Mentalità

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Il termine mentalità si trova usato verso il 1900[1] con il significato odierno di generica concezione del mondo e di un substrato psicologico riferito a un individuo, a un gruppo sociale o agli appartenenti ad una data civiltà in un certo periodo storico.[2]

Storia delle idee e storia della mentalità[modifica | modifica wikitesto]

La storia della mentalità può essere considerata come il risultato della critica sistematica operata da Febvre a proposito della storia delle idee alla quale rimprovera la sovrapposizione di astratte categorie scolastiche come Rinascimento, Umanesimo o Riforma alla realtà psicologica di quei fenomeni storici che vengono così resi atemporali:

«[Gli storici delle idee], dandosi a ripensare per conto proprio dei sistemi talvolta vecchi di parecchi secoli − senza la minima preoccupazione di metterne in rilievo il rapporto con le altre manifestazioni dell'epoca in cui nacquero − si trovano a fare esattamente il contrario di ciò che un metodo storico esige. E che, davanti a questo generarsi di concetti da intelligenze disincarnate, concetti che vivono poi di vita propria al di fuori del tempo e dello spazio, annodano strane catene dagli anelli a un tempo irreali e chiusi[3]

Alla storia fatta di idee astratte che genererebbero reali fatti storici Febvre contrappone una diversa storia, una Nouvelle Histoire dove le idee, assieme alle opere e ai comportamenti, vengono poste all'interno delle condizioni sociali dove sono apparse.

La Nuova Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'espressione Nuova Storia viene utilizzata per la prima volta da Henri Berr[4] nel 1930, dove l'aggettivo "Nuova" fa riferimento al movimento statunitense della New History del 1912. Questa corrente pone la storia tra le Scienze sociali, un nuovo campo del sapere emerso nei primi anni del ‘900, in base a due caratteristiche fondamentali: il suo rinnovamento integrale e al radicamento in tradizioni antiche e solide. Numerose scienze si sono modernizzate in questo particolare settore senza che tutto il loro contenuto ne venisse modificato. La geografia fu una delle prime, grazie allo sviluppo della Geografia Umana promossa da Albert Demangeon e Jules Sion . La geografia intesa come "scienza dell'uomo" influenzò il pensiero di alcuni maestri della nuova storiografia in particolare Lucien Febvre[5], Marc Bloch e Fernand Braudel; lo stesso Febvre sottolineò la particolare associazione tra geografia umana e nuova storia.

La Nuova Storia non si limitava ad aprire a nuovi orizzonti e a nuovi indirizzi. Essa si proclamava Storia Globale, rivendicando il rinnovamento di tutto il settore storiografico. Allargava il campo della documentazione storica: scritti di ogni genere, documenti figurativi, reperti archeologici, documenti orali, fotografie, utensili di vario tipo, erano per la Nuova Storia tutti documenti di prim'ordine.

«Abbiamo riconosciuto che, in una società, qualunque essa sia, tutto si lega e si condiziona vicendevolmente: la struttura politica e sociale, l’economia, le credenze, le manifestazioni più elementari come le più sottili della mentalità[6]

Il "non so che" della storia[modifica | modifica wikitesto]

Per mentalità si intende però anche un complesso di idee stereotipato, non ben definito e spesso inconsapevole, che Jacques Le Goff riteneva fosse succedaneo al concetto tedesco di Weltanschauung[7] e tale che

«Per lo storico, oggi, mentalità è un termine ancora nuovo e già sciupato. Si parla molto di storia delle mentalità, se ne sono dati pochi esempi convincenti...ci si chiede se il termine corrisponde ad una realtà scientifica, se implica una coerenza concettuale, se è epistemologicamente operativo. È venuto improvvisamente di moda e sembra già passato di moda. Dobbiamo aiutarlo a vivere, o a scomparire?
La prima attrattiva della storia delle mentalità sta allora precisamente nella sua indeterminazione, nella sua vocazione a definire i residui dell'analisi storica. Il non so che della storia.[8][9]»

Storia e psicologia[modifica | modifica wikitesto]

Il termine "mentalità" fu spesso riferito all'etnologia poiché era ritenuto particolarmente adatto a indicare il complesso di credenze e consuetudini di culture non ancora giunte ad una consapevole conoscenza di sé.[10]

In questo senso è da intendere l'opera di Lucien Lévy-Bruhl che nel 1922 scriveva di "mentalità primitiva"[11].

L'etnologia ha poi abbandonato questo termine e così anche la psicologia, da sempre scettica sulla sua validità, mentre è venuto in auge presso gli storici, in specie quelli che si rifanno alle teorie della rivista Les Annales come Marc Bloch[12] e Lucien Febvre[13] che trattarono in ambito storiografico della storia della mentalità.

