Ritratto del donatore

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Questa natività del XV secolo di Rogier van der Weyden mostra gli abiti alla moda del donatore integrati nella scena principale, il pannello centrale di un trittico.

Un ritratto del donatore o ritratto votivo è un ritratto, inserito in un dipinto più grande o altro lavoro, che mostra la persona che ha commissionato e pagato l'immagine o un membro della sua famiglia (i donatori erano quasi sempre uomini). Di solito si riferisce al ritratto o ai ritratti dei soli donatori, come una sezione di un'opera più grande, mentre il ritratto votivo spesso può riferirsi a un'intera opera d'arte, ad esempio una Madonna, soprattutto se il donatore è molto importante. I termini non sono molto usati dagli storici dell'arte, come sottolinea Angela Marisol Roberts,[1] e può essere utilizzato anche per i soggetti religiosi più piccoli che erano probabilmente fatti per essere conservati dal committente anziché donati ad una chiesa.

I ritratti del donatore sono molto comuni in opere religiose d'arte, in particolare quadri, del Medioevo e del Rinascimento, dove il donatore è solitamente rappresentato in ginocchio da un lato, nel primo piano dell'immagine. Spesso, anche nel tardo Rinascimento, i ritratti dei donatori, soprattutto quando di un'intera famiglia, erano rappresentati in scala molto più piccola rispetto alle figure principali, in barba alla prospettiva. Dalla metà del XV secolo i donatori cominciarono ad essere mostrati integrati nella scena principale, come spettatori e anche partecipanti.

Collocazione[modifica | modifica wikitesto]

Lato maschile del pannello di Hans Memling, Trittico di Wilhelm Moreel; il padre è sostenuto dal suo santo patrono, con i cinque figli accanto a lui. Il pannello centrale è qui.
Lato femminile del pannello di Memling, Trittico di Wilhelm Moreel, la madre, Barbara Van Hertsvelde è sostenuta dalla sua santa patrona, con le sue undici figlie accanto.[2] Il pannello centrale è qui.

Lo scopo dei ritratti del donatore era quello di commemorare il donatore e la sua famiglia, e soprattutto sollecitare la preghiera dopo la loro morte.[3] La donazione alla Chiesa di edifici, pale d'altare o grandi superfici di vetrate erano spesso accompagnate da un lascito per la celebrazione perpetua di messe di suffragio, e i ritratti delle persone interessate erano ritenuti favorire la preghiera, a loro favore, nel corso dei secoli. L'esposizione dei ritratti in un luogo pubblico era anche l'espressione di uno status sociale; i ritratti dei donatori erano sovrapposti ai monumenti tombali nelle chiese, altro modo di raggiungere tali obiettivi, anche se i ritratti avevano il vantaggio che il donatore poteva vederli nel corso della sua vita. Inoltre, essi, nella pittura precoce dei Paesi Bassi avevano anche lo scopo ulteriore di servire da modello a chi li guardava durante la preghiera e la meditazione emotiva - non per imitare le persone ideali come i santi dipinti, ma per fungere da specchio al destinatario invitandolo a riflettere su se stesso e sul suo status di peccatore, idealmente portandolo ad una conoscenza di se stesso e di Dio.[4] Farlo durante la preghiera era in accordo con i concetti medioevali del fine della preghiera, completamente sviluppato dalla devozione moderna. Questo processo può essere intensificato se chi prega è il donatore stesso.[5]

Quando veniva finanziato un intero edificio (chiesa), veniva inserita una scultura del benefattore sulla facciata o in un altro luogo dell'edificio. La Madonna del cancelliere Rolin di Jan van Eyck è un piccolo dipinto dove il donatore, Nicolas Rolin, divide lo spazio nel dipinto in maniera paritaria con la Madonna e il Bambino, ma Rolin aveva donato un'enorme somma a questa parrocchia, dove il dipinto venne esposto, dipinto che rappresenta la chiesa sopra le mani in preghiera, nel paesaggio urbano dietro di lui.[6]

