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Norman Granz

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Norman Granz

Norman Granz (Los Angeles, 6 agosto 1918Ginevra, 22 novembre 2001) è stato un produttore discografico e imprenditore statunitense.

Per aver fondato alcune etichette discografiche, tra cui la celebre Verve Records, e aver promosso numerosi artisti, pur non essendo un musicista è stato una delle figure fondamentali della storia della musica jazz a cavallo fra gli anni cinquanta e sessanta.

Nato in una famiglia di immigrati ebrei provenienti da Tiraspol, Norman Granz crebbe con un'educazione yiddish, frequentò la high school e cominciò a lavorare ancora da studente come commesso in un negozio di abbigliamento. All'epoca leggeva The New Republic, rivista progressista e antirazzista. Ottenuto il diploma, trovò un lavoro alla borsa di Pasadena e si iscrisse all'UCLA.[1]

Durante gli anni dell'università, affascinato dalla musica, iniziò a frequentare i club della Central Avenue e fece conoscenza con alcuni personaggi della comunità nera quali Nat Cole, Lee Young (fratello di Lester), Roy Eldridge e Billie Holiday. La guerra era alle porte e Granz tentò di arruolarsi in aviazione, ma venne dichiarato non idoneo ai test di volo. Temporaneamente libero, decise di compiere il viaggio dei suoi sogni e andare a New York, dove conobbe altri musicisti. Tornato a Los Angeles, cominciò a organizzare serate di jazz in piccoli locali, ma dovette interrompere l'attività perché richiamato dall'esercito e inviato a San Antonio (Texas), dove rimase fino al congedo (primavera 1943).[1]

Il coraggio del jazz

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Di nuovo a Los Angeles, cominciò ad occuparsi di locali più grandi come lo Swing Club e il Music Town mettendo insieme sul palco musicisti bianchi e neri e ottenendo che anche fra il pubblico non vi fossero discriminazioni, cosa non facile all'epoca. I neri erano considerati infatti indispensabili sul palco, ma i gestori dei locali accoglievano solo clienti bianchi. Presto l'attrazione esercitata dal genere musicale preferito, il jazz, lo assorbì completamente. Grazie a un prestito, riuscì a concludere un non facile accordo con la filarmonica di Los Angeles per un concerto nel suo auditorium. Il 2 luglio 1944 vi organizzò una memorabile serata e l'evento fu chiamato Jazz at the Philharmonic, poi abbreviato nella sigla "JATP". Si racconta che Granz avrebbe ideato un titolo molto più lungo (A Jazz Concert at the Philharmonic Auditorium) ma che questo sarebbe stato accorciato d'arbitrio dal tipografo per motivi di spazio nel cartellone che era stato ordinato; secondo un'altra diceria, tutto l'investimento del produttore sarebbero stati 200 dollari prestati.

Il concerto venne registrato e l'incisione fu tra i primi album di jazz destinati al grande pubblico ad avere successo; per di più, era la prima jam session a scalare le classifiche. Era anche la prima esibizione jazzistica in un auditorium classico, mentre sino ad allora il jazz era relegato a ruoli di sottofondo o di accompagnamento.

Manifesto di un concerto del 1955 del Jazz at the Philharmic a Cleveland.

Fino alla nascita del JATP, anche il mercato ammetteva soltanto le ultime scintille dello swing, ormai in rapido declino, ed il jazz godeva di una contrastante considerazione: idolatrato da alcuni, che vi vedevano segnali di avanguardia, tacciato di cacofonia da altri, che non lo comprendevano. Ma il concerto al Philharmonic Auditorium fu il grande lancio di Granz nel mondo della produzione. Dello stesso anno è la collaborazione di Granz con il regista Gjon Mili per la realizzazione del cortometraggio Jammin' the Blues, che l'anno seguente ottenne una candidatura all'Oscar. Per il film, Norman Granz fu però costretto ad accettare l'imposizione di nascondere nell'ombra Barney Kessel, in quanto in quegli anni la presenza di un bianco fra musicisti neri poteva destare ancora scandalo a Hollywood.[1]

La formula fu poi esportata in altre città e i musicisti che vi suonarono (fra i quali Ray Brown, Charlie Parker, Sonny Criss, Nat King Cole (come pianista), Hank Jones, Shelly Manne, Fats Navarro, Flip Phillips e Tommy Turk) fecero poi insieme, dal 1946 al 1949, un paio di tournée l'anno. Coleman Hawkins non fu più chiamato a partecipare per la richiesta di un compenso più alto, ma in ogni caso il successo del JATP sarebbe continuato anche in seguito, con esibizioni fino al 1957, più uno special event nel 1967.

