Monatto

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Un monatto era un addetto pubblico che nei periodi di epidemia di peste era incaricato dai comuni di trasportare nei lazzaretti i malati o i cadaveri. Di solito i monatti erano persone condannate a morte, carcerati, o persone guarite dal morbo e così immuni da esso.

Il termine indicava inizialmente, nel Settentrione italiano, il becchino,[1] e ne parla diffusamente Alessandro Manzoni ne I promessi sposi (cap. XXXII e seguenti), nella descrizione della peste del 1630. Secondo Ripamonti[2] deriva dal greco monos, ma esistono varie tesi a questo proposito.

I monatti ne "I Promessi Sposi"[modifica | modifica wikitesto]

Manzoni nel romanzo descrive anche le figure degli apparitori, muniti di campanellini alla cintola o alle caviglie che avvertivano del passaggio dei monatti, e dei commissari incaricati di vigilare su queste attività.

Manzoni sottolinea anche le accuse documentate su comportamenti discutibili o criminali dei monatti (accusati di sciacallaggio sui morti e sui malati o addirittura di diffondere la peste), e li inserisce come personaggi delle vicende di Renzo a Milano quando viene scambiato per untore (ed essi lo salvano dall'inseguimento della folla), o nel celebre episodio della madre di Cecilia. Li "mette all'opera" in particolare quando entrano in casa di don Rodrigo ormai malato, e lo aggrediscono appropriandosi con il Griso dei suoi beni (cap. XXXIII).

«... ma al primo suo grido i monatti avevano preso la rincorsa verso il letto; il più pronto gli è addosso, prima che lui possa far nulla; gli strappa la pistola di mano, la getta lontano, lo butta a giacere e lo tien lì, gridando, con un versaccio di rabbia e insieme di scherno: "ah birbone! contro i monatti! contro i ministri del tribunale! contro quelli che fanno l'opere di misericordia!"»

Il monatto dell'episodio della madre di Cecilia (cap. XXXIV), pur definito inizialmente turpe, mostra invece un atteggiamento difforme a quello dei suoi compagni descritti in precedenza; la solenne diversità dei modi della donna lo induce a un insolito rispetto e a una esitazione involontaria, fino alla finale gentilezza nei confronti del corpo morto di Cecilia.

«Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affaccendò a far un po' di posto sul carro per la morticina»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Enciclopedia Universale Rizzoli Larousse, ad vocem
  2. ^ Giuseppe Ripamonti, La peste di Milano del 1630, Pirotta 1841.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]