Utente:Classe prima Vv - gruppo 5/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Verolavecchia

[modifica | modifica wikitesto]

Verolavecchia (Örölå in dialetto bresciano) è un comune italiano di 3 868 abitanti[1] della provincia di Brescia, in Lombardia. 

Cenni storici

[modifica | modifica wikitesto]

Si pensa che il territorio di Verolavecchia fosse abitato già dai tempi della preistoria. Dall’epoca romana sono state ritrovate tre lapidi, una a Verolavecchia e due a Scorzarolo,ora poste nel museo romano di Brescia.

Verolavecchia, borgata umile e poco conosciuta (attualmente non arriva a 4000 abitanti) non vanta certo una storia di eventi eclatanti.

La sua natura geografica la rende abbastanza isolata. Chiusa tra Quinzano e Monticelli a sud ovest, Scorzarolo e Verolanuova a nord est, non trovandosi su importanti vie di passaggio ha avuto lunghi periodi di pace. Infatti, il suo territorio non è mai citato per battaglie e non è mai stato trascinato in saccheggi o stragi. Lo stesso Comune di Brescia pare non abbia avuto interessi da queste parti.

Eppure a Verolavecchia c’era un castello fortificato; di questo, unico avanzo rimasto, è la torre gotica. Nel Quattrocento durante le guerre tra Milano e Venezia, passarono da Verolavecchia bande armate che ne conquistarono il castello. Di seguito il borgo di Verolavecchia entrò a far parte dei domini di Venezia fino alla fine del XVIII secolo, quando arrivò l’esercito dei francesi, guidato da Napoleone. In questi tempi di rivoluzione e di guerre per l’Italia, la comunità di Verolavecchia costruiva la Chiesa Parrocchiale (settembre 1647).

Al crollo dell’Impero di Napoleone, tornarono in Italia gli Austriaci che nel 1814 occuparono queste terre. Il comune di Monticelli (730 abitanti) venne aggregato a Verolavecchia. Il comune nel 1856 contava 2900 abitanti (260 scorzarolo e 800 Monticelli). Nel 1860, con l’unità d’Italia, Verolavecchia diventa comune libero e indipendente. Nel 1871 una grande siccità colpì le campagne di Verolavecchia e seguì un vero periodo di carestia, accompagnato da una nuova epidemia: la pellagra (la popolazione si cibava esclusivamente i farinacei); ne furono colpite circa 600 persone.

Nel 1907 Verolavecchia inaugurava il suo nuovo campanile affiancato alla parrocchiale. Nel 1928 Verolavecchia perse la propria autonomia comunale poiché venne unificata, per legge voluta dal fascismo, a Verolanuova; questo provocò risentimento nei Verolavecchiesi.

Solo dopo i difficili anni del secondo conflitto mondiale, il paese riconquistò la sua autonomia (6 marzo1948).

Può sembrare un villaggio di poca storia, ma non senza figure di riguardo che con la loro vita e attività sono diventate famose. Basti pensare a Cesare Battisti eroe delle Dieci giornate di Brescia; Giuditta Alghisi Montini (mamma del Beato Paolo VI); lo stesso Paolo VI è cittadino onorario della comunità di Verolavecchia nella quale ha trascorso parte della sua vita.   

Monumenti e luoghi d'interesse

[modifica | modifica wikitesto]
Presbiterio della parrocchiale con il crocifisso cinquecentesco

La chiesa che, nella versione attuale, venne costruita nella seconda metà del Settecento su progetto di Domenico Prandini, presenta un'elegante facciata opera di Benedetto Carboni. L'interno, ad aula unica con tre cappelle per lato, è stato decorato da alcuni dei più importanti pittori del Settecento bresciano come Sante Cattaneo e Francesco Savanni. Nel presbiterio è conservato un pregevole crocifisso cinquecentesco.

Facciata della Chiesa di San Rocco a Verolavecchia

Chiesa di San Rocco

[modifica | modifica wikitesto]

La pestilenza del 1512-13 portò grande danno al territorio Bresciano. La chiesa di S. Rocco di Verolavecchia, iniziata in seguito ad un voto di tutta la popolazione ufficialmente stabilita con un atto del 15 marzo  1514. Fin dal 1512 era iniziata la fabbrica o doveva sorgere una santellina nel luogo, dove ora c’è la chiesa. Tra il 1512 e il 1514 le donazioni fioccarono numerose come le morti dei devoti verolesi e cosi, la chiesa venne terminata e ancora oggi manifesta l’impronta di quegli anni. Inizialmente fu affidata alla scuola del Corpus Domini, in seguito passò alla confraternità di S. Rocco .