Invero, ancora prima di questi autori, nel 1921 Johan Huizinga si era accostato a questi temi riguardanti la mentalità medioevale[14] e ancora più lontana nel tempo era in quest'ambito l'opera dedicata alla stregoneria di Jules Michelet[15] che era stata giudicata non scientificamente affidabile per gli aspetti fantasiosi che la caratterizzavano e che tuttavia offriva una visione illuminante di quel fenomeno.

La storiografia ufficiale cercò di porre rimedio a questa mancanza di una documentazione "oggettiva" avanzando una concezione positivisticamente diretta alla scientificità dei fatti. Gli storici allora si affidarono alla scienza psicologica ma solo per spiegare i comportamenti dei grandi protagonisti della storia e quindi rimanevano le differenze tra la psicologia dedicata all'individuo, la sociologia descrittiva della società e la storia mirante all'esposizione dei fatti.

Distinzioni queste superate dall'opera di Bloch dedicata ai re taumaturghi dove il carattere soprannaturale del risanamento attribuito ai re di Francia e d'Inghilterra dimostrava che in quel fenomeno convergevano motivi psicologici, sociologici e storici:

«[furono] rappresentazioni collettive [e] ambizioni individuali, [che] mescolandosi le une alle altre in una specie di complesso psicologico portarono i re di Francia e d'Inghilterra a rivendicare il potere taumaturgico e i popoli a riconoscerlo loro.[16]»

Questo fenomeno implicava da una parte che si trattava di un meccanismo di consolidamento del potere monarchico e dall'altra, di un complesso di memorie, tradizioni, romane-imperiali, germaniche o addirittura risalenti ad antichi archetipi indoeuropei che nei secoli avevano sacralizzato la figura del re; quindi ora l'etnologia poteva chiarire che quel rito delle guarigioni regali «fu soltanto l'ultima eco di quelle credenze "primitive", che oggi la scienza, grazie allo studio dei popoli selvaggi, ha saputo ricostruire»[17]

Su questa stessa linea l'archeologo e storico Salomon Reinach ed anche l'etnologo James George Frazer che così scriveva:

«...la credenza che i re possiedono poteri magici o soprannaturali, per la cui virtù possono fertilizzare la terra e conferire altri benefici ai loro sudditi, è stata, sembra, ritenuta da tutti gli antenati delle razze ariane dall'India all'Irlanda e ha lasciato sino ai nostri giorni tracce evidenti nel nostro paese...forse l'ultimo esempio di tali superstizioni che restò a lungo legato ai re inglesi, fu l'idea che essi potessero guarire la scrofola toccando con la mano.[18]»

Questa impostazione della ricerca storica confermava dunque per la prima volta come fatti storici di grande rilevanza, come la fondazione di stabili dinastie regnanti, fossero da collegare alle altre scienze umane.

Analogamente Febvre dal suo primo libro su Filippo II e la Franca Contea[19] fino al saggio su Margherita di Navarra[20] scopriva l'arricchimento per la ricerca storiografica riferita alle nozioni di mentalità, sensibilità, vita affettiva.[21] Anche per Febvre seguire queste nuove direttrici storiche rendeva comprensibili non solo elementi storici di secondaria importanza come lo strano comportamento di Margherita di Navarra, regina dai severi costumi e religiosissima e nello stesso tempo autrice di novelle licenziose, ma anche fatti di prima grandezza come le origini della Riforma protestante.

La comprensibilità del passato, scriveva Febvre, è necessariamente collegata alla conoscenza della mentalità di uomini così diversi da noi e che vivevano in condizioni dissimili dalle nostre per cui pensare che ci sia un'identità nei modi di sentire e di pensare tra noi e le generazioni precedenti può esser valido solo per scrivere biografie romanzate.

Un lavoro complesso[modifica | modifica wikitesto]

Lo storico delle mentalità si troverà ad affrontare un lavoro complesso: dovrà indagare una molteplicità di elementi quali i luoghi e gli strumenti della formazione della mentalità, i suoi modi di trasmissione, gli spostamenti, i rapporti con la storia economica, con la storia del pensiero, con gli scontri sociali e stare attento alla coesistenza di diverse mentalità all'interno della stessa società. Lo storico dovrà inoltre astenersi dal descrivere periodi storici dalla durata troppo lunga poiché, sebbene la formazione della mentalità si sviluppi lentamente, vi è il rischio di incappare in anacronismi[22].

