Referente: differenze tra le versioni

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In [[linguistica]], è detto "'''referente'''" l'entità, la realtà o la situazione extralinguistica cui fa riferimento (tramite [[designazione]]) un [[segno]] linguistico.<ref name=beccaria636>{{cita|Beccaria|Lemma ''referente''}}.</ref><ref>Lemma ''[https://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=referente referente]'', dizionario Garzanti.</ref>
In [[linguistica]], è detto "'''referente'''" l'entità, la realtà o la situazione extralinguistica cui fa riferimento (tramite [[designazione]]) un [[segno]] linguistico.<ref name=beccaria636>{{cita|Beccaria|Lemma ''referente''}}.</ref><ref>Lemma ''[https://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=referente referente]'', dizionario Garzanti.</ref>


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==Instaurazione del referente==
==Instaurazione del referente==
[[File:Ogden_semiotic_triangle.png|thumb|Nel [[triangolo semiotico]] di Ogden e Richards, il rapporto tra [[significante]] (''symbol'') e referente (''referent'') è mediato dal [[significato]] (''thought'')]]

Per l'analisi linguistica non è centrale il problema se esista un referente come il [[centauro]] o l'[[unicorno]]. Essa è piuttosto interessata alle condizioni di esistenza di un referente [[Testo|testuale]] (o "referente di discorso", ''discourse referent''<ref>Si veda il saggio di [[Lauri Karttunen]] ''Discourse Referents'', International Conference on Computational Linguistics, Sånga-Säby, Stoccolma, 1969.</ref>) e alla creazione di un [[universo del discorso]]. Si intende per "referente testuale" una entità che è stata già evocata all'interno di un testo e che può essere ripreso [[Anafora (linguistica)|anaforicamente]]. Il referente testuale, nel momento in cui viene evocato, si aggiunge a quelli già presenti nell'universo del discorso.<ref name=beccaria636/> Il linguista [[Lauri Karttunen]] ha osservato che un [[sintagma nominale]] [[Definitezza|indefinito]] instaura un referente solo a condizione che non sia presente nel [[predicato (linguistica)|predicato]] che domina il sintagma un verbo che neghi l'esistenza del referente (ad esempio, ''avere l'intenzione'', ''fingere di'', ''dimenticare'' ecc.).<ref name=beccaria636/><ref name=bersani>Gabriele Bersani Berselli, «Referenti testuali, specificità e disambiguazione», in Gunver Skytte e [[Francesco Sabatini]] (a cura di), ''[https://books.google.it/books?id=0zV40UJydDIC&pg=PA361 Linguistica testuale comparativa, In memoriam Maria-Elisabeth Conte]'', Atti del Convegno interannuale della [[Società di Linguistica Italiana]], Copenhagen, 5-7 febbraio 1998, Museum Tusculanum Press, Copenhagen, 1999, pp. 361 sgg.</ref> E ancora, appunto in riferimento all'anafora:
Per l'analisi linguistica non è centrale il problema se esista un referente come il [[centauro]] o l'[[unicorno]]. Essa è piuttosto interessata alle condizioni di esistenza di un referente [[Testo|testuale]] (o "referente di discorso", ''discourse referent''<ref>Si veda il saggio di [[Lauri Karttunen]] ''Discourse Referents'', International Conference on Computational Linguistics, Sånga-Säby, Stoccolma, 1969.</ref>) e alla creazione di un [[universo del discorso]]. Si intende per "referente testuale" una entità che è stata già evocata all'interno di un testo e che può essere ripreso [[Anafora (linguistica)|anaforicamente]]. Il referente testuale, nel momento in cui viene evocato, si aggiunge a quelli già presenti nell'universo del discorso.<ref name=beccaria636/> Il linguista [[Lauri Karttunen]] ha osservato che un [[sintagma nominale]] [[Definitezza|indefinito]] instaura un referente solo a condizione che non sia presente nel [[predicato (linguistica)|predicato]] che domina il sintagma un verbo che neghi l'esistenza del referente (ad esempio, ''avere l'intenzione'', ''fingere di'', ''dimenticare'' ecc.).<ref name=beccaria636/><ref name=bersani>Gabriele Bersani Berselli, «Referenti testuali, specificità e disambiguazione», in Gunver Skytte e [[Francesco Sabatini]] (a cura di), ''[https://books.google.it/books?id=0zV40UJydDIC&pg=PA361 Linguistica testuale comparativa, In memoriam Maria-Elisabeth Conte]'', Atti del Convegno interannuale della [[Società di Linguistica Italiana]], Copenhagen, 5-7 febbraio 1998, Museum Tusculanum Press, Copenhagen, 1999, pp. 361 sgg.</ref> E ancora, appunto in riferimento all'anafora:
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Versione delle 11:19, 16 mag 2020

In linguistica, è detto "referente" l'entità, la realtà o la situazione extralinguistica cui fa riferimento (tramite designazione) un segno linguistico.[1][2]

Il termine referent è utilizzato dal linguista e filosofo Charles Kay Ogden (1889-1957) e dal critico letterario Ivor Armstrong Richards (1893-1979) nell'opera Il significato del significato: studio dell'influsso del linguaggio sul pensiero e della scienza del simbolismo (The Meaning of Meaning: A Study of the Influence of Language upon Thought and of the Science of Symbolism) ed è uno dei vertici del loro triangolo semiotico, insieme a symbol e thought.[3] La tripartizione proposta nel triangolo semiotico arguisce che il rapporto tra significante e il referente è mediato dal significato, che sarebbe la "concettualizzazione di una classe di referenti"[1].

