Anthologia Latina

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Pagina del codice Salmasianus, principale “testimonio” dell’Anthologia Latina

L' Anthologia Latina è una vasta raccolta di carmi in lingua latina composta in Africa, probabilmente nel VI secolo d.C.

Comprende prevalentemente scritti di poeti africani della tarda latinità, ma non tralascia componimenti di epoche più antiche, anche della prima età imperiale, soprattutto se attribuiti ad autori importanti (come alcuni epigrammi tramandati sotto il nome di Seneca o di Petronio).

Quadro storico-culturale

La compilazione, molto eterogenea per quanto riguarda i generi poetici compresi, è opera di ambienti scolastici, probabilmente di ambito cartaginese, ed è una testimonianza fondamentale del clima culturale dell'Africa romana nella sua ultima stagione, nell'epoca bizantina successiva alla dominazione dei Vandali.

Le scuole erano, infatti, certamente l'ultimo baluardo della conservazione della cultura classica, in una terra di antica e floridissima cultura latina, ma su cui, prima la crisi del III secolo, e poi soprattutto la dominazione vandalica (435-533) avevano gravato come un trauma irreparabile, portando a una rapida disgregazione sociale e culturale. E la riconquista bizantina non riuscì ad arginare la decadenza progressiva, che portò l'Africa romana a scomparire rapidamente come civiltà al momento dell'invasione islamica (VIII secolo).

La pubblicazione di questa raccolta di carmi si può considerare dunque motivata dalla volontà di conservare e tramandare in qualche modo tutta una tradizione letteraria; in effetti ha il merito fondamentale, tra l'altro, di testimoniarci opere e autori che altrimenti sarebbero andati irrimediabilmente perduti.

Il codice Salmasianus

Il principale e più antico "testimonio" dell'Anthologia Latina è il codice detto Salmasianus, perché fu riscoperto dall'umanista francese Claude de Saumaise (1588 - 1653), il cui nome, secondo l'uso dell'epoca, fu latinizzato in Salmasius. Risale alla tarda latinità africana, VII od VIII secolo, ed è redatto in scrittura onciale. Attualmente è conservato a Parigi come Parisinus 10318. Esiste anche un secondo codice, cronologicamente posteriore, il Thuaneus-Parisinus 8071. I due codici variano per l'ampiezza della raccolta.

Autori e opere dell'Anthologia Latina

Fondamentale è la raccolta moderna, apparsa con il titolo di Anthologia Latina e pubblicata alla fine del XIX secolo da E. Bücheler e A. Riese[1]. Essa comprende anche molti componimenti estranei alla compilazione originale tramandata dal codice Salmasianus e dal Thuaneus (di solito però tenendoli separati da quest'ultima). Sono ad esempio presenti alcuni carmi, di maggiore estensione rispetto alla media, che si inscrivono di solito nel genere della poesia didascalica, e trattano svariati argomenti, come metrica, medicina, etica, caccia; e molti Carmina epigraphica, epigrafi in versi, soprattutto iscrizioni funerarie.

Nel grande numero di componimenti dell'Anthologia Latina originale, spesso peraltro anonimi, e non sempre di livello eccelso, si distinguono alcune figure di poeti e alcuni componimenti significativi e di valore. Un aspetto da evidenziare è che non sempre è facile datare autori e opere, perché spesso i nomi e i componimenti tramandati non sono altrimenti noti, non trovano cioè riscontro in altre fonti.

Floro

L'Anthologia ci ha trasmesso nove brevi componimenti di un certo Floro che, secondo alcuni critici sarebbe da identificare con Lucio Anneo Floro storico, autore dell' Epitome de Tito Livio, che risale alla prima metà del II secolo d.C. Altri ritengono che si tratti di due scrittori ben distinti. I carmi sono quasi sempre in tetrametri trocaici, uno dei metri da tempo trascurati e dalla cadenza popolareggiante che saranno riscoperti, per la lirica, dai poetae novelli nella seconda metà del II secolo e troveranno espressione nel Pervigilium Veneris (si veda più oltre).

Pentadio

Il poeta Pentadio visse probabilmente nel III secolo. Di lui restano pochi componimenti: alcuni epigrammi, un Cupido amans di 16 esametri, e il De adventu veris ("L'arrivo della primavera") e il De fortuna, entrambi poemetti in distici elegiaci (di 22 versi il primo, di 36 il secondo), coppie di versi in cui un esametro è seguito da un pentametro.

Pentadio fu un elegante scrittore di versi ecoici (lat. versus echoici), ossia nei suoi distici spesso la prima parte dell'esametro è uguale alla parte finale del pentamentro. Ad esempio: Sentio, fugit hiems, Zephyrisque moventibus orbem / iam tepet Eurus aquis; sentio fugit hiems.

I suoi componimenti sono quadretti di maniera sul tema della rinascita del mondo e di argomento mitologico, permeati di erudizione e di reminiscenze classiche greche e latine.

Reposiano

Reposiano è l'autore dell'epillio mitologico De concubitu Martis et Veneris. Si data solitamente al III secolo, ma non manca chi lo situi nel IV secolo o addirittura nel V.