Ma è davvero possibile scrivere una storia attendibile della mentalità? Il suo oggetto è indeterminato e si avvale, non si sa con quanta validità, dell'apporto di diverse scienze quali storia, sociologia, folklore, etnologia, linguistica, psicologia. A proposito ad esempio degli accesi contrasti che coesistevano nel carattere degli uomini del Medioevo scriveva lo storico olandese Huizinga:

«Bisogna ricordarsi di questa ricettività, di questa facilità alle emozioni, di questa tendenza alle lacrime, di queste variazioni spirituali, quando si voglia concepire l'asprezza del gusto, la violenza di colore della vita in quel tempo[23]

e Febvre opportunamente osservava:

«Certamente, ma bisogna soprattutto spiegare: E la spiegazione è ardua. Mette in causa una moltitudine di dati che gli storici, sinora non si sono curati di riunire, di raccogliere insieme, né ai quali hanno pensato di attribuire il loro vero valore[24]»

E quando lo fanno, per l'incertezza e la moltitudine dei riferimenti, c'è il rischio che venga preso per attendibile quello che in realtà è l'effetto attraente della capacità dello scrittore nel narrare una storia affascinante ma incerta. Come pure può accadere che venga presa per mentalità popolare quella che appartiene ai ceti dominanti che influenzano la documentazione[25][26]

Questi rischi si presentano in misura molto ridotta per la storia medioevale in quanto in questo periodo manca o è quasi assente una circolazione culturale riferita da testi scritti così che acquistano valore decisivo la memoria e le tradizioni per lo storico della mentalità che per questo motivo si è finora orientato preferibilmente ai temi della società medievale o rinascimentale[27]

Le grandi aree tematiche[modifica | modifica wikitesto]

Né mancano temi più circoscritti da considerare però come spezzoni di ricerca (i giovani, la morte, l'amore ecc. ecc.) poiché è facile intuire come qualsiasi cosa può rientrare nell'interesse dello storico della mentalità che si chiede come veniva, sentita, immaginata questa realtà e come veniva vissuto qualsiasi sentimento. Soddisfano invece maggiormente gli studiosi la trattazione di argomenti di più ampio respiro ai quali si sono dedicati gli storici della mentalità come ad esempio lo studio degli emarginati, della corporeità, dell'ambiente, del potere.

Gli ebrei[modifica | modifica wikitesto]

Una grande area tematica come la storia degli emarginati può offrire l'occasione di capire la mentalità di un'epoca riguardo a ciò che la società del tempo riteneva "normale" confinando invece ciò che considerava devianza «... nelle paludi della marginalità, dell'anormalità, della patologia sociale»[28].

Un importante settore di emarginati è quello degli ebrei che, secondo Le Goff, solo dal XIII secolo vengono considerati impuri quando la crescita delle città aumenta le possibilità di contatti tra i cristiani e gli ebrei i quali, per i commerci e la pratica della medicina, acquistano rilievo tale che i responsabili della salute della comunità cristiana introducono la segregazione e l'identificazione dell'ebreo con la stella gialla e prescrivono i divieti per i cristiani di affidare il corpo ai medici ebrei, di comprare carne o latte nelle loro botteghe, di avere con loro rapporti sessuali.[29]

La corporeità[modifica | modifica wikitesto]

Il tema della corporeità è giudicato di grande rilievo per la storia della mentalità:

«Il grande sconvolgimento della vita quotidiana degli uomini, che nella città - per l'Antichità centro della vita sociale e culturale per eccellenza - sopprime il teatro, il circo, lo stadio e le terme, ossia gli spazi di socialità e cultura che a vario titolo esaltano o utilizzano il corpo, rappresenta la sconfitta dottrinale del corporale.[30]»

Da questo disprezzo per il corpo nasce quello per il sesso e per la donna il cui corpo diviene, da Eva alla strega, il luogo preferito del demonio.

L'ambiente[modifica | modifica wikitesto]

L'ambiente medievale si caratterizza per il contrasto «tra ciò che è costruito, coltivato e abitato (città, castello, villaggio ad un tempo) e ciò che è propriamente selvaggio (mare, foresta, equivalente occidentale del deserto orientale), tra l'universo degli uomini che vivono in comunità e l'universo della solitudine»[31]

La foresta, temuta per la sua impenetrabilità ma che è anche utile all'uomo medievale, è la protagonista dell'immaginario costituito da mostri, da racconti cavallereschi dove s'intrecciano erotismo e avventure: la foresta è la metafora del misterioso onirico medievale, della naturalità, della solitudine.

