Aurora (divinità): differenze tra le versioni
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* [[Ovidio]], ''[[Fasti (Ovidio)|Fasti]]'' I, 461; III, 403; VI, 473. |
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* [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]], ''[[Eneide]]'', IV, 7, 585 e IX, 459-460 |
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* [[Giacomo Leopardi]], ''[[Ad Angelo Mai]] |
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Versione delle 11:03, 24 gen 2013
Nella mitologia romana, Aurora è la dea dell'aurora. Il suo mito è parallelo a quello della dea greca Eos e della divinita vedica Uṣas.
La dea Aurora si rinnova ogni mattina all'alba e vola attraverso il cielo, annunciando l'arrivo della mattina. È figlia del Titano Iperione e i suoi fratelli sono il sole e la luna. Inoltre ha molti mariti e quattro figli, i venti: del nord (Borea), dell'est (Euro), dell'ovest (Zefiro) e del sud (Noto). Uno dei mariti è il vecchio Titone, uomo per il quale la dea aveva ottenuto da Giove l'immortalità, ma, per un errore nella richiesta, non la perenne giovinezza. Più tardi, a Roma, il suo culto viene associato a Matuta nella divinità di Mater Matuta.
Dante Alighieri la nomina nel Purgatorio nel canto II, 9 e nel canto IX, 1 dove è citata come "la concubina di Titone antico".
Bibliografia
- Ovidio, Fasti I, 461; III, 403; VI, 473.
- Virgilio, Eneide, IV, 7, 585 e IX, 459-460
- Giacomo Leopardi, Canti
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