L'argomento del componimento, un poemetto in 182 esametri di tono arcadico, è tratto dall'episodio omerico dell'VIII libro dell'Odissea: Vulcano scopre che Venere lo tradisce con Marte e lega entrambi con una catena magica mentre dormono dopo l'atto amoroso, e quando si svegliano li espone alla derisione degli altri dei.

Sulla traccia narrativa si sviluppano anche qui eleganti descrizioni di maniera, come quella del bosco in cui i due si incontrano, e non si rifugge dall'indugiare anche sull'esaltazione plastica dei due corpi divini, tratto quest'ultimo riconducibile a un tipico gusto del periodo. Le tematiche e lo stile in generale sono analoghi a quelli di Pentadio: senso cosmico dell'amore, rapporto tra l'amore e il rifiorire primaverile della natura, erudizione, eleganza formale.

Il Pervigilium Veneris

"La vigilia della festa di Venere" è forse l'opera di maggior valore contenuta in entrambi i codici dell'Anthologia Latina, ed è un componimento anonimo di 93 tetrametri trocaici. Fu attribuito di volta in volta a Catullo, ad Apuleio, al già nominato epitomatore Lucio Anneo Floro, e a Tiberiano (IV secolo). In effetti, la datazione è molto incerta: per alcune coincidenze di stile con il gusto dei poetae novelli della fine del II secolo, si fa risalire a quel periodo o all'inizio del III secolo, ma c'è anche chi colloca la composizione in un'epoca più tarda, finanche nel VI secolo.

L'argomento è la descrizione delle celebrazioni di Venere in occasione della primavera, secondo, sembra, le consuetudini di Ibla in Sicilia, ossia attraverso una "veglia", da cui il titolo, nella quale la dea viene invocata perché fecondi i campi. Il tema della natura è dunque anche qui dominante.

Ciò che distingue il carme è tuttavia lo stile, in cui la ricercata semplicità di espressione lascia spazio ad alcuni stilemi tipici della lingua popolare, pur nella generale classicità, e soprattutto dona uno straordinario senso di freschezza al componimento.

Vespa

Con Vespa (in genere considerato del III secolo) ci troviamo di fronte a tutt'altro genere di componimenti: è infatti l'autore di un divertente carme satirico di tono popolaresco, il Iudicium coci et pistoris iudice Vulcano ("Il giudizio del cuoco e del fornaio dato da Vulcano") di 99 esametri, in cui un cuoco e un fornaio disputano sulla superiorità dei loro mestieri avendo per giudice il dio Vulcano.

Vespa, come ci informa lui stesso, era esperto nel genere retorico delle "controversiae", e girava di città in città tenendo conferenze a pagamento, nel tipico stile della Seconda Sofistica.

In questo carme Vespa fa abilmente della satira sul suo stesso mestiere, mostrando i due protagonisti intenti a sostenere le rispettive tesi con sottili argomentazioni mitologiche e filosofiche, ma anche con riferimenti a gustosissime creazioni culinarie.

Osidio Geta

Con Osidio Geta, vissuto forse nel III secolo, secondo alcuni nel I o nel II, ci troviamo di fronte a composizioni ancora di altro genere, i cosiddetti centones. Si tratta di componimenti messi insieme utilizzando versi o parti di versi tratti da autori classici, per creare un qualcosa di completamente nuovo, nella forma e nel contenuto. Quasi sempre gli autori preferivano ricorrere ai versi di Virgilio.

Osidio Geta forse fu conterraneo e contemporaneo di Tertulliano, che lo cita nel De praescriptione haereticorum in riferimento ad una sua tragedia intitolata Medea, un centone costruito di versi virgiliani; nell'Anthologia Latina è stato trovato un centone, che si ritiene essere la tragedia di Osidio Geta, costituito di esametri virgiliani, un componimento che riecheggia la Medea di Seneca sia per l'argomento che per lo stile. Nella parte iniziale i cori sono in anapesti.

Altri autori

Tra i numerosi altri poeti africani che compaiono nell'Anthologia sono da ricordare: Flavio Felice, autore di Epigrammi; Florentiano, che compose un Panegirico del re Trasamundo; Lussorio, grammatico cartaginese; Sinfosio, compositore di 100 indovinelli. Per molti di essi la datazione è difficilissima se non impossibile.

Note

  1. ^ E. Bücheler, A. Riese. Anthologia Latina sive poesis latinae supplementum2. Lipsia, 1894-1906. A questa raccolta furono aggiunti supplementi da M. Jhm nel 1895 e da E. Lommatzsch nel 1926.

Bibliografia

  • Ettore Paratore. Storia della letteratura latina. Firenze, Sansoni, 1968. pp. 765, 770-771, 861, 860-861, 959-960.
  • Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature. Milano, Bompiani, 2005. Vol. I, pp. 428. Vol. 10, p.10890.

Voci correlate

Compilazioni analoghe afferenti alla letteratura greca

Contesto storico dell'Anthologia Latina