Vincenzo Baldazzi

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Vincenzo Baldazzi detto "Cencio" (Genzano di Roma, 25 ottobre 1888 - Roma, 23 maggio 1982), fu un uomo politico italiano, antifascista e partigiano.

Biografia

Giovanissimo, aderì agli ideali mazziniani nella loro versione più progressista, avendo fra i suoi maestri Errico Malatesta. Nel 1914 partecipò ai moti di Ancona che portarono alla Settimana Rossa: durante una manifestazione antimilitarista organizzata da repubblicani, socialisti e anarchici, i carabinieri aprirono il fuoco sulla folla uccidendo tre manifestanti.

Fu poi un interventista "di sinistra"; falsificando i dati sulla data di nascita riuscì a partire volontario. Arrivò al grado di comandante di una squadra lanciabombe, fu ferito sull'altipiano della Bainsizza dove gli Arditi dimostrarono il loro valore. Qui sembra essere nato il saluto "A noi!", che fu poi usato anche dagli Arditi del Popolo, dalle formazioni di difesa proletaria, dagli squadristi fascisti ed infine usato esclusivamente dal regime fascista, prima del meno egualitario e più confacente "al duce".

Baldazzi e Alfredo Morea rappresentarono la frangia repubblicana nell'Associazione nazionale Arditi d'Italia, che ha a capo Mario Carli; questi, col suo articolo Arditi non gendarmi, spezzò il connubio che si era formato fra Arditi e fascismo. Nacquero quindi gli Arditi del Popolo, dopo l'impresa di Fiume che fu il brodo di cultura del combattentismo dannunziano di sinistra, uno degli scopi della organizzazione paramilitare con a capo Argo Secondari è proprio la difesa delle associazioni operaie e contadine da parte degli squadristi fascisti che con la acquiescienza del governo Bonomi han già provocato numerosissime vittime fra gli oppositori di sinistra, alcuni storici stimano per difetto che il costo del passaggio completo al regime fascista costò agli antifascisti circa 100 000 morti, in quel "Cencio" periodo è fornaciaio della Valle dell'Inferno e abita al Trionfale di Roma.

Dopo la sconfitta degli Arditi del Popolo, nel 1924, "Cencio" è uno dei promotori di Italia Libera, mantiene i contatti col gruppo del giornale "Non Mollare" di Carlo Rosselli, Gaetano Salvemini e Ernesto Rossi. Dopo l'attentato a Mussolini da parte di Gino Lucetti viene condannato a cinque anni di carcere (l'accusa fu di aver fornito la pistola a Lucetti, nelle cui intenzioni era forse finire il "duce" dopo aver fatto saltar l'auto blindata a colpi di bomba a mano) ed altri cinque li avrà per aver fornito aiuto finanziario alla moglie di Gino Lucetti.

Nel 1936 viene preventivamente incarcerato e separato dal gruppo di Giustizia e Libertà. Passerà gli anni dal 1937 al 1943 fra Ventotene e le isole Tremiti (al confino). Nel 1943 assume il comando delle brigate partigiane Giustizia e Libertà braccio militare del partito d'azione con altri partigiani i cui nomi ormai appartengono alla storia (Albertelli, Bauer, Buttaroni, Chierici, Aldo Eluisi, Gabrieli, Fancello, La Malfa, Longo, Emilio Lussu, Pertini, Rossi Doria, Roveda, Salvadori, Trombadori, Vassalli) colpisce con durezza i nazifascisti in azioni di alto livello militare,la sua zona operativa di massimo intervento son i quartieri Trionfale e Testaccio, che furono già al tempo della marcia su Roma fra quei quartieri romani dove i fascisti non poterono "marciare", così come in quei giorni fu leggendaria la difesa del quartiere S.Lorenzo.

Dopo la Resistenza e la diaspora conseguente del Partito d'azione (analoga a quella che subì il più folto gruppo della resistenza romana Stella Rossa non legato al CLN) fonda il circolo "Giustizia e Libertà" a Roma e si iscrive al PSI, mantenendo rapporti di amicizia anche con Sandro Pertini, suo vecchio compagno di lotta.

Bibliografia

  • AA.VV., Dietro le barricate, Parma 1922, testi immagini e documenti della mostra (30 aprile - 30 maggio 1983), edizione a cura del Comune e della Provincia di Parma e dell'Istituto storico della Resistenza per la Provincia di Parma
  • AA.VV., Pro Memoria. La città, le barricate, il monumento, scritti in occasione della posa del monumento alle barricate del 1922, edizione a cura del Comune di Parma, Parma, 1997
  • Pino Cacucci, Oltretorrente, Feltrinelli, Milano, 2003
  • Luigi Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana, l'anarchismo in Italia dal Biennio Rosso alla guerra di Spagna (191-1939), edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2001
  • Eros Francescangeli, Arditi del popolo, Odradek, Rom, 2000
  • Gianni Furlotti, Parma libertaria, edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2001
  • Marco Rossi, Arditi, non gentarmi! Dall'arditismo di guerra agli Arditi del Popolo, 1917-1922, edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1997
  • Luigi Balsamini, Gli arditi del popolo. Dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste, Galzerano Editore, Salerno.
  • Renzo Del Carria,"Proletari senza rivoluzione"storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950, Milano, Edizioni Oriente, 1970.
  • Paolo Spriano, Storia del Partito comunista, Einaudi, Torino, 1967-1975 - 5 volumi
  • Renzo Del Carria, Proletari senza rivoluzione. Storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950, 2 voll., Milano, Edizioni Oriente, 1970 (I ed. 1966), (in particolare il XVII Capitolo La giusta linea non seguita: Parma come esempio di vittoriosa resistenza politica-militare al fascismo (1-6 agosto 1922).
  • Renzo Del Carria,Proletari senza rivoluzione, storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950,Milano, Edizioni Oriente, 1970.

Voci correlate