La chiesa si articola in una navata di tre campate, divise un tempo, da archi traversi e coperte da un semplice tetto a capanna con travetti in legno a tavelle in cotto e in un presbiterio pentagonale. Sull’esterno una zoccolatura di 80 cm segnava l’innalzamento del suolo circostante e del pavimento della chiesa, ora ridotta; lungo l’imposta del tetto, correva una fascia in mattoni disposti ad archetti pensili. La visita di S. Carlo Borromeo del 1580 annota che la chiesa era affidata alla scuola del Corpus Domini, e registra la presenza di un solo altare e la mancanza della sacrestia. Nel seicento fu sopraelevata di circa un metro, fatto testimoniato da una cornice ad archetti in mattoni posta sotto la linea gronda. La cappella, che contiene l’ altare di S. Antonio da Padova , fu realizzata verso la metà del Seicento . Il vescovo Giorni nel 1599 ordinava che si completasse la costruzione del coro; verso la metà del Seicento, veniva aggiunta la cappella sul lato settentrionale , con un altare intitolato a S. Antonio da Padova . Furono eseguiti anche importanti restauri anche nel 1865 e nel 1980. La chiesa conserva una pala che rappresenta una Madonna con un bambino, l’Angelo custode, i santi Antonio da Padova , Luigi IX e Bernardino da Siena attribuita a Francesco Maffei. Si conserva pure la pala dell’altar maggiore con con il bambino tra i SS. Rocco, Sebastiano, Antonio Abate e Pietro e Nicola e Giovanni Battista.

In via XX settembre si trova una casa-torre con un balconcino. Al termine della via uno stretto passaggio con volta a botte immette in un largo spazio al centro del quale si erge la Torre civica. L‘andamento arcuato del fronte delle abitazioni, ci fa capire che quello doveva essere il perimetro esterno del vecchio castello e lo stretto passaggio, la  porta del villaggio. La torre presenta una struttura in mattoni con un‘apertura ad arco acuto e una serie di finestre nella parte terminale. Venne utilizzata come campanile fino al 1907 ed era dotata di un orologio del  quale  sono rimaste solo le lancette. Sopra di una piccola porta si trova un sole con al  centro le lettere IHS che è il segno di una devozione a S. Bernardino da Siena che predicò, appunto, la devozione al  Santo nome di Gesù.

Villa Alghisi

[modifica | modifica wikitesto]

In via Nazario Sauro si trova l’ottocentesca villa del Dosso, cioè la residenza Villa Alghisi dove il notaio Giovanni Battista nel 1868 sposò Orsola Rovetta e nel 1874 nacque Giuditta la futura madre di Giovanni Battista Montini, diventato papa con il nome di Paolo VI. Giuditta, nel febbraio del 1893 conobbe l’avvocato Giorgio Montini di Concesio e dal loro amore nacquero tre figli: Concesio Lodovico, Giovanni Battista e Francesco. Giovanni Battista terminati gli studi fu ordinato sacerdote e nel 1954 fu nominato Arcivescovo di Milano. Nel ’63 venne eletto pontefice con il nome di Paolo VI. Morì il 6 agosto 1978.

Piatti e prodotti tipici della zona

[modifica | modifica wikitesto]

La bertolina ( in dialetto bresciano la bertùlinà) è un tipico piatto bresciano ma cucinato soprattutto Verolavecchia. E’ un piatto di riciclo, infatti, si cucina con l’avanzo della minestra (solamente la pasta)  e l’aggiunta di  un uovo, farina, sale e un goccino di latte. Inoltre può essere servito sia come salato ma anche come dolce mettendo sopra dello zucchero.

La frittata a Verolavecchia viene principalmente fatta con i loertis una verdura molto frequente. Questa è la ricetta: in un padellino fare rosolare i loertis con un pezzettino cipolla e un goccio d’olio. Preparare un composto con uova, tante manciate di formaggio quant’è il numero delle uova, un goccino di latte, un pizzico di sale e uno di noce moscata e  tre puntine di bicarbonato. Quando i loertis soffriggono aggiungerli al composto girare e poi rimettere sul fuoco girare finchè la frittata non sarà cotta. 

Polenta arrostita nello strutto o nelle braci

[modifica | modifica wikitesto]

Questo piatto è un piatto che quest’oggi non si cucina piu a Verolavecchia ma che nel passato era normale ogni giorno come per noi la pasta o la carne.Infatti la polenta che avanza si faceva arrostire o nelle braci del camino o in un padellino con lo strutto e se pensiamo che non sia un granchè ai quei tempi...

Polenta abbrustolita con latte         

[modifica | modifica wikitesto]

Anche questo è un piatto antichissimo che però tutt’ora è molto buono infatti la polenta che restava dal pranzo della domenica veniva riciclata mettendola nel latte.

I loertis nascono lungo le rive dei fiumi a Verolavecchia principalmente lungo il fiume Strone. Il periodo è la primavera. Ma oltre la frittata con i loertis si possono fare molte altre cose ad esempio friggerli.

Angelo Bonaglia, Marcello Zane, Verolavecchia: la sua storia, Leno, 1998.

Natura, arte e cultura lungo il fiume Strone, Pontevico, 1998

Delfino Tinelli (a cura di), Paesi e paesaggi della Bassa bresciana, Manerbio, 1996

Sandro Guerrini – Antonio Lanzoni, Le chiese di Verolavecchia, Brescia, 1990.