Grammatica della fantasia

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Grammatica della fantasia
AutoreGianni Rodari
1ª ed. originale1973
Generesaggio
Sottogenereletteratura
Lingua originaleitaliano

Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di inventare storie è l'unico volume teorico dello scrittore e pedagogista italiano Gianni Rodari e la sua opera più importante. Fu pubblicato per la prima volta in Italia nel 1973, presso Giulio Einaudi Editore.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La Grammatica della fantasia è in qualche modo un resoconto degli studi di Rodari sulla "fantastica", cioè sui meccanismi che regolano i processi creativi e la facoltà umana della fantasia. In particolare lo scrittore si concentra sull'arte di inventare storie, cioè sulle tecniche e strategie che sottendono alla narrazione. Si tratta dell'unico volume dello scrittore di Omegna che non è di pura narrativa ma teorico[1]. Nella quarta di copertina della prima edizione, si riportavano queste parole dell'autore:

"Quello che io sto facendo è di ricercare le "costanti" dei meccanismi fantastici, le leggi non ancora approfondite dell'invenzione, per renderne l'uso accessibile a tutti. Insisto nel dire che, sebbene il Romanticismo l'abbia circondato di mistero e gli abbia creato attorno una specie di culto, il processo creativo è insito nella natura umana ed è quindi, con tutto quel che ne consegue di felicità di esprimersi e di giocare con la fantasia, alla portata di tutti."

Da questa ricerca, che Gianni Rodari ha condotto per molti anni, è nata la Grammatica della fantasia, una proposta concreta che intende rivendicare all'immaginazione lo spazio che deve avere nella vita di ciascuno. Attraverso le più svariate tecniche dell'invenzione, Rodari ci offre con questo suo libro non un "Artusi delle favole"[2] ma un efficace ed utile strumento "a chi crede nella necessità che l'immaginazione abbia il suo posto nell'educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola."

La stesura del libro è avvenuta in seguito a una settimana di formazione per il personale della scuola organizzata dal comune di Reggio Emilia dal 6 al 10 marzo 1972. Le tecniche esposte durante il seminario sono la messa a punto di una riflessione che Gianni Rodari inizia fin dalla fine degli anni Trenta quando legge per la prima volta i frammenti del poeta tedesco Novalis e un fascicolo della rivista Prospettive di Curzio Malaparte dedicata al surrealismo francese.

L'opera si sviluppa in 45 capitoli.

Indice dei contenuti[modifica | modifica wikitesto]

  1. Antefatto
  2. Il sasso nello stagno
  3. La parola «ciao»
  4. Il binomio fantastico
  5. «Luce» e «scarpe»
  6. Che cosa succederebbe se...
  7. Il nonno di Lenin
  8. Il prefisso arbitrario
  9. L'errore creativo
  10. Vecchi giochi
  11. Utilità di Giosuè Carducci
  12. Costruzione di un « limerick »
  13. Costruzione di un indovinello
  14. Il falso indovinello
  15. Le fiabe popolari come materia prima
  16. A sbagliare le storie
  17. Cappuccetto Rosso in elicottero
  18. Le fiabe a rovescio
  19. Che cosa accadde dopo
  20. Insalata di favole
  21. Fiabe a ricalco
  22. Le carte di Propp
  23. Franco Passatore mette «le carte in favola»
  24. Fiabe in «chiave obbligata»
  25. Analisi della Befana
  26. L'omino di vetro
  27. Pianoforte-Bill
  28. Mangiare e «giocare a mangiare»
  29. Storie in tavola
  30. Viaggio intorno a casa mia
  31. Il giocattolo come personaggio
  32. Marionette e burattini
  33. Il bambino come protagonista
  34. Storie «tabú»
  35. Pierino e il pongo
  36. Storie per ridere
  37. La matematica delle storie
  38. Il bambino che ascolta le fiabe
  39. Il bambino che legge i fumetti
  40. La capra del signor Séguin
  41. Storie per giocare
  42. Se il nonno diventa un gatto
  43. Giochi in pineta
  44. Immaginazione, creatività, scuola
  45. Schede:
    1. Novalis
    2. La doppia articolazione
    3. «La parola che gioca»
    4. Sul pensare per coppie
    5. Lo straniamento
    6. Il «percetto subliminale»
    7. Fantasia e pensiero logico
    8. L'indovinello come forma del conoscere
    9. L'effetto di amplificazione
    10. Il teatro dei ragazzi
    11. Merceologia fantastica
    12. L'orso di pezza
    13. Un verbo per giocare
    14. Le storie della matematica
    15. Difesa del Gatto con gli stivali
    16. Attività espressive ed esperienza scientifica
    17. Arte e scienza

