Adenolfo d'Aquino

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Adenolfo d'Acquino
Conte di Acerra
In carica1273-1293
NascitaXII secolo
Morte1293
Dinastiad'Aquino
PadreAimo d'Aquino
ReligioneCattolicesimo

Adenolfo d'Aquino (XII secolo1293) è stato un nobile e politico italiano, conte di Acerra, condannato all'impalamento e al rogo con l'accusa di essere sodomita[1].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Adenolfo d'Aquino discendeva dalla famiglia nobile dei d'Aquino, figlio di Aimo d'Aquino. [1] Dopo aver partecipato alle guerre del Vespro, durante il regno di Carlo I d'Angiò, fu accusato di aver ucciso un francese e fu costretto a pagare una multa; inoltre ebbe numerosi problemi con il fisco e lamentele dai suoi vassalli in Terra d'Otranto e in Terra di Lavoro.[1] Nel 1286 fu accusato da Rinaldo d'Avella di diffondere la propaganda aragonese e per questo fu rinchiuso in carcere, venendo condannato alla decapitazione per lesa maestà, ma grazie all'intervento di papa Onorio IV fu graziato e fu inviato in Provenza per trattare la pace con gli aragonesi.[1] Tornato in Italia, fu nominato consigliere ed inquisitore in Puglia dal re Carlo II di Napoli durante il processo contro i Rufolo-Della Marra.[1] Nel 1293 Carlo II di Napoli lo accusò di averlo spinto con l'inganno a firmare la perdita della Sicilia e lo condannò, insieme al fratello Enrico, all'impalamento e al rogo con l'accusa di essere sodomita; i suoi beni furono ceduti in gran parte a Filippo I d'Angiò, principe di Taranto.[1] Alla notizia della morte del conte, i vassalli insorsero in difesa del loro feudatario, venendo catturati e condannati alla forca.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Morelli, pp. 463-475.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Serena Morelli (a cura di), "Ad extirpanda vitia". Normativa regia e sistemi di controllo sul funzionariato nella prima età angioina, in "Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age", CIX, École française di Roma, 1997.