Samanu (gastronomia)

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Samanu
Origini
Altri nomisamanak, sümelek, sumalak, sumanak, sümölök
Luoghi d'origineBandiera dell'Iran Iran
Bandiera del Tagikistan Tagikistan
Bandiera dell'Afghanistan Afghanistan
Bandiera dell'Uzbekistan Uzbekistan
Bandiera del Kazakistan Kazakistan
Bandiera dell'Azerbaigian Azerbaigian
Bandiera del Kirghizistan Kirghizistan
Bandiera del Turkmenistan Turkmenistan
Diffusionemondiale
Zona di produzioneAsia centrale, Caucaso, Iran
Dettagli
Categoriadolce
Ingredienti principaligrano germogliato, acqua, farina

Il samanu (in persiano سمنو‎, samanu; in azero səməni halvası; in persiano سمنک‎, samanak); in kazako сүмелек?, súmelek;[1] in tagico суманак?, sumanak; in uzbeco сумалак?, sumalak; in kirghiso сүмөлөк?, sümölök) è un pudding a base di grano germogliato tipicamente preparato in occasione della festa del Nawrūz, l'antico capodanno zoroastriano.[2]

Durante questa festa, il samanu fa parte dei sette piatti che compongono l'haft sin (lett. "sette S"), una tavola imbandita con sette pietanze il cui nome inizia con la lettera "s" nelle lingue iraniche.[3] Esso è simbolo di fertilità in quanto rappresenta il grembo di una donna incinta, in particolare quello di Fatima, la figlia di Maometto.[4] Per questa ragione, alcuni ritengono che mangiare questo piatto porti alla liberazione dei peccati.[5]

Preparazione[modifica | modifica wikitesto]

La preparazione del samanu risulta lunga e laboriosa. Il processo dura tre giorni e la cottura oltre 20 ore.[6] Dopo aver lavato il grano in acqua fredda, lo si lascia per tre giorni in ammollo in un piatto non ossidabile, per poi farlo germogliare sotto la luce indiretta del sole. Una volta raccolti i germogli, essi vengono sciacquati e privati del loro succo, che viene fatto bollire a fuoco lento per circa 22-24 ore. Per far sì che il composto non si bruci, esso viene costantemente mescolato. Una volta pronto, il samanu acquisisce un colore marrone e una consistenza densa.[7]

In persiano, l'evento della preparazione del samanu è chiamato mela.[8] Esso è un momento aggregante per le famiglie e per i vicini[7] ed è riservato alle sole donne.[9] Attorno al calderone si raccontano storie, si danza e si canta. Nella pentola vengono inserite sette pietre benedette. Numerose sono le tradizioni e le credenze associate alla fertilità, all'amicizia e alla tolleranza.[10]

Il samanu viene offerto tradizionalmente prima alle donne senza figli, le quali poi condividono il pasto con le altre donne. Un'altra tradizione è quella di creare degli orecchini con l'erba del grano. Le giovani spose portano dei bambini maschi sul grembo in modo da aumentare la loro fertilità, mentre le nubili piantano nuovi alberi assieme alle donne più anziane e pregano le sette stelle affinché abbiano successo nella vita familiare.[10]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (TR) Deniz Karakurt, Turk Soylence Sozlugu, 1º agosto 2011, p. 326.
  2. ^ (EN) Naomi Duguid, Taste of Persia. A Cook's Travels Through Armenia, Azerbaijan, Georgia, Iran, and Kurdistan, Artisan, 2016, p. 369, ISBN 9781579655488.
  3. ^ (EN) Najmieh Batmanglij, Food of life: ancient Persian and modern Iranian cooking and ceremonies, Washington, Mage Publishers, 2011, p. 565.
  4. ^ (EN) Rose Wellman, Feeding Iran. Shi`i Families and the Making of the Islamic Republic, University of California Press, 2021, p. 115, ISBN 9780520376861.
  5. ^ (EN) USSR Report: Political and Sociological Affairs, in Central Asian Press Surveys, n. 1430, United States Joint Publications Research Service, 19 luglio 1983, p. 48.
  6. ^ (EN) Laura Adams, Everyday life in Central Asia: past and present, Bloomington, Indiana University Press, 2007, p. 202.
  7. ^ a b (EN) Intangible Cultural Heritage of Uzbekistan, 2017, p. 144, ISBN 9789943357464.
  8. ^ (EN) Elisabeth Yarbakhsh, Iranian Hospitality, Afghan Marginality. Spaces of Refuge and Belonging in the City of Shiraz, Lexington Books, 2021, p. 144, ISBN 9781793624758.
  9. ^ (EN) Anna Badkhen, The world is a carpet: four seasons in an Afghan village, New York, Riverhead Books, 2013, p. 74.
  10. ^ a b (EN) Glenn Randall Mack, Food culture in Russia and Central Asia, Westport, Greenwood Press, 2005, p. 168.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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