A volte, come nella Pala di Gand, i donatori venivano mostrati sulle ante mobili di una pala d'altare, o su entrambi i pannelli laterali, come nel Trittico Portinari e nelle pale di Memlings sopra, o semplicemente da un lato, come nel Trittico di Mérode. Se sono su lati diversi, i maschi sono normalmente a sinistra dello spettatore, essendo il collocamento a destra onorifico all'interno dello spazio immagine. Nei gruppi familiari le figure sono di solito divise per sesso. Spesso si trovano anche gruppi di membri delle confraternite, a volte con le loro mogli.[7] Ulteriori membri della famiglia, sopraggiunti da nascite o matrimoni, potevano essere aggiunti in seguito ed i morti potevano essere indicati con l'aggiunta di piccole croci tenute nelle mani giunte.[8]

Almeno nel Nord Italia, oltre alle grandi pale d'altare e agli affreschi di importanti maestri che attirano maggiormente l'attenzione storico-artistica, c'erano un più numeroso gruppo di piccoli affreschi, con un solo santo e donatore, sulle pareti laterali, che erano suscettibili di essere riaffrescate, non appena il numero di candele accese davanti a loro fosse estinto, o un ricco donatore richiedeva lo spazio per un grande affresco del ciclo, come indicato in un racconto del XV secolo in Italia:[9]

(EN)

«And going around with the master mason, examining which figures to leave and which to destroy, the priest spotted a Saint Anthony and said: 'Save this one.' Then he found a figure of Saint Sano and said: 'This one is to be gotten rid of, since as long as I have been the Priest here I have never seen anyone light a candle in front of it, nor has it ever seemed to me useful; therefore, mason, get rid of it.»

(IT)

«E andando in giro con il capomastro, esaminando quali figure lasciare e quali distruggere, il prete vide un Sant'Antonio e disse: "Salva questo." Poi vide una figura di San Sano e disse: "Questo deve essere eliminato, dal momento che da quando sono prete in questa chiesa non ho mai visto nessuno accendere una candela di fronte ad esso, né mi sembrava utile. Pertanto, il muratore si sbarazzò di esso.»

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Milano, affresco del XIII secolo: Madonna col Bambino, sant'Ambrogio e il donatore Bonamico Taverna)

I ritratti dei donatori hanno una storia che continua dalla tarda antichità e il ritratto nel manoscritto del VI secolo, il Codex Aniciae Julianae potrebbe riflettere una lunga tradizione classica, così come i ritratti d'autore trovati nello stesso manoscritto lasciano pensare. Un dipinto, del 528, trovato nelle Catacombe di Commodilla a Roma, mostra una Vergine e il Bambino in trono affiancata da due santi, con Turtura, una donatrice, di fronte alla mano sinistra della santa, che tiene una mano sulla spalla della donatrice; composizioni molto simili sono state prodotte un millennio più tardi.[10] Un'altra tradizione che ha avuto un precedente precristiano erano le immagini di re o imperatori che mostravano i regnanti assieme ad una figura religiosa, di solito Cristo o la Vergine Maria negli esempi cristiani, con figure divine e reali che mostravano comunicare tra di loro in qualche modo. Anche se nessuna di queste opere è sopravvissuta, vi è la prova letteraria di ritratti dei donatori in piccole cappelle dei primi tempi del cristianesimo,[11] probabilmente continuando la tradizione dei templi pagani.

