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Tarentola mauritanica

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Geco dei muri mediterraneo
Tarentola mauritanica
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
PhylumChordata
ClasseReptilia
OrdineSquamata
SottordineSauria
InfraordineGekkota
FamigliaPhyllodactylidae
GenereTarentola
SottogenereTarentola
SpecieT. mauritanica
Nomenclatura binomiale
Tarentola mauritanica
(Linnaeus, 1758)
Sottospecie
  • T. mauritanica juliae
  • T. mauritanica mauritanica
  • T. mauritanica pallida
Areale

Il geco dei muri mediterraneo[2], detto anche geco comune mediterraneo, geco muraiolo o tarantola muraiola[3] (Tarentola mauritanica (Linnaeus, 1758)) è un piccolo sauro della famiglia dei Fillodattilidi, diffuso in gran parte dei Paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo[4].

Geco comune (Tarentola mauritanica)

Il geco comune è la specie di geco più grande presente in Europa, potendo misurare da adulto fino ai 15-16 centimetri di lunghezza, coda compresa. Robusto, dal corpo grigio-bruno, piatto e largo e dalla testa anch'essa larga, ha corpo, zampe e coda ricoperti da varie file di tubercoli prominenti che gli conferiscono un aspetto spinoso. Ha una bocca simile a un angolo ottuso, occhi privi di palpebre ma dotati di una membrana trasparente protettiva, con pupilla verticale. La coda presenta delle bande più scure e, se rigenerata dopo essere stata persa per autotomia, è invece liscia e priva di tubercoli.[5][6] Ha delle barrette con dei grandi sviluppi laterali e nella parte inferiore della faccia delle lamine aderenti divise una dall'altra. Soltanto la terza barretta rimane unita.

Le dita sono allargate alle estremità e provviste di lamelle adesive inferiormente. Esse permettono al geco di muoversi con facilità praticamente su qualsiasi superficie, anche lisce, verticali e perfino sui soffitti. Presenta delle piccole unghie poco visibili, ma solo sulla punta del terzo e del quarto dito.[5][6]

I suoi colori cambiano d'intensità a seconda della luce. Quando sono attivi di giorno il loro colore è più scuro rispetto a quando sono attivi di notte. Lo si trova in cantieri, rovine, pietraie, tronchi d'albero o muretti a secco.

Comportamento

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Geco comune illuminato da sotto

Di abitudini notturne o crepuscolari, può diventare attivo anche di giorno nelle soleggiate giornate invernali. Territoriale, può essere facilmente osservato mentre caccia insetti sui muri degli edifici urbani vicino alle fonti di luce.[5] Spesso si possono osservare diversi esemplari anche nel giro di pochi metri, addirittura anche più individui sotto la stessa luce che usano come riparo. Si ciba principalmente di zanzare e ragni, ma anche di altri insetti come falene. Un esemplare adulto è in grado di mangiare fino a 200 zanzare in una notte[7]. La femmina depone due uova quasi sferiche di circa 1 cm di diametro due volte all'anno intorno ad aprile e a giugno. Le nascite avvengono dopo quattro mesi. Tarentola mauritanica raggiunge la maturità sessuale in un periodo di tempo lungo se paragonato ad altri rettili, tra i 4 e 5 anni. Alcune volte all'anno cambia la sua pelle, staccandosela e cibandosene.

Se non viene disturbato (è totalmente innocuo) riesce a vivere nelle case, ma comunque resta un animale selvatico.

Distribuzione e habitat

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È diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, isole incluse, dalla penisola iberica fino allo Ionio e Creta; in più Canarie e Africa settentrionale[3].

In Italia è presente su tutto il territorio, isole maggiori e minori incluse ma con l'eccezione dell'arco alpino.

Comprende le seguenti sottospecie:[4]

  • Tarentola mauritanica juliae (Joger, 1984)
  • Tarentola mauritanica mauritanica (Linnaeus, 1758)
  • Tarentola mauritanica pallida (Geniez et al., 1999)

Il geco comune in letteratura

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Il platidattilo muraiolo è il protagonista del racconto grottesco Le labrene di Tommaso Landolfi (1974). Nel racconto, il protagonista non riesce a liberarsi dal senso di disgusto e di persecuzione che gli provoca questo animale.

Il geco è anche protagonista di uno dei racconti della raccolta Palomar di Italo Calvino (1983).

  1. ^ (EN) Milan Vogrin, Claudia Corti, Valentin Pérez Mellado, Paulo Sá-Sousa, Marc Cheylan, Juan Pleguezuelos, Sherif Baha El Din, Iñigo Martínez-Solano 2009, Tarentola mauritanica, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ Tarentola mauritanica, su IUCN. URL consultato il 19 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 6 ottobre 2017).
  3. ^ a b Arnold & Burton 1985, p. 102.
  4. ^ a b Tarentola mauritanica, su The Reptile Database. URL consultato il 3 giugno 2014.
  5. ^ a b c O'Shea e Halliday, p. 63.
  6. ^ a b Poggiani e Dionisi, p. 292.
  7. ^ Geco, su Cibocanigatti.it. URL consultato l'11 aprile 2017 (archiviato dall'url originale l'11 aprile 2017).
Esemplare che ha catturato una cavalletta
  • Albertini, G., Insediamenti di Tarentola mauritanica L. nella città di Verona, 1976, Boll. Mus. Civ. St. Nat. Verona
  • Edwin Nicholas Arnold e John Andrew Burton, Guida dei rettili e degli anfibi d'Europa, traduzione di Emanuele Mongini, illustrazioni di Denys W. Ovenden, Padova, Muzzio, 1985, ISBN 88-7021-753-1. 1ª ed. originale: (EN) Reptiles and Amphibians of Britain and Europe, Glasgow, William Collins Sons & Co, 1978.
  • Bonetti, M., Sauri. Mondadori (Milano), 2002 ISBN 8843582968
  • Luciano Poggiani e Virgilio Dionisi (a cura di), Gli anfibi e i rettili della Provincia di Pesaro e Urbino 1980 - 2020, 1ª ed., Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, 2020, ISBN 978-88-98714-34-6.
  • Mark O'Shea e Tim Halliday, Rettili e anfibi, traduzione di Stefano Scali, 1ª ed., Fabbri Editore, 2001, ISBN 88-451-2446-0.
  • Visinoni, A., L'insediamento di Tarentola mauritanica (Linnaeus, 1758) a Venezia, 1994, Lavori Soc. Ven. Sci. Nat.
  • (EN) Vogrin, M., Corti, C., Mellado, V.P., Sá-Sousa, P., Cheylan, M., Pleguezuelos, J. & El Din, S.B. 2005, Tarentola mauritanica, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  • Tommaso Landolfi, Le labrene, in Le labrene, Milano, Rizzoli, 1974

Voci correlate

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Altri progetti

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