Corte d'Appello di Altamura: differenze tra le versioni

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Altri elementi di novità introdotti dai due napoleonidi furono l'introduzione della [[Corte di Cassazione]], la quale poteva esprimere giudizi di sola legittimità e non di merito e pose un "freno all'arbitrio delle magistrature inferiori, soprattutto in materia penale, dove non mancano casi di corruzione soprattutto nelle province. La previsione di questo nuovo organo [...] spezzava il sistema della doppia conforme del [[Sacro Regio Consiglio]] [...] con l'effetto di pregiudicare gli interessi degli avvocati [...]" (la decisione definitiva di merito poteva essere fornita solo dalle corti d'appello). I professionisti del diritto del periodo interpretarono la Cassazione come un "indigesto controllo sulla legalità e sull'operato dei tribunali di merito".<ref>{{Cita|Vinci|pagg. 37-39}}</ref> Altri elementi introdotti furono il controllo dei tribunali sparsi per il regno di Napoli attraverso la rete delle procure, controllata direttamente dal Ministro della giustizia.<ref>{{Cita|Vinci|pagg. 41 e succ.}}</ref>
Altri elementi di novità introdotti dai due napoleonidi furono l'introduzione della [[Corte di Cassazione]], la quale poteva esprimere giudizi di sola legittimità e non di merito e pose un "freno all'arbitrio delle magistrature inferiori, soprattutto in materia penale, dove non mancano casi di corruzione soprattutto nelle province. La previsione di questo nuovo organo [...] spezzava il sistema della doppia conforme del [[Sacro Regio Consiglio]] [...] con l'effetto di pregiudicare gli interessi degli avvocati [...]" (la decisione definitiva di merito poteva essere fornita solo dalle corti d'appello). I professionisti del diritto del periodo interpretarono la Cassazione come un "indigesto controllo sulla legalità e sull'operato dei tribunali di merito".<ref>{{Cita|Vinci|pagg. 37-39}}</ref> Altri elementi introdotti furono il controllo dei tribunali sparsi per il regno di Napoli attraverso la rete delle procure, controllata direttamente dal Ministro della giustizia.<ref>{{Cita|Vinci|pagg. 41 e succ.}}</ref>


== La corte d'appello ==
== La Corte d'appello ==
La Corte d'Appello di Altamura fu istituita con il decreto di re [[Giuseppe Bonaparte]] datato 20 maggio 1808; il re preferì [[Altamura]] a [[Trani]] non perché Trani non fosse all'altezza ma soprattutto per la sua fedeltà alla Repubblica durante la Rivoluzione di Altamura (1799), laddove Trani si era invece dichiarata fedele ai Borboni e aveva ostacolato l'esercito francese.<ref>{{Cita|Ventricelli|pagg. 56-57}}</ref>
La Corte d'Appello di Altamura fu istituita con il decreto di re [[Giuseppe Bonaparte]] datato 20 maggio 1808; il re preferì [[Altamura]] a [[Trani]] non perché Trani non fosse all'altezza ma soprattutto per la sua fedeltà alla Repubblica durante la Rivoluzione di Altamura (1799), laddove Trani si era invece dichiarata fedele ai Borboni e aveva ostacolato l'esercito francese.<ref>{{Cita|Ventricelli|pagg. 56-57}}</ref>



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Il Palazzo Viti, sede della Corte d'appello di Altamura (1808-1817)

La Corte d'Appello di Altamura è stata un tribunale di seconda istanza del Regno di Napoli situato nella città di Altamura, in Puglia. Fu istituito nel 1808 dal re di Napoli Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, e rimase in funzione fino al 1817, allorché re Ferdinando I delle Due Sicilie, ritornato da pochi anni sul trono, decretò lo spostamento della sede della corte d'appello a Trani (in tale occasione, le corti d'appello furono rinominate "Gran Corti Civili").[1][2]

Il contesto storico

Con il susseguirsi dei sovrani napoleonidi Giuseppe Bonaparte (1806-1808) e Gioacchino Murat (1808-1815) al Regno di Napoli, ci fu un'ampia opera di riforma nel campo della giustizia. La riforma della giustizia, attuata in Francia dall'imperatore Napoleone Bonaparte e la promulgazione del Codice civile napoleonico furono infatti replicate per volere dell'imperatore stesso negli altri regni dell'Impero napoleonico, con a capo i parenti stretti di Napoleone.