I pannelli di mosaico del VI secolo presenti nella Basilica di San Vitale a Ravenna, raffiguranti l'imperatore Giustiniano I e Teodora con i cortigiani, non sono del tipo che mostra il sovrano ricevere l'approvazione divina, ma ognuno mostra la coppia imperiale in piedi mentre si intrattiene confidevolmente con un gruppo di persone che guardano lo spettatore. La loro dimensione e composizione stabiliscono che si tratta soltanto di particolari di un'immagine molto più grande. Ancora a Ravenna, c'è un piccolo mosaico di Giustiniano, forse in origine di Teodorico il Grande, nella Basilica di Sant'Apollinare Nuovo. Nel primo medioevo, un gruppo di ritratti a mosaico dei Papi di Roma che avevano commissionato la costruzione o ricostruzione delle chiese che li contengono, mostrano figure in piedi che reggono i modelli della costruzione, di solito tra un gruppo di santi. A poco a poco queste tradizioni si fecero strada verso il basso della scala sociale, soprattutto nel manoscritto miniato, dove sono spesso ritratti i proprietari, visto che i manoscritti erano destinati all'uso della persona che li aveva commissionati. Ad esempio, una cappella a Malles in Alto Adige ha due affreschi, di prima dell'881, con figure dei donatori, una laica e l'altra con un chierico con tonsura che regge il modello di un edificio.[12] Nei secoli successivi, vescovi, abati e altri membri del clero furono i donatori più comunemente riportati, oltre a diversi re, e sono rimasti ben visibilmente rappresentati nei periodi successivi.[13]

I ritratti dei donatori di nobili e ricchi uomini d'affari divennero comuni nelle commesse a partire dal XV secolo, quando il ritratto su tavola iniziò ad essere commissionato da questa classe - anche se forse ci sono più ritratti dei donatori in grandi opere provenienti dalle chiese prima del 1450. Un formato olandese molto comune, dalla metà del secolo, fu un piccolo dittico con una Madonna col Bambino, di solito sulla fascia sinistra, e un "donatore" a destra - il donatore era in questi casi il proprietario, in quanto questi dipinti erano normalmente destinati ad essere mantenuti a casa del soggetto. In essi il soggetto del donatore poteva essere inserito in atteggiamento di preghiera,[14] o poteva essere rappresentato in un ritratto puramente profano.[15] Il Dittico Wilton di Riccardo II d'Inghilterra fu un precursore di questi. In alcuni di questi dittici il ritratto del proprietario originale è stato sostituito con quello del successivo.[16]

Una particolare convenzione del manoscritto miniato era il "ritratto di presentazione", ovvero il manoscritto iniziava con una figura, spesso in ginocchio, che offriva il manoscritto al suo proprietario, o, talvolta, il proprietario che commissionava il libro. La persona che porgeva il libro poteva essere un cortigiano che faceva un regalo al suo principe, ma era spesso l'autore o l'amanuense, nel qual caso il destinatario avesse effettivamente pagato il manoscritto.[17]

Iconografia delle figure[modifica | modifica wikitesto]

Crucifissione di Albrecht Altdorfer, c. 1514, con una piccola coppia di donatori ai piedi delle figure principali. Altdorfer è stato uno degli ultimi grandi artisti a mantenere questa convenzione.

Durante il Medioevo le figure dei donatori spesso venivano mostrate in una scala molto più piccola rispetto alle figure sacre; una modifica venne trovata da Dirk Kocks nel XIV secolo, anche se esempi precedenti sono riscontrabili in alcuni manoscritti.[18] Una convenzione successiva fissò le dimensioni a circa tre quarti della dimensione dei personaggi principali. Dal XV secolo, i primitivi fiamminghi come Jan van Eyck integrarono, con diversi gradi di sottigliezza, i ritratti dei donatori nello spazio della scena principale delle pale d'altare, alla stessa scala delle figure principali.

Uno stile simile si trova nella pittura fiorentina dalla stessa epoca, dove nel dipinto di Masaccio, Trinità (1425-1428), sito nella Basilica di Santa Maria Novella, i donatori sono mostrati in ginocchio su un davanzale all'esterno e sotto l'impostazione architettonica principale.[19] Questa innovazione, però, non appare nella pittura veneziana fino alla fine del secolo successivo.[20] Normalmente le figure principali ignoravano la presenza degli intrusi in scene narrative, anche se i santi potevano mettere una mano sulla spalla in un pannello laterale. Ma in soggetti devozionali come ad esempio una Madonna col Bambino, che erano più probabilmente destinati alla casa del donatore, i personaggi principali potevano guardare o benedire il donatore, come mostrato da Memling.

