Il teatrino di Jean Renoir

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Il teatrino di Jean Renoir
Titolo originaleLe Petit Théâtre de Jean Renoir
Paese di produzioneFrancia, Germania Ovest, Italia
Anno1970
Durata98 min
Dati tecniciB/N
RegiaJean Renoir
SoggettoJean Renoir
SceneggiaturaJean Renoir
ProduttoreSon et Lumière (Parigi); ORTF (Office de Radiodiffusion et Télévision Française); Bavaria Filmstudios (Monaco di Baviera); RAI (Radio Televisione Italiana)
FotografiaGeorges Leclerc
MontaggioGeneviève Winding, assistita da Gisèle Chezeau
Interpreti e personaggi
;Le Dernier réveillon
Secondo episodio – La Cireuse électrique
Terzo episodio – Quand l’amour meurt
Quarto episodio – Le roi d’Yvetot

Il teatrino di Jean Renoir (Le Petit Théâtre de Jean Renoir) è un film del 1969 diretto da Jean Renoir.

È l'ultimo film girato da Jean Renoir.

Il film è costituito da 4 episodi trasmessi in televisione nel 1970; fu proiettato nelle sale cinematografiche solamente a partire dal 1975.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Jean Renoir stesso presenta ciascuno dei quattro episodi comparendo accanto a un teatro di marionette, il cui sipario si alza e si abbassa ad ogni episodio.

Episodi[modifica | modifica wikitesto]

L'ultimo cenone[modifica | modifica wikitesto]

Un vecchio barbone, la notte di Natale, guarda attraverso i vetri di un lussuoso ristorante, lo spettacolo del cenone dei ricchi. Il direttore del locale, per allontanarlo e impedire che disturbi i clienti, gli offre un pacco di cibo e dello champagne. Egli va a raggiungere la sua compagna che lo aspetta sulla riva della Senna. Insieme mangiano, brindano, danzano e poi si addormentano sotto la neve che cade.

La lucidatrice[modifica | modifica wikitesto]

Una casalinga, Emilie, è ossessionata dalla pulizia del suo appartamento e tormenta i vari mariti con questa vera e propria mania: il primo, Gustave, muore scivolando sul pavimento troppo incerato e l'ultimo, Jules, in un accesso d'esasperazione, getta la lucidatrice dalla finestra. Emilie si butta nel vuoto seguendo il destino dell'amato elettrodomestico.

Quand l'amour meurt[modifica | modifica wikitesto]

Jeanne Moreau semplicemente canta la canzone Quand l'amour meurt di O. Crémieux, celebre agli inizi del Novecento.

Il re d'Yvetot[modifica | modifica wikitesto]

Duvallier è un comandante in pensione amante del gioco delle bocce. Vive in piccolo paese della Provenza e ha una moglie giovane, Isabelle. Costei si annoia e un giorno che la cagnetta ha ingoiato un grosso osso conosce il dottor Feraud, il veterinario, un uomo piacente di cui si innamora. Il comandante scoprirà grazie alle chiacchiere delle malelingue che la moglie lo tradisce ma preferirà accettare il ménage à trois anziché perdere le persone che ama.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

L'idea del film nacque nel 1968, a Venezia, dove Jean Renoir si era recato per presenziare a una retrospettiva dedicatagli nel corso del festival del cinema di quell'anno, e dalla collaborazione di Giulio Macchi che si adoperò affinché si costituisse una coproduzione italo-francese che consentisse al regista di realizzare il film. Pierre Long negoziò con la televisione italiana e tedesca e convinse l'ORTF ad associarvisi.[2]

Riprese[modifica | modifica wikitesto]

Le riprese del film avvennero dal mese di giugno al mese di settembre 1969, a Versailles, a Saint-Rémy-de-Provence e nei dintorni di Aix-en-Provence.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

«Questo film, come indica con precisione un titolo in cui ogni parola conta, è una messa in scena e sulla scena, una messa in gioco di Jean Renoir, narratore del teatro e della vita che si riflettono l’uno e nell’altra. Introducendo le sue favole, un Jean Renoir a grandezza naturale, che presenta la sua opera per pensarla meglio, ci parla attraverso un teatro in miniatura e si dà l’opportunità ad ogni storia che si presenta, di fare il conto e il bilancio di tutte quelle che ci ha già raccontato.»

«Se si dovesse conservare un solo film, per dare alle generazioni future l'idea di ciò che è stata l'arte cinematografica del XX secolo, sceglierei Le Petit théâtre, perché in esso è contenuto tutto Renoir, e Renoir contiene tutto il cinema.»

Collegamenti con l'opera precedente del regista[modifica | modifica wikitesto]

L'ultimo cenone: un altro omaggio ad Andersen che si collega al film muto La piccola fiammiferaia, di un Renoir al suo debutto. (Michel Delahaye)

La lucidatrice: proviene da un progetto anteriore mai realizzato È la rivoluzione, dove la rivoluzione doveva essere rappresentata attraverso le situazioni più concrete e quotidiane. (Michel Delahaye)

Per la componente di critica sociale richiama film come La purga al pupo e La cagna. Può anche essere considerato un "punto d'incontro fra il musical francese alla Jacques Demy, il recital di Bertolt Brecht e il cinema di Jean Luc Godard". (De Vincenti).

La cantante: l'episodio fa riferimento alla “Belle Epoque”, un'epoca che Renoir ha molto amato: l'aveva rievocata con nostalgia ad esempio in French Cancan. Renoir in persona introduce l'episodio con queste parole:«Vi invito ad assistere con me ad un'evocazione di quella che si suole chiamare Belle Epoque. Non sono un ingenuo e so benissimo che la Belle Epoque non era poi tanto bella. Aveva le sue ingiustizie, le sue crudeltà. Ma io la amo perché ci fornisce elementi emozionanti per allestire uno spettacolo».

La canzone era stata cantata da Marlene Dietrich nel film Marocco del 1930.

Il re d'Yvetot: il film ci riporta a Toni, a La scampagnata, a Picnic alla francese, a quei film che Renoir ha girato nello splendore della natura, all'aria aperta.

Le roi d'Yvetot è anche il titolo di una canzone scritta da Pierre Jean de Béranger nel 1813, molto popolare, che i tre protagonisti cantano insieme all'inizio della loro conoscenza.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ https://www.youtube.com/watch?v=c7pQfyGzP-k Da You Tube, Quand l'amour meurt , sequenza da Le Petit Théâtre di Jean Renoir.
  2. ^ Giorgio De Vincenti, Jean Renoir, pp. 305-315.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • André Bazin, Jean Renoir, a curato e tradotto da Michele Bertolini, Mimesis Cinema, Milano-Udine 2012 ISBN 978-88-5750-736-1
  • Giorgio De Vincenti, Jean Renoir, Marsilio, Venezia 1996. ISBN 88-317-5912-4
  • Daniele Dottorini, Jean Renoir. L'inquietudine del reale, Edizioni Fondazione Ente dello Spettacolo, novembre 2007. ISBN 978-88-85095-39-7
  • Jean Renoir, La mia vita, i miei film, Marsilio, Venezia 1992. ISBN 88-317-5419-X
  • Jean Renoir, La vita è cinema. Tutti gli scritti 1926-1971, Longanesi, Milano 1978, traduzione di Giovanna Grignaffini e Leonardo Quaresima.
  • Carlo Felice Venegoni, Renoir, La nuova Italia, Firenze 1975.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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