Instaurazione del referente

Nel triangolo semiotico di Ogden e Richards, il rapporto tra significante (symbol) e referente (referent) è mediato dal significato (thought)

Per l'analisi linguistica non è centrale il problema se esista un referente come il centauro o l'unicorno. Essa è piuttosto interessata alle condizioni di esistenza di un referente testuale (o "referente di discorso", discourse referent[4]) e alla creazione di un universo del discorso. Si intende per "referente testuale" una entità che è stata già evocata all'interno di un testo e che può essere ripreso anaforicamente. Il referente testuale, nel momento in cui viene evocato, si aggiunge a quelli già presenti nell'universo del discorso.[1] Il linguista Lauri Karttunen ha osservato che un sintagma nominale indefinito instaura un referente solo a condizione che non sia presente nel predicato che domina il sintagma un verbo che neghi l'esistenza del referente (ad esempio, avere l'intenzione, fingere di, dimenticare ecc.).[1][5] E ancora, appunto in riferimento all'anafora:

«La comparsa di un sintagma nominale indefinito instaura un referente testuale solo nel caso in cui essa giustifica la posteriore ricorrenza nel testo di un pronome coreferenziale[6] o di un sintagma nominale definito.[7]»

Il problema definitorio nasce dunque dal fatto che la ripresa anaforica è possibile anche quando Karttunen esclude l'instaurazione del referente.[5] Così, ad esempio, risulta agrammaticale la frase

Giovanni non ha un gatto ed esso è nero.

ma è invece possibile dire

Giovanni non ha un'automobile, ma presto la comprerà.

o anche

Io non sono un avvocato, ma tu lo sei.

A fronte di queste difficoltà, Karttunen ha avanzato l'idea che alcuni referenti testuali hanno natura provvisoria, "a breve termine", come nel caso di

Giovanni vuole prendere un pesce e cucinarlo con noi.

che, peraltro, non ammetterebbe un seguito come:

Eccolo lì.

Già in Discourse Referents, Karttunen, come accennato, invoca le nozioni di specificità e non-specificità. In questo senso, un sintagma nominale specifico instaura sempre un referente, mentre un sintagma nominale non-specifico instaura un referente solo a certe condizioni.[5] Su questa scorta, il tipo di caso più studiato è quello di strutture ambigue come

Giovanni vuole acquistare un volpino.

Questa frase prevede due interpretazioni distinte e solo in una di queste è instaurato un referente (cioè, un certo volpino).[5]

Iconismo del significante

Le sagome stilizzate dell'uomo e della donna stanno per "WC" e hanno un certo grado di somiglianza con il contenuto.
Nell'immagine a sinistra, la somiglianza tra segno e referente è minima. A destra, nell'ideogramma giapponese che rappresenta la donna, la cultura occidentale non può ravvisare alcuna somiglianza.

Come nell'arte René Magritte ha sfidato l'iconicità del manufatto artistico in La Trahison des images, così il concetto di icona è stato sottoposto a critica da Umberto Eco. Il Gruppo di Liegi, che riprende Eco in questo, discute l'idea che l'icona sia fondata sulla somiglianza tra significante e referente. Così, ad esempio, nel segno che ritrae sagome stilizzate di un uomo e di una donna e che va inteso come WC, il grado di somiglianza con un vero uomo e una vera donna è alquanto limitato: la testa è staccata dal corpo, la sagoma è monocroma, mancano mani e piedi ecc. Nelle altre due immagini, la somiglianza è minima o impossibile da cogliere per chi non proviene dalla cultura giapponese.[8]

Funzione referenziale

Tra le funzioni del linguaggio enucleate dal semiologo russo Roman Jakobson (1896-1982), figura la funzione referenziale, che è incentrata sul referente o sul contesto situazionale.[1]

Note

  1. ^ a b c d e Beccaria, Lemma referente.
  2. ^ Lemma referente, dizionario Garzanti.
  3. ^ Beccaria, Lemma triangolo semiotico.
  4. ^ Si veda il saggio di Lauri Karttunen Discourse Referents, International Conference on Computational Linguistics, Sånga-Säby, Stoccolma, 1969.
  5. ^ a b c d Gabriele Bersani Berselli, «Referenti testuali, specificità e disambiguazione», in Gunver Skytte e Francesco Sabatini (a cura di), Linguistica testuale comparativa, In memoriam Maria-Elisabeth Conte, Atti del Convegno interannuale della Società di Linguistica Italiana, Copenhagen, 5-7 febbraio 1998, Museum Tusculanum Press, Copenhagen, 1999, pp. 361 sgg.
  6. ^ Sono dette "coreferenti" due o più entità linguistiche che designino lo stesso referente (cfr. Beccaria, Lemma referente).
  7. ^ Karttunen, Discourse Referents, citato in Berselli, «Referenti testuali...», cit., p. 361.
  8. ^ Michele Amadò, «"Existe-t-il des signes visuels?"», in L'analisi linguistica e letteraria, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007, pp. 10-11.

Bibliografia

Voci correlate

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