Prima del XV secolo una somiglianza fisica con il donatore poteva non essere spesso tentata, o raggiunta; i soggetti rappresentati potevano spesso non essere disponibili a posare o anche non più in vita.[21] Dalla metà del XV secolo, questo non era più vero e i donatori erano spesso somiglianti in quanto avevano posato per essere accuratamente ritratti, anche se, come nella pittura di Memling sopra, le figlie, in particolare, appaiono spesso come bellezze standardizzate nello stile dell'epoca.[22]

Presentazione di Cristo, ca 1470. Assieme alla Sacra Famiglia, le due eleganti ragazze, e probabilmente il giovane uomo sulla destra, sono i donatori.[23]

Nelle scene narrative, i donatori cominciarono ad essere inseriti tra le figure principali, forse una novità di Rogier van der Weyden, dove spesso potevano essere distinti per il loro abito contemporaneo molto costoso. A Firenze, dove c'era già una tradizione di includere i ritratti dei notabili della città in scene di massa (di cui parla Leon Battista Alberti), la Cappella dei Magi di Benozzo Gozzoli (1459-1461), che certamente era una cappella privata del Palazzo Medici, è dominata dalla processione che contiene più ritratti dei Medici e dei loro alleati di quanti possono ora essere identificati. Nel 1490, quando la grande Cappella Tornabuoni venne completata, con il ciclo di affreschi di Domenico Ghirlandaio, i membri della famiglia e gli alleati politici dei Tornabuoni popolavano diverse scene in numero considerevole, oltre ai ritratti in ginocchio convenzionali di Giovanni Tornabuoni e di sua moglie.[24] In un passaggio spesso citato, John Pope-Hennessy fa la caricatura dei donatori italiani del XVI secolo:[25]

(EN)

«The vogue of the collective portrait grew and grew ... status and portraiture became inextricably entwined, and there was almost nothing patrons would not do to intrude themselves in paintings; they would stone the women taken in adultery, they would clean up after martyrdoms, they would serve at the table at Emmaus or in the Pharisee's house. The elders in the story of Suzannah were some of the few figures respectable Venetians were unwilling to impersonate. ... the only contingency they did not envisage was what actually occurred, that their faces would survive but their names go astray.»

(IT)

«La moda del ritratto collettivo crebbe e crebbe ... lo status e la ritrattistica divennero inestricabilmente intrecciati, e non c'era quasi nessun donatore che non avrebbe voluto farsi inserire nei dipinti; avrebbero lapidato le donne colte in adulterio, avrebbero pulito il luogo del martirio, avrebbero servito al tavolo di Emmaus o in casa del fariseo. Gli anziani nella storia di Susanna erano alcune delle poche figure rispettabili di veneziani che erano restii ad impersonare ... l'unica contingenza che non prevedevano fu ciò che è realmente accaduto, i loro volti sono sopravvissuti ma i loro nomi sono scomparsi.»

In Italia i donatori, o proprietari, sono stati raramente rappresentati alla pari delle grandi figure religiose, ma nelle corti del Nord Europa ci sono molti esempi di ciò nel tardo XV secolo e all'inizio del XVI, per lo più in piccoli pannelli non destinati all'esposizione al pubblico.[8][26] Il più noto di questi è il ritratto della Virgin lactans (o solo lactans) di Agnese Sorel (morta nel 1450), l'amante di Carlo VII di Francia, in un pannello di Jean Fouquet.[27]

Gian Lorenzo Bernini, "Estasi di Santa Teresa", Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Roma.

I ritratti dei donatori nelle opere destinate alle chiese, e un eccesso di elementi araldici, vennero disapprovati da interpreti clericali di vaghi decreti sull'arte del Concilio di Trento, come san Carlo Borromeo,[28] ma sopravvissero nel periodo barocco, e svilupparono un equivalente laico della pittura storica, anche se qui spesso erano le figure principali che avevano le sembianze di chi aveva commissionato l'opera. Un esempio molto tardo del vecchio formato olandese del trittico con i donatori sui pannelli laterali si trova in Rubens Incredulità di san Tommaso del 1613-1615, un tempo in una chiesa sopra la tomba dei donatori e ora nel Museo Reale di Belle Arti di Anversa. Il pannello centrale mostra la Incredulità di Tommaso ("San Tommaso") e l'opera nel suo complesso è ambigua sul fatto che i donatori sono rappresentati occupando lo stesso spazio della scena sacra, con diverse indicazioni in entrambe le direzioni.[29]

