911 a Londra e nel 1918 a New York).

Terminata la prima guerra mondiale, la Comit contribuì alla riconversione postbellica dell'apparato produttivo. Nel corso degli anni venti, guidata dal banchiere di origine polacca Giuseppe Toeplitz, la banca fu sempre più coinvolta nel finanziamento dei grandi gruppi industriali, diventandone in molti casi azionista di maggioranza, mentre nei riguardi del regime fascista mantenne un atteggiamento di prudente autonomia. Nello stesso periodo la Comit proseguì la sua espansione all'estero, soprattutto nell'Europa Centrale, Orientale e balcanica, fino alla Turchia e all'Egitto.

La crisi postbellica dopo il primo conflitto mondiale e qualla ancora più grave del 1929 misero a dura prova la struttura di tutte le banche universali, sbilanciate nella partecipazione al capitale di rischio delle grandi imprese a cui era stato erogato il credito. La stessa Comit non fece eccezione: nel 1934 fu nazionalizzata e divenne di proprietà dell'IRI sotto il cui controllo rimase fino al 1994, anno in cui fu privatizzata.

I nuovi amministratori delegati Raffaele Mattioli e Michelangelo Facconi e il giovane direttore Giovanni Malagodi realizzarono una radicale riforma organizzativa, introducendo processi di meccanizzazione, ridefinendo l'attività di sviluppo della clientela e ammodernando la routine per lo studio dei crediti e la valutazione delle prospettive reddituali delle imprese.

Con la legge bancaria del 1936, la Comit, insieme al Credito Italiano e al Banco di Roma, fu trasformata definitivamente in banca di credito ordinario (a breve termine), con la qualifica di «banca di interesse nazionale».

Mattioli guidò la Banca attraverso il difficile periodo bellico, durante il quale, dopo l'8 settembre 1943, furono create due direzioni (a Milano e a Roma). La Comit fu un centro di attività clandestina antifascista attraverso l'impegno personale di alcuni suoi dirigenti, come Ugo La Malfa, Sergio Solmi ed altri.

Finita la guerra, la Comit intensificò la sua posizione nel mercato internazionale e riallacciò i contatti, peraltro mai interrotti, con la finanza americana. Nel 1946 fu decisivo l'apporto di Mattioli alla fondazione di Mediobanca, creata per il finanziamento a medio e lungo termine alle imprese, e guidata da Enrico Cuccia, già direttore centrale in Comit.

Nel 1970 le azioni Comit vennero quotate in Borsa.

La direzione di Mattioli si distinse anche per il costante supporto al mondo della cultura e dell'arte.

Nel 1972, dopo l'uscita di Mattioli, la Banca Commerciale proseguì la linea da lui tracciata sia nel finanziamento all'industria e al mondo della cultura, sia nella leadership del settore internazionale. Proprio negli anni settanta vi fu una nuova grande espansione all'estero, oltre che nelle zone già consolidate dell'Europa Occidentale e dell'area americana, anche nei mercati asiatici.

Negli anni ottanta la Comit fu inoltre la prima banca italiana a riallacciare i contatti con i paesi dell'Europa Orientale sotto l'influenza sovietica. All'inizio degli anni novanta si allentarono i vincoli della legge bancaria del 1936 e la Comit poté realizzare una grande espansione territoriale in Italia, raddoppiando il numero degli sportelli (circa settecento).

Nel 1991 acquistò la controversa Banca Sicula di Trapani dalla famiglia D'Alì.

Tra il 1991 e il 1994 si trasformò in gruppo bancario, con la possibilità di esercitare di nuovo il credito alle imprese secondo il modello della banca universale delle origini, ma riadattato alla realtà del tempo. Nel 1994, nell'anno del suo centenario, la Comit venne privatizzata con la vendita del pacchetto di maggioranza sul mercato da parte dell'Iri. Nel 1999 Banca Intesa ha acquistato il 70% del capitale della Comit.

Tra le attività estere, ci sono state la partecipazione nell'ungherese CIB Bank e l'acquisizione della croata Privredna Banka Zagreb, che hanno poi seguito il destino della Comit.

Il 24 aprile 2001 si fuse con Banca Intesa per formare il gruppo IntesaBci[1], che dal 18 dicembre 2002 divenne semplicemente Banca Intesa[2][3], oggi Intesa Sanpaolo.

Alcuni osservatori[senza fonte] ritengono che la poco gloriosa scomparsa della Comit, avvenuta con l'incorporazione nella Banca Intesa, abbia avuto inizio proprio con la privatizzazione della stessa.

Note

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