Utente:Chiara Giaccone/Sandbox2

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Il principio d'inerenza costituisce un fondamentale requisito per la determinazione del reddito d'impresa (ma più ampiamente di qualsiasi reddito che sia tassato al netto dei costi, ovvero anche di lavoro autonomo), nonché per la detrazione ai fini dell'IVA.[1]

In prima approssimazione può dirsi che l'inerenza stabilisce un collegamento tra i costi sostenuti dall'impresa e l'attività produttiva di reddito svolta dalla stessa. Sulla base di questa definizione, non sono certamente inerenti, e pertanto non rilevano nella determinazione del reddito, le spese di carattere personale dell'imprenditore o comunque da esso sostenute per fini estranei all'attività d'impresa esercitata dallo stesso.[2]

Questioni interpretative[modifica | modifica wikitesto]

Origine del principio[modifica | modifica wikitesto]

Secondo l'orientamento dottrinale e giurisprudenziale tradizionale (per altro ripreso anche da alcune pronunce giurisprudenziali più recenti),[3] il principio di inerenza sarebbe normativamente disciplinato dall'art.109, comma 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di "Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi", laddove si prevede che "Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi [...]"[4].[5] [6]

Come osservato in dottrina ed evidenziato da una parte della più recente giurisprudenza, si tratta in realtà di una conclusione discutibile. Più propriamente, infatti, l'art.109, comma 5 non contiene una disciplina generale del concetto di inerenza, ma fissa i criteri per il calcolo del cosiddetto pro-rata di deducibilità dei costi. In altre parole, quando un'impresa genera sia ricavi imponibili sia ricavi esenti, si pone il problema (risolto con il predetto comma) di individuare quali spese sono riferibili ai ricavi imponibili, e quindi deducibili, e quali ai ricavi esenti, e pertanto indeducibili.[7] [8] In base all’orientamento più recente, quindi, il concetto di inerenza, pur basilare, non trova una puntuale definizione normativa all'interno del D.P.R. 917/1986: dottrina e giurisprudenza affermano che si tratta di un principio di portata generale, insito nel concetto stesso di reddito d’impresa.[2] [9] [1]

Alcuni studiosi invece lo ritengono un principio non strettamente di carattere fiscale, ma che deriva dalle norme generali che regolano la formazione del bilancio d'esercizio. In sostanza sarebbero i principi civilistici ad escludere l'indicazione nel bilancio di elementi negativi estranei all'attività imprenditoriale. Tale principio assumerebbe poi rilevanza anche fiscale, in forza del richiamo dell'art. 83, D.P.R. 917/1986 al risultato del bilancio quale punto di partenza per il calcolo del reddito imponibile.[10] [senza fonte]

Nesso di inerenza[modifica | modifica wikitesto]

Giurisprudenza e dottrina si sono ripetutamente occupate della natura del nesso di inerenza, sviluppando nel corso del tempo diverse interpretazioni.

In origine, in base ad un’interpretazione restrittiva della nozione di inerenza, fondata sul disposto dell'art. 32 del R.D. 24 agosto 1877, n. 4021, "Che approva il testo unico delle leggi d'imposta sui redditi della ricchezza mobile",[11] si riteneva che fosse necessario per la deducibilità uno stretto collegamento tra le spese sostenute e la produzione del reddito. In questo senso disponeva anche l'amministrazione finanziaria, che richiedeva che il collegamento dovesse essere caratterizzato da specificità, immediatezza, attualità e necessarietà.[12] Secondo tale orientamento erano da considerarsi non inerenti tutti quei costi non immediatamente e direttamente connessi alla produzione, anche se indispensabili per l’attività d’impresa, come per esempio le cosiddette spese preparatorie, ossia spese sostenute prima dell'inizio materiale della produzione, necessarie per l'avvio dell'attività.[13] [2]

A partire dalla seconda metà degli anni ‘20 del Novecento,[14] si consolidò progressivamente un’interpretazione meno rigorosa del principio di inerenza, fondata sul nesso tra spese sostenute e ottenimento di ricavi. In base a tale nuovo orientamento, erano considerate inerenti, e quindi deducibili, tutte le spese che risultavano necessarie per la produzione del reddito d'impresa, comprese quindi quelle preparatorie in passato escluse.[13]

In tempi più recenti, in fine, dottrina e giurisprudenza si sono espresse nel senso di un’interpretazione ancora più ampia del principio di inerenza:[15] ai fini della deducibilità non è più richiesto uno stretto nesso tra spese e ricavi, ma un legame tra il costo sostenuto e l'attività d'impresa in generale. È quindi esclusa la deducibilità delle spese di carattere extra aziendale, mentre si considerano deducibili le spese potenzialmente idonee ad ottenere ricavi futuri.[2] [13] [1] Inoltre, si sottolinea che l’accertamento di tale nesso funzionale deve valutarsi caso per caso, considerando in concreto le caratteristiche specifiche della spesa sostenuta e dell’attività d'impresa esercitata. Pertanto, il giudizio sulla sussistenza o meno del nesso di inerenza deve necessariamente avvenire all'interno del contesto in cui si svolge l'attività imprenditoriale.[2] [16] [17]

Valutazione quantitativa e qualitativa[modifica | modifica wikitesto]

Un aspetto particolarmente dibattuto del principio di inerenza riguarda il profilo quantitativo.