Un ulteriore sviluppo profano si trova in ritratto Historie, dove gruppi di soggetti sono ritratti come personaggi storici o mitologici. Uno dei più famosi gruppi di ritratti di donatori barocchi è quello dei membri maschi della famiglia Cornaro, che siedono in scranni come palchi teatrali a entrambi i lati della pala scolpita di Gian Lorenzo Bernini, Estasi di Santa Teresa (1652). Questi derivano da un affresco di Pellegrino Tibaldi di un secolo prima, utilizzando la stessa presunzione.[30]

Sebbene i ritratti dei donatori siano stati relativamente poco studiati come genere distinto, c'è stato più interesse negli ultimi anni, e in Italia si è aperto un dibattito sul loro rapporto con la crescita dell'individualismo nel primo rinascimento, e anche sui cambiamenti nella loro iconografia dopo la peste nera della metà del XIV secolo.[31]

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Roberts, pp. 1–3, 22
  2. ^ James WEALE, Généalogie de la famille Morales, in Le Beffroi, 1864–1865, pp 179–196.
  3. ^ Vedere particolarmente Roberts, 22–24 per una revisione della storiografia come motivazioni dei donatori.
  4. ^ Scheel, Johanna, Das altniederländische Stifterbild. Emotionsstrategien des Sehens und der Selbsterkenntnis, pp. 172–180, 241–249, Gebr. Mann, Berlin, 2013
  5. ^ Scheel, Johanna, Das altniederländische Stifterbild. Emotionsstrategien des Sehens und der Selbsterkenntnis,pp. 317–318, Gebr. Mann, Berlin, 2013
  6. ^ Harbison, Craig, Jan van Eyck, The Play of Realism, pp.112, Reaktion Books, London, 1991, ISBN 0-948462-18-3
  7. ^ In effetti la metà delle 83 immagini veneziani del XIV secolo, in quello che è destinato ad essere un catalogo completo da Roberts, sono di questo tipo di gruppo. Roberts, 32
  8. ^ a b Ainsworth, Maryan W. "Intentional Alterations of Early Netherlandish Painting". In Timeline of Art History. New York: The Metropolitan Museum of Art, 2000–. Accessed September 10, 2008
  9. ^ Roberts, 16–19. Quote on p. 19, note 63, from I Motti e facezie del Piovano Arlotto a popular 15th-century compilation of comic stories attributed to the real Piovano Arlotto, a priest of Pratolino near Florence.
  10. ^ Handbook, 67
  11. ^ Early Christian Chapels in the West: Decoration, Function and Patronage, pp. 97–99; Gillian Vallance Mackie, Gillian Mackie; University of Toronto Press, 2003, ISBN 0-8020-3504-3
  12. ^ Dodwell, 46
  13. ^ Roberts, 5–19 revisione della tradizione.
  14. ^ example from NGA WAshington Archiviato il 18 settembre 2008 in Internet Archive.
  15. ^ Example from NGA Washington Archiviato il 18 ottobre 2008 in Internet Archive.
  16. ^ John Oliver Hand, Catherine Metzger, Ron Spronk; Prayers and Portraits: Unfolding the Netherlandish Diptych, cat no 40, (National Gallery of Art (U.S.), Koninklijk Museum voor Schone Kunsten (Belgium)), Yale University Press, 2006, ISBN 0-300-12155-5 - a diptych in the Fogg Museum Harvard
  17. ^ Burgundian frontispieces
  18. ^ King, 129. Vedere altre letture per Kocks.
  19. ^ King, 131
  20. ^ Penny, 110, discute di questo Archiviato il 16 gennaio 2017 in Internet Archive. e di un altro esemplare di Marco Marziale
  21. ^ Memling sembra aver sostituito un ritratto generico della moglie di Sir John Donne con uno più personale, forse in quanto Lady Donne si recò a Bruges, o tramite un disegno fatto a Calais per questo scopo. Vedi la voce per il dipinto in: National Gallery Catalogues: The Fifteenth Century Netherlandish Paintings di Lorne Campbell, 1998, ISBN 1-85709-171-X, (titolata anche The Fifteenth Century Netherlandish Schools)
  22. ^ I figli maggiori sembrano assomigliare ad una figura del padre più giovane.
  23. ^ J.O. Hand & M. Wolff, Early Netherlandish Painting, pp. 155–161, National Gallery of Art, Washington (catalogue)/Cambridge UP, 1986, ISBN 0-521-34016-0. La madre delle ragazze potrebbe essere in un'altra pala d'altare in una Natività a Birmingham, se proveniente dallo stesso polittico. Washington ha attribuito l'opera al "Maestro dell'Adorazione dei Magi del Prado", ma ha notato che molti attribuiscono le ragazze a Rogier van der Weyden.
  24. ^ Paola Tinagli, Women in Italian Renaissance Art: Gender, Representation, Identity, Manchester University Press, pp. 64–72 1997, ISBN 0-7190-4054-X, discusses the donor portraits in the cycle in detail (especially the female ones)
  25. ^ John Pope-Hennessy (vedi bibliografia), 22–23, citato in Roberts, 27,note 83. Frase in Suzannah da Berger & Berger, qui
  26. ^ Campbell, 3–4, & 137
  27. ^ Campbell, 3–4
  28. ^ Penny, 108
  29. ^ Jacobs, 311–312
  30. ^ Shearman, 182. Gli affreschi sono nella Cappella Poggi, nella Chiesa di San Giacomo Maggiore, Bologna.
  31. ^ Roberts, 20–24
  32. ^ Walter A. Friedrich: Die Wurzeln der nordböhmischen Glasindustrie und die Glasmacherfamilie Friedrich (disponibile solo in tedesco), p. 233, Fuerth 2005, ISBN 3-00-015752-2