Anche il Regno di Napoli con a capo il re Giuseppe Bonaparte seguì quest'opera di riforma della giustizia, proibendo il vecchio diritto, fatto di una mescolanza di "consuetini, diritto locale e diritto romano".[3] Il giudice poteva infatti scegliere quale tra i molti diritti utilizzare e dare ragione il più delle volte alla parte più potente. Lo scienziato Luca de Samuele Cagnazzi (1764-1852) narra riguardo la giustizia ai tempi dei Borboni:

«Lo stato [...] mostruoso e deplorabile in cui era il foro Napoletano non poté sfuggire alle sue viste. La procedura civile, che vigoriva, cagionava de' disordini i più potenti. Essa era un impasto delle antiche formole romane colla procedura canonica, poste in uso durante il governo degli Angioini, in cui colla veste dell'ipocrisia si autorizzavano tutte le oppressioni, onde era diretta ad eternare le liti e con ciò stancare e debilitare i deboli a proseguire, e dar campo ai potenti di sostenersi nelle ingiuste intraprese. Questo inconveniente suggeriva ben spesso l'espediente di prescegliere la via di fatto più tosto, che adire i tribunali. Cercò esso sovrano [Carlo III di Borbone] troncare all'ingrosso tali abusi colla prammatica dell'anno 1738. L'arbitrio de' giudici inoltre era divenuto tale, che nelle sentenza si esprimeva , come in Oriente, la sola decisione, senza alcun ragionamento sulle circostanze de' fatti e senza menzionarsi le leggi, su cui essa decisione si poggiava.»

I lavori per la traduzione e successiva applicazione del Codice civile napoleonico cominciarono già con Giuseppe Bonaparte il quale incaricò il giurista calabrese Giuseppe Raffaelli di tradurlo. L'opera di traduzione non fu completata in tempo per la partenza di Giuseppe Bonaparte in Spagna (1808) e pertanto la questione passò al suo successore Gioacchino Murat. Egli fu chiamato già nei primi mesi a promulgare il Codice civile napoleonico, anche se sembrò più idoneo adattarlo ai sudditi del Regno di Napoli; alcuni contenuti nel codice, come ad esempio l'istituzione del divorzio, avrebbero infatti creato sconcerto all'interno sia del clero che della stessa popolazione e cagionare persino delle rivolte. L'imperatore Napoleone Bonaparte chiese esplicitamente a Murat, tra le altre cose, di approvare il Codice civile napoleonico senza apportarvi modifica alcuna e pertanto Murat ordinò di abbandonare il progetto Raffaelli e di approvare la traduzione del Codice civile già fatta per il Regno d'Italia napoleonico.[4]

Altri elementi di novità introdotti dai due napoleonidi furono l'introduzione della Corte di Cassazione, la quale poteva esprimere giudizi di sola legittimità e non di merito e pose un "freno all'arbitrio delle magistrature inferiori, soprattutto in materia penale, dove non mancano casi di corruzione soprattutto nelle province. La previsione di questo nuovo organo [...] spezzava il sistema della doppia conforme del Sacro Regio Consiglio [...] con l'effetto di pregiudicare gli interessi degli avvocati [...]" (la decisione definitiva di merito poteva essere fornita solo dalle corti d'appello). I professionisti del diritto del periodo interpretarono la Cassazione come un "indigesto controllo sulla legalità e sull'operato dei tribunali di merito".[5] Altri elementi introdotti furono il controllo dei tribunali sparsi per il regno di Napoli attraverso la rete delle procure, controllata direttamente dal Ministro della giustizia.[6]

