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Il linguista [[Lauri Karttunen]] ha osservato che un [[sintagma nominale]] [[Definitezza|indefinito]] instaura un referente solo a condizione che non sia presente nel [[predicato (linguistica)|predicato]] che domina il sintagma un verbo che neghi l'esistenza del referente (ad esempio, ''avere l'intenzione'', ''fingere di'', ''dimenticare'' ecc.).<ref name=beccaria636/> |
Il linguista [[Lauri Karttunen]] ha osservato che un [[sintagma nominale]] [[Definitezza|indefinito]] instaura un referente solo a condizione che non sia presente nel [[predicato (linguistica)|predicato]] che domina il sintagma un verbo che neghi l'esistenza del referente (ad esempio, ''avere l'intenzione'', ''fingere di'', ''dimenticare'' ecc.).<ref name=beccaria636/> |
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Versione delle 01:01, 21 gen 2020
In linguistica, è detto "referente" l'entità, al realtà o la situazione extralinguistica cui fa riferimento (tramite designazione) un segno linguistico.[1][2]
Il termine referent è utilizzato dal linguista e filosofo Charles Kay Ogden (1889-1957) e dal critico letterario Ivor Armstrong Richards (1893-1979) nell'opera Il significato del significato: studio dell'influsso del linguaggio sul pensiero e della scienza del simbolismo (The Meaning of Meaning: A Study of the Influence of Language upon Thought and of the Science of Symbolism) ed è uno dei vertici del loro triangolo semiotico, insieme a symbol e thought.[3] La tripartizione proposta nel triangolo semiotico arguisce che il rapporto tra significante e il referente è mediato dal significato, che sarebbe la "concettualizzazione di una classe di referenti"[1].
Per l'analisi linguistica non è centrale il problema se esista un referente come il centauro o l'unicorno. Essa è piuttosto interessata alle condizioni di esistenza di un referente testuale e alla creazione di un universo del discorso. Si intende per "referente testuale" una entità che è stata già evocata all'interno di un testo e che può essere ripreso anaforicamente. Il referente testuale, nel momento in cui viene evocato, si aggiunge a quelli già presenti nell'universo del discorso.[1]
Il linguista Lauri Karttunen ha osservato che un sintagma nominale indefinito instaura un referente solo a condizione che non sia presente nel predicato che domina il sintagma un verbo che neghi l'esistenza del referente (ad esempio, avere l'intenzione, fingere di, dimenticare ecc.).[1]
Sono dette "coreferente" due o più entità linguistiche che designino lo stesso referente.[1]
Tra le funzioni del linguaggio enucleate dal semiologo russo Roman Jakobson (1896-1982), figura la funzione referenziale, che è incentrata sul referente o sul contesto situazionale.[1]
Note
Bibliografia
- Gian Luigi Beccaria (a cura di), Dizionario di linguistica, Torino, Einaudi, 2004, ISBN 978-88-06-16942-8.