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Lorne Campbell, Renaissance Portraits, European Portrait-Painting in the 14th, 15th and 16th Centuries, p. 151, 1990, Yale, ISBN 0-300-04675-8
  • C.R. Dodwell, The Pictorial arts of the West, 800–1200, 1993, Yale UP, ISBN 0-300-06493-4
  • "Handbook". Art in the Christian World, 300–1500; A Handbook of Styles and Forms, by Yves Christe and others, Faber and Faber, 1982, ISBN 0-571-11941-7
  • Lynn F. Jacobs, "Rubens and the Northern Past: The Michielsen Triptych and the Thresholds of Modernity", The Art Bulletin, Vol. 91, No. 3 (September 2009), pp. 302–24, JSTOR 40645509
  • Catherine King, Renaissance Women Patrons, Manchester University Press, 1998, ISBN 0-7190-5289-0. Donor portraits are discussed on pp. 129–144
  • Nicholas Penny, National Gallery Catalogues (new series): The Sixteenth Century Italian Paintings, Volume I, 2004, National Gallery Publications Ltd, ISBN 1-85709-908-7
  • Angela Marisol Roberts, Donor Portraits in Late Medieval Venice c.1280–1413, PhD thesis, 2007, Queens University, Canada (Large File)
  • Johanna Scheel, Das altniederländische Stifterbild. Emotionsstrategien des Sehens und der Selbsterkenntnis, Gebr. Mann, Berlin, 2013, ISBN 978-3-7861-2695-9
  • John Shearman, Mannerism, 1967, Pelican, London, ISBN 0-14-020808-9
  • Dirk Kocks, Die Stifterdarstellung in der italienischen Malerei des 13.-15. Jahrhunderts, Cologne, 1971
  • John Pope-Hennessy; The Portrait in Renaissance Art, London, 1966
  • Johanna Scheel, Das altniederländische Stifterbild. Emotionsstrategien des Sehens und der Selbsterkenntnis, Berlin, 2013

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