Pietro Veronesi

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Pietro Veronesi, noto anche con lo pseudonimo di Pirola trai dita (Bologna, 29 luglio 1859Bologna, 14 luglio 1936), è stato uno scultore italiano professore all'Accademia di Belle Arti di Bologna.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Di umili origini, Pietro Veronesi restò orfano all'età di 7 anni e per sopravvivere apprese dapprima le arti del fabbro e, a seguito di un infortunio, dello scalpellino per l'Accademia di Belle Arti in cui entra come garzone ancora ragazzo.

Notato all'Accademia per le sue abilità e i suoi progressi (Salvino Salvini gli augurò un futuro da bravo operaio), gli venne permesso di assistere alle lezioni nonostante gli fu rifiutata la borsa di studio; dal Muzzi apprese così il disegno.[1]

Le sue sculture furono fin da subito apprezzate dagli artisti bolognesi più affermati. Nel raro tempo libero dal lavoro preparò il gesso Vercingetorige nel carcere Tulliano (esposto a Bologna nel 1888)[2] per il Concorso Curlandese e nonostante non riuscì a partecipare al concorso, i commenti furono di elogio: Zocchi suggerisce a Salvini di dargli «di meglio che un modello da riprodurre», mentre Serra sancì che «Pietro Veronesi comincia dove gli altri finiscono».[1]

La fontana del Pincio, di Diego Sarti e Pietro Veronesi.

Veronesi lavorò quindi il marmo per lo scultore Barbieri e grazie alla sua maestria e alla notorietà crescente le commissioni aumentarono. Completamente assorbito dal lavoro e rassegnato ad una vita di commissioni, Veronesi restò modesto e mise la sua arte al servizio di medaglioni, monumenti funerari e busti che egli definì «a rime obbligate» o, parafrasando una sua intervista tardiva, «legando l'asino dove voleva il padrone»[1] nonché opere di genere che risentirono del clima verista e talune volte anche del Liberty.[2]

Di grandi capacità tecniche e di carattere ironico e bonario, restò umile anche quando divenne professore all'Accademia di Belle Arti di Bologna, frequentando poco i colleghi o gli altri artisti. Seppe lavorare tutti i tipi di marmo, a differenza di molti suoi colleghi. Visse di lavoro e per il lavoro, ne fu orgoglioso e non ebbe garzoni.[1]

Tra le sue opere, che spesso restituiscono figure di cui sa cogliere un'espressione peculiare, si ricordano La risentita e Katiuscia e i numerosi scugnizzi che fanno smorfie e sberleffi,[1] Nerone (esposto a Bologna nel 1888, marmo) ed Ecce Homo (esposto a Londra nel 1904).[2]

Numerosi sono i monumenti di Pietro Veronesi a Bologna: nel parco della Montagnola si trovano la fontana eseguita insieme a Diego Sarti ed il bassorilievo della scalea del Pincio intitolato Il ritorno dalla vittoria di Fossalta, ingresso di re Enzo prigioniero del 1896.[3]

Tra gli oltre cinquanta monumenti funebri di Veronesi conservati nel cimitero monumentale della Certosa di Bologna si ricordano la Tomba Gangia del 1896 e il Monumento Bandini del 1921 [3], il monumento funebre di Alessandro Riguzzi del 1897.


È sepolto nell'arco 2 del portico est del Nuovo braccio del Chiostro V del cimitero della Certosa; un bassorilievo di Santa Teresa sulla tomba, dedicato a sua madre, è opera dello stesso Veronesi.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Dante Manetti, Uno scultore della vecchia guardia: Pietro Veronesi (PDF), in Vita Nova, 1930. URL consultato il 4 aprile 2021.
  2. ^ a b c Panzetta.
  3. ^ a b Silvia Massari, «Il nostro moderno Algardi»: Giuseppe Maria Mazza scultore bolognese tra Sei e Settecento, tesi di dottorato, vol II (catalogo delle opere), a.a. 2012-2013 , p.379.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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