La giurisprudenza, in taluni casi, ha ritenuto non inerenti, almeno in parte, costi sostenuti dall'imprenditore, che, pur essendo connessi all’attività d’impresa, apparivano assolutamente eccessivi o sproporzionati per il loro ammontare rispetto alla logica economica (cosiddetta inerenza quantitativa). Il sospetto alla base di tali pronunce è quello della commissione di violazioni fiscali da parte del contribuente, proprio in ragione dell'incongruità delle spese sostenute in relazione alle esigenze ed alle dimensioni dell'attività d'impresa esercitata.[18]

Tale impostazione non incontra però completo consenso in dottrina e in giurisprudenza: secondo un diverso orientamento, confermato dalla recente giurisprudenza della Cassazione, l’inerenza deve essere valutata tramite un giudizio puramente qualitativo, libero da riferimenti ai profili di utilità, vantaggio e congruità dei costi sostenuti. In questa prospettiva, si deve guardare primariamente alla coerenza della spesa rispetto al programma imprenditoriale, mentre l’aspetto della congruità dei costi può essere valutato esclusivamente come mero sintomo dell’assenza del nesso di inerenza.[19] [20] [6] [5] [21]

Onere della prova[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la tesi consolidata in giurisprudenza,[22] anche se priva di un espresso fondamento legislativo, spetta al contribuente stesso dimostrare la sussistenza del nesso di inerenza tra l’onere sostenuto e l’esercizio dell’impresa ai fini della deducibilità dei costi.[1] [21]

Principio di inerenza e IVA[modifica | modifica wikitesto]

Un principio sostanzialmente analogo si rinviene nelle regole di detrazione dell'IVA: l'art. 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di "Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto", prevede espressamente che il soggetto passivo ha diritto di detrarre (dall'imposta da versare allo Stato) "L'imposta assolta o dovuta [...] o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione." [23] In tal modo per il soggetto passivo si realizza la cosiddetta neutralità dell'imposta, poiché riesce a recuperare totalmente (salvo altre limitazioni) l'imposta che ha pagato nell'ambito dell'attività economica. Rimane invece a suo carico, alla stregua di un consumatore finale, l'imposta pagata su operazioni estranee all'attività.[24] [25]