Questioni di etichetta

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I concerti di Jazz at the Philharmonic venivano trasmessi dalle radio e ben pubblicizzati, per cui Granz firmò un accordo di collaborazione con la Mercury Records per la promozione e la distribuzione dei concerti del JATP e di altri dischi che dal 1946 apparvero sotto etichetta Clef Records. Quando questo accordo scadde (1953), Granz continuò con la Clef come sua prima etichetta indipendente, con la quale intendeva sviluppare e seguire il progetto di JATP, ma anche pubblicare registrazioni di grossi nomi quali Count Basie, Roy Eldridge, Ella Fitzgerald e della sua nuova scoperta, il pianista canadese Oscar Peterson. Creò anche la Norgran Records e la Down Home Records, riservate al jazz tradizionale.

La maggior parte dei nomi che hanno fatto la storia nel jazz del periodo hanno firmato un contratto almeno breve con una delle sue etichette, compresi, ma non solo, Cannonball Adderley, Louis Armstrong, Count Basie, Bud Powell, Louie Bellson, Benny Carter, Buck Clayton, Buddy DeFranco, Tal Farlow, Stan Getz, Dizzy Gillespie, Lionel Hampton, Roy Eldridge, Billie Holiday, Illinois Jacquet, Barney Kessel, Gene Krupa, Howard McGhee, Thelonious Monk, Gerry Mulligan, Charlie Parker, Joe Pass, Oscar Peterson, Flip Phillips, Bud Powell, Sonny Stitt, Nina Simone, Ben Webster e Lester Young.

Nel 1956 anche Ella Fitzgerald, già celeberrima, raggiunse finalmente "la Comunità" di Granz, dopo che il suo contratto di lunga durata con Decca Records era spirato, e Granz, progettando di dedicarle grande e impegnativa attenzione, divenne suo manager e intanto riunì le sue attività sotto l'etichetta comune di Verve Records, liquidando le vecchie etichette di jazz tradizionale che lavoravano in perdita.

La serie memorabile degli otto songbooks (i più importanti dei quali sono quelli dedicati a George Gershwin ed a Cole Porter), insieme alla serie dei duetti, raccolse una popolarità assai vasta e portò un discreto successo anche economico all'etichetta e agli artisti. Furono anche fra i primi prodotti ad accendere un certo divismo jazzistico presso il pubblico: Ella and Louis (agosto 1956, Capitol Studios, Los Angeles), disco di duetti fra la Fitzgerald ed Armstrong (con Oscar Peterson, Herb Ellis, Ray Brown e Buddy Rich), inciso insieme ad un meno noto Ella & Louis for Lovers, praticamente dovette a grande richiesta essere seguito l'anno successivo dal doppio LP Ella and Louis Again (luglio-agosto 1957, Hollywood - stessa formazione ma Louie Bellson al posto di Buddy Rich).

Le iniziative di Norman Granz cominciavano a fatturare cifre rilevanti e, se prima del suo arrivo in scena si riteneva che solo la musica da ballo potesse avere un potenziale commerciale, poi divenne evidente che anche il jazz d'ascolto attirava un pubblico importante. Nel 1949, Granz compì il suo primo viaggio in Europa e ne rimase affascinato. Tre anni dopo vi ritornò con tutto il cast di JATP e, nel 1953, si spinse fino in Giappone.[1]

Nel frattempo si andava diffondendo il formato Long playing (33 giri) e l'impresario poté lasciare gli artisti liberi di esprimersi senza porsi limiti di tempo. Oltre che alla musica in sé, dedicò una grande attenzione alla grafica delle sue copertine, talvolta fatte disegnare appositamente da pittori riconosciuti come il francese Bernard Buffet, o talvolta progettando serie di copertine nello stesso stile, dedicate a un singolo artista.

