Jackson Heights (gruppo musicale)

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Jackson Heights
Paese d'origineBandiera del Regno Unito Regno Unito
GenereRock
Periodo di attività musicale1970 – 1973
EtichettaCharisma
Vertigo
Album pubblicati4
Studio4

I Jackson Heights sono stati un gruppo musicale fondato nel 1970 dal bassista e cantante inglese Keith "Lee" Jackson e attivo fino al 1973.

Storia del gruppo[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1970, all'indomani dello scioglimento del gruppo The Nice di cui era stato cofondatore e membro stabile, Lee Jackson avviò un nuovo progetto musicale insieme a due vecchie conoscenze, come lui originarie di Newcastle upon Tyne: il polistrumentista Charlie Harcourt e il batterista Tommy Slone, ai quali si aggiunse un bassista/chitarrista di origine messicana, Mario Enrique Covarrubias Tapia.[1][2]

Al gruppo s'interessò subito Tony Stratton-Smith, fondatore e capo della Charisma e in precedenza manager dei Nice, il quale ideò anche il nome Jackson Heights, gioco di parole tra l'omonimo quartiere di New York e il cognome del bandleader.[1] Presso gli studi IBC e Advision di Londra, la band incise l'album King Progress, prodotto dallo stesso Jackson e pubblicato il 18 settembre 1970, ma a seguito dello scarso successo di vendite i quattro andarono ognuno per la propria strada.[2]

Jackson rifondò allora il gruppo da capo, mantenendone il nome, con una formazione a tre comprendente il tastierista Brian Chatton – ex membro di The Warriors e Flaming Youth – e il chitarrista John McBurnie, entrambi anche cantanti e autori.[1] Nel 1972 il trio firmò per la Vertigo e pubblicò l'album The Fifth Avenue Bus, seguito lo stesso anno da Ragamuffins Fool; su entrambi i dischi, i tre si avvalsero di vari turnisti – tra cui il batterista Michael Giles, già cofondatore dei King Crimson – ma dal vivo si esibirono sempre senza batteria, con Jackson occasionalmente impegnato alle congas: tale scelta – oltre all'uso prevalente di strumenti acustici – costituì un limite, specie nei concerti all'aperto dove, coi mezzi tecnici dell'epoca, il pubblico riusciva a malapena a udirli.[1] Le classifiche di vendita rimanevano intanto fuori portata.[1]

Al 1973 risale il quarto e ultimo album del gruppo: Bump 'n' Grind, caratterizzato da un sound più ricco ed elettrico rispetto ai lavori precedenti, grazie alla partecipazione di un'orchestra d'archi su alcuni brani e di numerosi altri ospiti, tra cui nuovamente Giles, Ian Wallace e Keith Emerson, quest'ultimo con il solo compito di programmare – senza suonarlo – il proprio sintetizzatore Moog, da lui prestato alla band per l'occasione.[3] Malgrado l'intento di attirare un pubblico più vasto, sia nella scrittura che negli arrangiamenti, anche quest'album ebbe scarsa fortuna dal lato commerciale e non riuscì a entrare in classifica, alimentando così la crescente disillusione di Jackson.[1]

L'idea – poi irrealizzata – di riproporre fedelmente dal vivo gli arrangiamenti di Bump 'n' Grind spinse intanto il bandleader a interpellare Patrick Moraz, tastierista svizzero che egli conosceva e apprezzava già dal 1969:[1] questi declinò l'offerta del tour ma si disse interessato a un eventuale nuovo progetto.[1] A quel punto Jackson, ormai ridotto a finanziare il suo gruppo interamente di tasca propria e perciò economicamente in seria difficoltà, intravide maggior potenziale nella controfferta di Moraz e decise così di sciogliere i Jackson Heights. Nell'ottobre del 1973 i due, assieme all'ex batterista dei Nice Brian Davison, fondarono il trio Refugee.[1]

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

1970 (album: King Progress)

1971-1973 (gli altri tre album)

  • Lee Jackson – basso elettrico, chitarra folk, armonica a bocca, voce
  • Brian Chatton – tastiere, voce
  • John McBurnie – chitarra, voce

Discografia[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i Hanson, pp.194-199.
  2. ^ a b Priddey, Neil., Famous charisma label., Lulu Com, 2014, ISBN 1-291-75392-3, OCLC 922551313. URL consultato il 19 gennaio 2021.
  3. ^ Jackson Heights - Bump 'N' Grind, su Discogs. URL consultato il 19 gennaio 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Martyn Hanson, Hang on to a Dream – The Story of The Nice (revised edition), Helter Skelter Publishing, 2012, ISBN 978-1-905792-61-0.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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