Riferimenti normativi[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Dario Stevanato, Il principio di inerenza e la rilevanza contabile dei costi deducibili. Spese di pubblicità e rappresentanza (PDF), su www.giustizia-tributaria.it, 2015.
  2. ^ a b c d e Massimo Procopio, L’inerenza nel sistema delle imposte sui redditi, Milano, Giuffrè, 2009, ISBN 8814141223.
  3. ^ si veda, a titolo di esempio, in relazione al solo anno 2018: Cass. civ., sez. V, sent. 21/11/2018, n. 30030; Cass. civ., sez. V, ord. 24/08/2018, n. 21131; Cass. civ., sez. V, ord. 30/07/2018, n. 20113, su def.finanze.it.
  4. ^ Decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 109, in materia di "Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi".
  5. ^ a b Gianfranco Ferranti, Principio di inerenza: serve maggiore certezza, in Corriere tributario, vol. 2, Milano, IPSOA, 2020, pp. 107-115.
  6. ^ a b Livio Gucciardo, Il fondamento giuridico del principio di inerenza nel reddito d’impresa, in Novità fiscali, vol. 1, SUPSI, 2021, pp. 23-29.
  7. ^ si vedano, in particolare: Cass. civ., sez. V, ord. 11/01/2018,n. 450 e Cass. civ., sez. V, ord. 9/02/2018, n.3170, su def.finanze.it.
  8. ^ per un'analisi specifica delle due pronunce della Cassazione del 2018, si vedano: Ferranti, Gucciardo,Vicini Ronchetti.
  9. ^ Giuseppe Tinelli, Il principio di inerenza nella determinazione del reddito d’impresa, in Rivista di diritto tributario, vol. 5, Milano, Giuffrè, 2002, pp. 437-472.
  10. ^ Decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 83, in materia di "Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi".
  11. ^ Regio decreto 24 agosto 1877, n. 4021, articolo 32, in materia di "Che approva il testo unico delle leggi d'imposta sui redditi della ricchezza mobile".
  12. ^ Normale dell'amministrazione finanziaria n.45 del 1902.
  13. ^ a b c Fabio Graziani, L’evoluzione del concetto di inerenza e il trattamento fiscale dei finanziamenti ad enti esterni di ricerca, in Gaspare Falsitta e Francesco Moschetti (a cura di), I costi di ricerca scientifica nell’evoluzione del concetto d’inerenza, Milano, Giuffrè, 1988, pp. 45-105, ISBN 8814015635.
  14. ^ Circ. min. 22 dicembre 1926, n.12877.
  15. ^ accolta a livello del Decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, articolo 61, in materia di "Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche", parzialmente trasfuso poi nel Decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 75, in materia di "Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi".
  16. ^ Giuseppe Tinelli, Il principio di inerenza nella determinazione del reddito d’impresa, in Rivista di diritto tributario, vol. 5, Milano, Giuffrè, 2002, pp. 437-472.
  17. ^ Giuseppe Zizzo, Regole generali sulla determinazione del reddito d’impresa, in Mauro Beghin, et al. (a cura di), Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, vol. 2, Torino, Utet, 1994, pp. 469-589.
  18. ^ si vedano, a titolo di esempio, tra le altre: Cass. civ., sez. V, sent. 30/05/2018, n. 13596; Cass. civ., sez. V, sent. 6/06/2018, n. 14579.
  19. ^ si vedano, ancora: Cass. civ., sez. V, ord. 11/01/2018, n. 450 e Cass. civ., sez. V, ord. 9/02/2018, n.3170, su def.finanze.it.
  20. ^ Massimo Procopio, Il principio dell’inerenza ed il suo stretto collegamento con quello della capacità contributiva, in Diritto e pratica tributaria, vol. 4, Padova, CEDAM, 2018, pp. 1672-1680.
  21. ^ a b Alessandro Vicini Ronchetti, Inerenza nel reddito d'impresa: riflessioni sull'evoluzione della giurisprudenza di legittimità, in Rivista di diritto tributario, Pisa, Pacini, 2019, pp. 551-574.
  22. ^ si vedano, tra le altre: Cass. civ., sez. V, sent. 21/04/2008, n. 10257; Cass. civ., sez. V, sent., 17/09/2014, n. 19600.
  23. ^ Decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 19, in materia di "Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto".
  24. ^ Marco Greggi, Il principio di inerenza nel sistema d'imposta sul valore aggiunto: profili nazionali e comunitari, Pisa, Pacini, 2012, ISBN 8863154422.
  25. ^ Aldo Stesuri, Il principio di inerenza nella disciplina delle detrazioni, in Corriere tributario, vol. 48, Milano, IPSOA, 2001, pp. 3631-3634.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gianfranco Ferranti, Principio di inerenza: serve maggiore certezza, in Corriere tributario, vol. 2, Milano, IPSOA, 2020, pp. 107-115.
  • Fabio Graziani, L’evoluzione del concetto di inerenza e il trattamento fiscale dei finanziamenti ad enti esterni di ricerca, in Gaspare Falsitta e Francesco Moschetti (a cura di), I costi di ricerca scientifica nell’evoluzione del concetto d’inerenza, Milano, Giuffrè, 1988, pp. 45-105, ISBN 8814015635.
  • Marco Greggi, Il principio di inerenza nel sistema d'imposta sul valore aggiunto: profili nazionali e comunitari, Pisa, Pacini, 2012, ISBN 8863154422.
  • Livio Gucciardo, Il fondamento giuridico del principio di inerenza nel reddito d’impresa, in Novità fiscali, vol. 1, SUPSI, 2021, pp. 23-29.
  • Massimo Procopio, L’inerenza nel sistema delle imposte sui redditi, Milano, Giuffrè, 2009, ISBN 8814141223.
  • Massimo Procopio, Il principio dell’inerenza ed il suo stretto collegamento con quello della capacità contributiva, in Diritto e pratica tributaria, vol. 4, Padova, CEDAM, 2018, pp. 1672-1680.
  • Aldo Stesuri, Il principio di inerenza nella disciplina delle detrazioni, in Corriere tributario, vol. 48, Milano, IPSOA, 2001, pp. 3631-3634.
  • Giuseppe Tinelli, Il principio di inerenza nella determinazione del reddito d’impresa, in Rivista di diritto tributario, vol. 5, Milano, Giuffrè, 2002, pp. 437-472.
  • Alessandro Vicini Ronchetti, Inerenza nel reddito d'impresa: riflessioni sull'evoluzione della giurisprudenza di legittimità, in Rivista di diritto tributario, Pisa, Pacini, 2019, pp. 551-574.
  • Giuseppe Zizzo, Regole generali sulla determinazione del reddito d’impresa, in Mauro Beghin, et al. (a cura di), Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, vol. 2, Torino, Utet, 1994, pp. 469-589.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]