John Belcher

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John Belcher

John Belcher (Londra, 10 luglio 1841Londra, 8 novembre 1913) è stato un architetto inglese.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Belcher nacque a Southwark (Londra). Suo padre (1816-1890), omonimo, era un architetto di grande notorietà.[1] Il figlio si istruì e si formò sotto la guida del padre, soggiornando in Germania, in Italia, soprattutto a Pisa e a Firenze,[2] due anni in Francia dal 1862, dove studiò architettura contemporanea.[3]

Nel 1865 fu nominato socio di suo padre, che si ritirò dieci anni dopo.[3]

La prima opera di John Belcher fu realizzata nella City of London, l'edificio del Royal Insurance del 1865 in stile rinascimentale francese.[3] Sempre a Londra ha progettato l'edificio Mappin & Webb del 1870 in stile gotico all'angolo tra Queen Victoria Street e Poultry, ed è stato architetto congiunto, con il suo socio John James Joass, del dipartimento Whiteleys.[3][1]

Nel 1890 progettò la sala dell'Institute of Chartered Accountants in Morgate Place,[4] che si caratterizzò per essere stato uno dei primi edifici neobarocchi a Londra.[3] Gli interni furono impreziositi da numerose opere scultoree di William Hamo Thornycroft, Harry Bates e altri, composti da diversi pannelli ad alto rilievo e statue.[3]

Le principali commissioni di Belcher al di fuori di Londra compresero il palazzo municipale di Colchester (1898-1902) e l'Ashton Memorial,[4] progettato e costruito nel 1906-1909 a Lancaster.[3] Entrambi seguirono uno stile barocco, tipico delle produzioni eleganti dell'età edoardiana;[3][4]inoltre la sua chiesa della Santissima Trinità a Kingsway (1909), si dimostrò un interessante saggio nel modo classico.[5]

Nel 1907 Belcher vinse la Royal Gold Medal del Royal Institute of British Architects e pubblicò, tra i suoi scritti teorici, Essentials in Architecture: An Analysis of the Principles & Qualities to be Looked for in Architecture.[3]

Nel 1882 iniziò ad esporre alla Royal Academy of Arts, nel 1900 ne diventò socio e nel 1909 fu nominato membro della Royal Academy,[2]inoltre dal 1904 al 1906 diresse il Royal Institute of British Architects.[6]

Morì a Dulwich (Londra) l'8 novembre 1913 e fu sepolto nel cimitero di West Norwood.[3]

Dopo la sua morte, la sua attività ed i suoi lavori furono rilevati da John James Joass, suo compagno dal 1905.[3][4][1]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Royal Insurance, Londra (1865);
  • Mappin & Webb (1870);
  • Institute of Chartered Accountants (1890);
  • Palazzo municipale di Colchester (1898-1902);
  • Tapeley Park, Devon (1902);
  • Ashton Memorial, Lancaster (1906-1909);
  • Chiesa della Santissima Trinità, Kingsway (1909);
  • Whiteleys, Londra (1911).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) John Belcher, architect and surveyor, su londonstreetviews.wordpress.com. URL consultato il 2 giugno 2019.
  2. ^ a b John Belcher, in le muse, II, Novara, De Agostini, 1964, p. 155.
  3. ^ a b c d e f g h i j k (EN) Belcher, John (1841-1913), su archiseek.com. URL consultato il 2 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 2 giugno 2019).
  4. ^ a b c d (EN) John Belcher RA, FRIBA (1841–1913), su speel.me.uk. URL consultato il 2 giugno 2019.
  5. ^ (EN) Charles Harrison Townsend, John Belcher, in 1922 Encyclopædia Britannica, XXX, 1922.
  6. ^ (EN) Architects and Architecture of London, su books.google.it. URL consultato il 2 giugno 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Leonardo Benevolo, La città nella storia d'Europa, Bari-Roma, Laterza, 2004, ISBN 88-420-4815-1.
  • Renato De Fusco e Livio Sacchi, Mille anni d'architettura in Europa, Bari-Roma, Laterza, 1999, ISBN 88-420-4295-1.
  • Robin Middleton e David Watkin, Architettura dell'Ottocento, Milano, Electa, 1977, ISBN 88-435-2465-8.
  • (DE) Hermann Muthesius, Norman Shaw und seine Bedeutung fuer die moderne englische Baukunst, 1910.
  • (FR) Nikolaus Pevsner, Les Sources de l'architecture moderne et du design, Thames & Hudson, 1975.
  • Nikolaus Pevsner e Antonello Negri, I pionieri dell'architettura moderna. Da William Morris a Walter Gropius, Milano, Garzanti, 1999, ISBN 88-11-67524-3.

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