La Corte d'appello

La Corte d'Appello di Altamura fu istituita con il decreto di re Giuseppe Bonaparte datato 20 maggio 1808; il re preferì Altamura a Trani non perché Trani non fosse all'altezza ma soprattutto per la sua fedeltà alla Repubblica durante la Rivoluzione di Altamura (1799), laddove Trani si era invece dichiarata fedele ai Borboni e aveva ostacolato l'esercito francese.[7]

L'istituzione delle poche corti d'appello del regno richiedeva risorse finanziarie per il suo funzionamento e, a tale scopo, furono aumentati alcuni particolari dazi. Lo stesso scienziato Luca de Samuele Cagnazzi contribuì con 7000 ducati per il funzionamento del Tribunale. Il 2 novembre 1808, Cagnazzi e Pasquale Sabini si recarono inoltre da re Gioachino Murat e lo stesso re affermò: "Se non avessi fatto il Tribunale d'Appello di Altamura, io tornerei a fare lo stesso mille volte".[8]

L'amministrazione della giustizia voluta da re Giuseppe Bonaparte era ripartita in tribunali di prima istanza, tribunali criminali e corti d'appello e la Gran Corte di Cassazione. Ognuna delle dodici province del regno, tra le quali ricordiamo Terra di Lavoro (Napoli) e Terra di Bari,[9] aveva un tribunale di prima istanza e in totale erano 14.

Molto più diradate erano invece le corti d'appello, che erano invece solo quattro:[10]

La Corte d'Appello di Altamura serviva un territorio estremamente ampio e mai più in Puglia si verificò che una corte d'appello servisse un territorio così ampio.[11] Con il ritorno di Ferdinando I delle Due Sicilie al trono (1815) le cose cambiarono anche per la Corte d'Appello di Altamura e "nella nuova ripartizione non se ne fece più cenno". Fu dismessa definitivamente il 7 giugno 1817. I magistrati e gli altri funzionari seguirono varie sorti; alcuni furono allontanati perché invisi ai Borboni, mentre altri furono trasferiti a Trani. Tra questi si ricorda Francesco Maria Bovio, nipote del filosofo Giovanni Bovio il quale nacque proprio a Trani.[12]

L'Archivio di Stato di Bari è una preziosa risorsa di documenti relativi oppure prodotti all'interno della Corte d'Appello di Altamura.[13]

Cariche della Corte

  • Vincenzo Sanseverino - Presidente[14]
  • Costantino Grimaldi - Presidente
  • Girolamo Ambrosi - Presidente
  • Vincenzo De Stefano - Capo della Procura Generale
  • Decio Coletti - Sostituto del Capo della Procura Generale

Procuratori

La Corte d'appello di Altamura ebbe ventiquattro procuratori, tra i quali si ricordano:[15]

  • Ascanio Turco - Con la restaurazione e il ritorno dei Borboni fu costretto a lasciare Altamura, dal momento che era il nipote della "zia monaca Turco", torturata e uccisa dai calabresi nei pressi di Porta Matera durante la Rivoluzione di Altamura;[16]
  • Francesco Maria Bovio
  • Francesco Lupoli
  • Ippolito Cagnazzi
  • Vincenzo Tarantino
  • Giuseppe Pepe