Il potere[modifica | modifica wikitesto]

Già Bloch aveva trattato questo tema dell'immaginario e del potere e sulla sua traccia si sono mossi alcuni storici tedeschi che hanno studiato la simbologia del potere medievale. Il più noto di questi, Percy Ernst Schramm, ha scritto che «chi voglia occuparsi della storia dello stato medievale deve attenersi alle sue insegne, ai suoi simboli, deve studiare l'evoluzione dei simboli del dominio»[32]

La storia della regalità come in genere quella del potere dimostra come questo ha la necessità di farsi visibile ed è particolare merito della storia della mentalità aver messo in luce il significato di questi simboli, fino ad allora considerati superflui o aggiuntivi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il Sabatini Colletti dizionario della lingua italiana alla voce "Mentalità"
  2. ^ Vocabolario Treccani alla voce corrispondente
  3. ^ Eugenio Garin, La filosofia come sapere storico: con un saggio autobiografico, Laterza, 1990 p.61
  4. ^ H.Berr, Revenue de synthèse historique, t.50, p. 19.
  5. ^ L.Febvre: Deux amis géographes, in Annales d’histoire sociale, III, 1941.
  6. ^ M.Bloch: Apologie pour l’histoire ou métier d’historien, Armand Collin, 1997 p.96
  7. ^ Jacques Le Goff, Storia delle IDEE in Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)
  8. ^ J. Le Goff, Le mentalità: una storia ambigua, in AA.VV., Fare storia. Temi e metodi della nuova storiografia, a cura di J. Le Goff e P. Nora, trad. di I. Mariani, Einaudi, Torino, 1984
  9. ^ Elogium di Jacques Le Goffdi Francesco Pitocco
  10. ^ Nella cosiddetta storia culturale ci «si propone di offrire una piccola storia della "storia culturale", ritagliando lo spazio che le è proprio all’interno di una storia totale e configurandone le peculiari caratteristiche rispetto alla storia sociale, religiosa, economica, politica, ecc.» (Treccani scuola Archiviato l'11 ottobre 2014 in Internet Archive.)
  11. ^ Lévy-Bruhl, La mentalità primitiva (1922), Einaudi Torino, 1966
  12. ^ M. Bloch, Les rois thaumaturges (1924)
  13. ^ L.Febvre, Le problème de l'incroyance au xvie siècle (1952)
  14. ^ J. Huizinga, L'autunno del Medio Evo (1921), Sansoni, Firenze 1966
  15. ^ J. Michelet, La strega, Einaudi, Torino 1980
  16. ^ M. Bloch, I re taumaturghi, Studi sul carattere soprannaturale attribuito alla potenza dei re particolarmente in Francia e in Inghilterra (1924), Einaudi , Torino, 1973, p.339
  17. ^ M. Bloch, op.cit. p.35
  18. ^ J. G. Frazer, Il ramo d'oro. Studio sulla magia e la religione (1922), 3 voll., Boringhieri, Torino, 1965, pp.143-144
  19. ^ L. Febvre, Filippo II e la Franca Contea. La lotta fra nobiltà e borghesia nell'Europa del Cinquecento, Biblioteca Adelphi, 1979
  20. ^ L. Febvre, Amor sacro, amor profano : Margherita di Navarra, un caso di psicologia nel '500, Cappelli, 1980
  21. ^ Di L.Febvre su questi temi:
    • Au coeur religieux du XVIe siecle, Paris, 1968
    • Il problema dell'incredulità nel secolo XVI. La religione di Rabelais, Einaudi Torino 1978
    • Amor sacro, amor profano, Cappelli, Bologna 1980
    • Storia e psicologia (saggio), 1936
    • Come ricostruire la vita affettiva di un tempo (saggio), 1941
  22. ^ L. Febvre, Le problème de l'incroyance au xvie siècle: la religion de Rabelais, Paris, Albin Michel, p.15
  23. ^ J. Huizinga, 1919, Herfsttij der Middeleeuwen, Haarlem, Tjeenk Willink; trad. it. 1968, Autunno del medioevo, Firenze, Sansoni
  24. ^ L. Febvre, Storia e psicologia, Einaudi, Torino pp.108-121
  25. ^ C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi, Einaudi, Torino, 1976 pp.XXII-XXIII
  26. ^ S. Boesch Gajano, nell'introduzione a Agiografia altomedievale, Il Mulino, Bologna, 1976 pp.37-40
  27. ^ Oltre a M. Bloch e Le Goff particolarmente interessati a questi temi si possono elencare gli studiosi italiani come Franco Cardini (Magia, stregoneria, superstizioni nell'Occidente medievale, La Nuova Italia Firenze, 1979 - I giorni del sacro. Il libro delle feste, Editoriale nuova, Milano 1983) e Chiara Frugoni (Una lontana città, Einaudi, Torino 1983)
  28. ^ J. Le Goff, Le mentalità: una storia ambigua, op.cit. p.249
  29. ^ J. Le Goff, Il meraviglioso e il quotidiano nell'occidente medievale, Laterza, Roma-Bari 1983, passim
  30. ^ J. Le Goff, Il meraviglioso... ,op.cit. p. 47
  31. ^ J. Le Goff, Il meraviglioso..., op.cit. p.43-44
  32. ^ P. E. Schramm, I problemi comuni dell'Europa post-carolingia, atti della II Settimana del Centro italiano di Studi sull'Alto Medioevo, Spoleto 1955. Anche: Simboli e simbologia nell'Alto Medioevo, Spoleto 1975 (XXIII Settimana)