Melomani e melanina

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Nel corso di tutta la sua attività, Norman Granz mantenne una costante e determinata posizione antirazzista, combatté importanti battaglie per i suoi artisti e per l'integrazione razziale dei musicisti di colore (la maggioranza di quelli scritturati da lui lo erano), in tempi ed in luoghi in cui il colore della pelle era causa di feroce discriminazione. Fu fra i primi datori di lavoro americani a garantire uguale salario ai lavoratori di colore, rispetto ai bianchi, oltre ad uguali trattamenti accessori, come ad esempio i camerini.

Nel 1956 a Houston, Texas, tolse personalmente le etichette "bianchi" e "negri", destinate a separare il pubblico, dalle pareti dell'auditorium in cui si sarebbero dovuti esibire, fra gli altri, la Fitzgerald e Gillespie ma la sfida non passò inosservata: nell'intervallo, la polizia locale irruppe nei camerini e trovò due artisti che giocavano a dadi, reperì un mazzo di carte da gioco e dichiarò tutti in arresto per gioco d'azzardo; quando vide che un agente si dirigeva verso la toilette, Granz lo seguì impedendogli di lasciare fra gli oggetti qualcosa di illegale per caricare le accuse. Tutti i fermati vennero condotti alla stazione di polizia, dove erano attesi da giornalisti e fotografi evidentemente informati prima; solo dopo una lunga trattativa e il pagamento di una cauzione, Granz ottenne che lo spettacolo potesse riprendere.[1]

Oscar Peterson raccontò che una volta Granz intimò ad un tassista bianco di prendere a bordo del suo taxi i suoi artisti neri come normali passeggeri e non si arrese neanche quando un poliziotto, chiamato dal vetturino, prese a puntargli una pistola carica in pancia. Ebbe alla fine ragione dell'autista di piazza.

Di lì a poco, Granz si trovò ad essere indagato dalla Commissione per le attività antiamericane. Anche se da un paio d'anni la figura del senatore McCarthy era caduta in disgrazia, la paura del comunismo continuava a dilagare negli Stati Uniti e Granz, accusato da un "pentito", fu convocato a rispondere alla Commissione. Le sue risposte sembravano aver soddisfatto gli investigatori ma l'anno seguente, mentre si trovava in Svizzera, si ritrovò con il passaporto cancellato e dovette mettere in moto i suoi legali per poter riottenere il documento.[1]

Gli ultimi anni

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A causa della concorrenza di altri eventi come il Newport Jazz Festival e di un calo nei biglietti venduti, Granz decise di chiudere l'avventura JATP e nel 1959 si trasferì in Svizzera, prima a Lugano, poi a Ginevra. Gli pervenivano generose offerte di acquisto per la Verve, ma gli avvocati gli consigliavano di attendere. Nel 1961 cedette all'offerta della Metro-Goldwin-Mayer per 2,8 milioni di dollari. Unico sacrificio, una clausola che lo impegnava (escluso il lavoro con la Fitzgerald) a tenersi lontano per sette anni dalle sale di registrazione. Gli rimaneva l'impegno di organizzatore di concerti, oltre che per Ella, per Duke Ellington e Oscar Peterson, ma nel molto tempo libero, cominciò a coltivare le sue passioni: il tennis, le auto sportive e la buona cucina. Nella sua autobiografia[2], l'attrice Simone Signoret racconta di averlo conosciuto quando ha portato suo marito Yves Montand negli Stati Uniti e di averlo visto fare colazione a Stoccolma, pranzare a Roma, prendere dello champagne su un volo Air France e cenare in un ristorante parigino prenotato 42 giorni prima da Losanna.[1]

Altra passione di Norman Granz era di collezionare arte moderna, tra cui alcune opere di Picasso di cui era un grande ammiratore, tanto di intitolare Pablo la sua ultima etichetta, fondata nel 1973.

Adorato dai suoi artisti, dichiarò di essersi posto tre scopi nella vita: lottare contro il razzismo, dare agli ascoltatori buoni prodotti musicali e guadagnare solo producendo buona musica.

  1. ^ a b c d e f g Mario Giugni, L'uomo che inventò la Verve, in Classic Jazz, nº 1, giugno 2016, pp. 98-105
  2. ^ Simone Signoret, La nostalgia non è più quella di un tempo, Einaudi, Torino, 1980. ISBN 9788806506339

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