Il convegno del 2019

Bibliografia

  • Francesco Mastroberti, Il Codice napoleonico nel Regno di Napoli durante il Decennio francese, in La Cattedrale e l'Imperatore - Re Giuseppe Napoleone Bonaparte e la Corte d'appello di Altamura - Atti del convegno internazionale tenutosi in data 9 novembre 2019 ad Altamura, vol. 6, Studio Stampa, di Nicola Schiraldi, per conto dell'Associazione "Club Federiciano", 2019, pp. 36-48.
  • Stefano Vinci, La riforma della giustiza nel Regno di Napoli durante il Decennio francese, in La Cattedrale e l'Imperatore - Re Giuseppe Napoleone Bonaparte e la Corte d'appello di Altamura - Atti del convegno internazionale tenutosi in data 9 novembre 2019 ad Altamura, vol. 6, Studio Stampa, di Nicola Schiraldi, per conto dell'Associazione "Club Federiciano", 2019, pp. 36-48.
  • Michele Ventricelli, La Corte d'appello di Altamura e il nuovo diritto, in La Cattedrale e l'Imperatore - Re Giuseppe Napoleone Bonaparte e la Corte d'appello di Altamura - Atti del convegno internazionale tenutosi in data 9 novembre 2019 ad Altamura, vol. 6, Studio Stampa di Nicola Schiraldi, per conto dell'Associazione "Club Federiciano", 2019, pp. 50-60.
  • Giuseppe De Napoli, La Corte d'appello di Altamura e il primo centenario dell'abolizione, Roma, Coop. Tip. Centrale, 1818.[17]
  • Carlo Giancaspro, La Corte d'appello di Altamura (manoscritto inedito conservito presso l'Archivio Biblioteca Museo Civico).
  • Franco Martino, Le Corti d'appello di Altamura-Trani-Bari. L'ordinamento giudiziario nell'Ottocento in Puglia, Bari, Levante Editore.
  • Francesco Mastroberti, Costituzioni e costituzionalismo tra Francia e Regno di Napoli (1786-1815), Bari, Cacucci Editore.
  • Processo verbale dell'installazione del Tribunale d'Appello risedente in Altamura, in Atti giurisdizionali della Corte d'Appello di Altamura, vol. I - Archivio di Stato di Bari.
  • Gennaro Serena di Lapigio, La fiera, l'Epico maggio, La Corte d'appello e un alto musicista altamurano, Napoli, ITEA, 1937.
  • Vincenzo Vicenti, La Corte d'appello di Altamura 1809-1817 (conservato presso l'Archivio Biblioteca Museo Civico).
  • Vincenzo Vicenti, Quello che Altamura ha perduto (inedito, conservato presso l'Archivio Biblioteca Museo Civico).
  • Vincenzo Vicenti, Medaglioni altamurani del 1799, a cura di Arcangela Vicenti e Giuseppe Pupillo, Cassano Murge, Messaggi, 1998.
  • Saggio sulla popolazione del Regno di Puglia ne' passati tempi e nel presente, Napoli, Tipografia Angelo Trani (vol. 1), Tipografia della Società Filomatica (vol. 2), 1820 (vol. 1), 1839 (vol. 2), pp. 294-295.

Note

  1. ^ https://www.uniba.it/elenco-siti-tematici/altri-siti-tematici/ius-regni/fonti/giurisprudenza/gran-corte-civile-di-trani-1
  2. ^ http://www.ordineavvocati.bari.it/default.asp?idlingua=1&idContenuto=72
  3. ^ Mastroberti, pag. 25
  4. ^ Quattro note di Napoleone a Murat, datate 25 dicembre 1808 e fatte pervenire attraverso l'ambasciatore d'Aubusson; cfr. Mastroberti, pagg. 26-29
  5. ^ Vinci, pagg. 37-39
  6. ^ Vinci, pagg. 41 e succ.
  7. ^ Ventricelli, pagg. 56-57
  8. ^ Ventricelli, pag. 58
  9. ^ Ventricelli, pag. 53
  10. ^ Ventricelli, pag. 56
  11. ^ Ventricelli, pag. 56
  12. ^ Ventricelli, pag. 59
  13. ^ http://www.maas.ccr.it/PDF/Bari.pdf
  14. ^ Ventricelli, pagg. 56-57
  15. ^ Ventricelli, pagg. 56-57
  16. ^ Ventricelli, pag. 59
  17. ^ Ventricelli, pag. 60

Voci correlate