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ph. Ariès, 1978, “L'histoire des mentalités”, in J. Le Goff, J. Revel, R. Chartier, in La nouvelle histoire, Paris, CEPL, pp. 402–423; trad. it. 1980, “La storia delle mentalità”, in J. Le Goff, La nuova storia, Milano, Mondadori, pp. 141–166.
  • M. Bloch, 1924, Les rois thaumaturges. Etude sur le caractere surnaturel attribue à la puissance royale particulierement en France et en Angleterre, Strasbourg, Librairie Istra; trad. it. 1989, I re taumaturghi, Torino, Einaudi.
  • A.Burguière, 1983, La notion de mentalité chez Marc Bloch et Lucien Febvre. Deux conceptions, deux filiations, Revue de Synthèse, pp. 333–348.
  • R. Chartier, 1983, Histoire intellectuelle et histoire des mentalités. Trajectoires et questions, Revue de Synthèse, pp. 277–308.
  • R. Chartier, 1992, Idées (histoire des) in A. Burguiére, a cura, Dictionnaire des sciences historiques, Paris, PUF, 1986; trad. it. Idee (storia delle), in F. Pierini, Dizionario di Scienze Storiche, Milano, Edizioni Paoline, pp. 355–361.
  • R. Darnton, 1980, Intellectual and Cultural History, in M. Kammen, The Past Before Us, Ithaca, Cornell UP, pp. 327–354.
  • R. Darnton, 1990, The kiss of Lamourette, New York, Norton; trad. it. 1994, Il bacio di Lamourette, Milano, Adelphi.
  • G. Duby, 1961, L'histoire des mentalités, in G. Samaran, L'histoire et ses methodes, Paris, Gallimard, pp. 937–966.
  • L. Febvre, 1941, Comment reconstituer la vie affective d'autrefois? La sensibilité et l'histoire, Annales d'histoire sociale, n. 3, pp. 5–20; trad. it. 1976, Come ricostruire la vita affettiva di un tempo? La sensibilità e la storia, Problemi di metodo storico, Torino, Einaudi, pp. 121–138.
  • L. Febvre, 1952, Le problème de l'incroyance au xvie siècle: la religion de Rabelais, Paris, Albin Michel; trad. it. 1978, Il problema dell'incredulità nel secolo XVI, Torino, Einaudi.
  • J. Huizinga, 1919, Herfsttij der Middeleeuwen, Haarlem, Tjeenk Willink; trad. it. 1968, Autunno del medioevo, Firenze, Sansoni.
  • E.Kantorowicz, 1957, The King's Two Bodies, Princeton University Press, trad. it. 1989, I due corpi del re, Torino, Einaudi.
  • J. Le Goff, 1974, Les mentalités. Une histoire ambiguë, in J. Le Goff, P. Nora, Faire de l'histoire, Paris, Gallimard, pp. 76–94; trad. it. 1981, Le mentalità. Una storia ambigua, in Fare Storia. Temi e metodi della nuova storiografia, Torino, Einaudi, pp. 239–258.
  • P.L. Orsi, 1983, La storia delle mentalità in Bloch e Febvre, Rivista di storia contemporanea, n. 3, pp. 370–395.
  • J. Revel, 1992, Mentalités, in A. Burguiére, a cura, Dictionnaire des sciences historiques, Paris, PUF, 1986, pp. 45-456; trad. it. Mentalità in F. Pierini, Dizionario di Scienze Storiche, Milano, Edizioni Paoline, pp. 507-514.
  • B.H. Rosenwein, Worrying about Emotions in History, in The American Historical Review, CVII/3 (2001), pp. 821–845.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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