Panem et circenses: differenze tra le versioni

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L'espressione ''Panem et Circenses'' alludeva ad un meccanismo di potere influentissimo sul popolo romano, era la formula del benessere popolare e quindi politico; un vero bozzo/strumento in mano al potere per far cessare i malumori delle masse, che con il tempo ebbero voce proprio nei luoghi dello spettacolo. Questa locuzione ("Panem et Circenses") viene anche usata per indicare il modo di parlare nell'età romana.
L'espressione ''Panem et Circenses'' alludeva ad un meccanismo di potere influentissimo sul popolo romano, era la formula del benessere popolare e quindi politico; un vero bozzo/strumento in mano al potere per far cessare i malumori delle masse, che con il tempo ebbero voce proprio nei luoghi dello spettacolo. Questa locuzione ("Panem et Circenses") viene anche usata per indicare il modo di parlare nell'età romana.

La locuzione latina non indica un rifiuto per l'attività fisica o agonistica in favore di un impegno ''esclusivamente'' intellettuale del proprio tempo di ''[[otium]]'': nella lettura, nella politica, nella filosofia. <br/>
Sempre nelle Satire Libro X, Giovenale ribadisce l'esigenza di mantenere un ''equilibrio'' nella cura dell'anima e del corpo.

{{Vedi anche|Mens sana in corpore sano}}


== Note ==
== Note ==

Versione delle 11:33, 12 ott 2016

Panem et circenses (letteralmente «pane e [giochi] circensi»)[1] è una locuzione latina piuttosto nota e spesso citata, usata nell'antica Roma e al giorno d'oggi per indicare in sintesi le aspirazioni della plebe (nella Roma di età imperiale) o della piccola borghesia, o d'altro canto in riferimento a metodi politici bassamente demagogici.

Contrariamente a quanto generalmente ritenuto, questa frase non è frutto della fantasia popolare, ma è da attribuirsi al poeta latino Giovenale:

(LA)

«[...] [populus] duas tantum res anxius optat
panem et circenses»

(IT)

«[...] [il popolo] due sole cose ansiosamente desidera
pane e i giochi circensi»

Storia

Giovenale, grande autore satirico, amava descrivere l'ambiente in cui viveva, in un'epoca nella quale chi governava si assicurava il consenso popolare con regolari distribuzioni di grano (panem), a volte integrate con elargizioni economiche a cui avevano diritto circa 200.000 cittadini di Roma e con l'organizzare diversi grandiosi spettacoli pubblici (circenses) quali le tremende lotte dei gladiatori e i crudeli combattimenti con animali e soprattutto le corse dei carri tirati da cavalli che si svolgevano in apposite gigantesche strutture come il Circo Massimo e il Colosseo [3].

La pratica di distribuire grano gratuitamente o a prezzi inferiori a quelli di mercato (frumentationes) era iniziata ai tempi della Repubblica regolata dalle lex frumentaria. Anche nei periodi successivi elargizioni di cibo furono fatte da magistrati o da chi volesse fare carriera politica curando in particolare gli spettacoli. Marco Terenzio Varrone Lucullo nel 79 a.C. da semplice edile curò giochi sfarzosi e sei anni dopo fu il presentatore di una generosa lex frumentaria.

Sotto l'Impero Roma giunse ad importare 3,5 milioni di quintali di frumento, per l'epoca quantità impegnativa. Si potrebbe sostenere che l'organizzazione politica dell'Impero fu modulata sulle due esigenze di rifornire di frumento la capitale e le legioni di stanza ai confini. L'immensa quantità del frumento importato da Roma proveniva da più province, Sicilia, Sardegna, province asiatiche e africane, ma il perno dell'approvvigionamento era l'Egitto, che soddisfaceva oltre metà del fabbisogno. Anche quando il trasporto era affidato a imprenditori privati, solo il controllo statale (guerra ai pirati, organizzazione dei siti di sbarco e stoccaggio ecc.) poteva permettere un tale risultato.

Per estensione, la locuzione è stata poi usata, soprattutto in funzione critica, per definire l'azione politica di singoli o gruppi di potere volta ad attrarre e mantenere il consenso popolare mediante l'organizzazione di spettacoli e attività ludiche collettive come le terme, o ancor più specificatamente a distogliere l'attenzione dei cittadini dalla vita politica, in modo da lasciarla alle élite. Con intenzione simile, si è usata l'espressione Feste, farina e forca per definire la vita nella Napoli del periodo borbonico, in cui all'uso di feste pubbliche e di distribuzioni di pane si accompagnava la pratica di numerose impiccagioni pubbliche come dimostrazione della capacità del potere politico di assicurare il mantenimento della legalità.

L'espressione Panem et Circenses alludeva ad un meccanismo di potere influentissimo sul popolo romano, era la formula del benessere popolare e quindi politico; un vero bozzo/strumento in mano al potere per far cessare i malumori delle masse, che con il tempo ebbero voce proprio nei luoghi dello spettacolo. Questa locuzione ("Panem et Circenses") viene anche usata per indicare il modo di parlare nell'età romana.

La locuzione latina non indica un rifiuto per l'attività fisica o agonistica in favore di un impegno esclusivamente intellettuale del proprio tempo di otium: nella lettura, nella politica, nella filosofia.
Sempre nelle Satire Libro X, Giovenale ribadisce l'esigenza di mantenere un equilibrio nella cura dell'anima e del corpo.

Lo stesso argomento in dettaglio: Mens sana in corpore sano.

Note

  1. ^ Cfr. voce in Treccani.it.
  2. ^ X, 81.
  3. ^ Carl W.Weber | Panem et cicenses ,la politica del divertimento di massa nell'Antica Roma |Garzanti |1986

Voci correlate