Capitoli[modifica | modifica wikitesto]

Antefatto[modifica | modifica wikitesto]

Rodari inizialmente racconta come a più riprese nella sua carriera si sia cimentato nell'invenzione di storie fantastiche e abbia cercato di teorizzare tecniche di invenzione delle stesse. Se alla fine degli anni Trenta restano semplici annotazioni, o si traducono in alcuni racconti brevi pubblicati da riviste locali, negli anni Sessanta riprende quegli spunti e pubblica su Paese Sera un manuale per inventare favole e sul Giornale dei Genitori "Che cosa succede se il nonno diventa un gatto" (1969), "Un piatto di storie" (1971), "Storie per ridere" (1971). Nella primavera del 1972 viene invitato a Reggio Emilia per tenere un corso di una settimana al personale della scuola. Durante queste giornate, vengono registrate cinque conversazioni, che Rodari rielaborerà pubblicando poi "Grammatica della Fantasia".

Il sasso nello stagno[modifica | modifica wikitesto]

La parola è paragonata a un sasso gettato nello stagno: buttata a caso nella mente provoca, proprio come il sasso, infinite reazioni a catena, piccole onde che si espandono sempre più. La parola sasso stessa genera nella mente dell'autore diverse associazioni, anche lontane dalla parola iniziale, come il santuario di Santa Caterina del Sasso, con cui andava col suo amico Amedeo da bambino. La parola “mattone” genera accostamenti insoliti come: “canzone”, “marrone”, “massone”, “torrone”, “panettone” eccetera. Un esercizio praticabile è quello di scomporre la parola in tutte le sue lettere:

  • S
  • A
  • S
  • S
  • O

E successivamente di scrivere accanto a ogni lettera la prima parola pensata che abbia quella iniziale. Uno sforzo ulteriore di immaginazione permette addirittura di scrivere una storiella:

  • S – Sulla
  • A – altalena
  • S – saltano
  • S – sette
  • O – oche

O anche, facendosi ispirare dalle precedenti:

  • S – Settecento
  • A – avvocati
  • S – suonano
  • S – settecento
  • O – ocarine

La parola ciao[modifica | modifica wikitesto]

Le tecniche descritte nel libro durante il corso d’aggiornamento tenuto da Rodari a Reggio Emilia vennero attuate in tempo reale dalle insegnanti, Rodari ebbe quindi dei feedback proprio in quei giorni su quando consigliato e attuato in classe. La maestra Giulia Notari riferì che la sua alunna, Diana, partendo dalla parola “ciao” aveva inventato una storia in cui il bambino protagonista si ammalava perché riusciva solo a dire parole cattive (le cosiddette “parolacce”). Il dottore gli suggerisce di cercare parole buone, dopo un po’ di parole trovate prende “ciao”, se la mette in tasca, impara le parole gentili e diviene finalmente buono. Durante il racconto in classe le “parole cattive” provocano quella che l'autore chiama “comicità escrementizia”: i bambini iniziano a elencare tutte le parolacce che conoscono. Per loro si tratta di un gioco delle associazioni che viaggia su quella che Jakobson chiama “asse della selezione”, ovvero l’asse che collega parole vicine per significato. Altro punto focale in classe è quando viene raccontata la visita dal dottore, sdrammatizzata grazie all’invenzione di strane indicazioni come “guarda in dentro” (invece del classico guarda in su, guarda in giù quando vengono controllati gli occhi). Viene posta l'attenzione sul modo in cui la parola “ciao” è presa in considerazione: non come suono, ma come significato a tutto tondo. Il collegamento mentale quindi non ha portato a altri tipi di saluti, ma a parole “buone” (che avvicinano gli altri) e parole “cattive” (che allontanano gli altri).

Il binomio fantastico[modifica | modifica wikitesto]

Viene precisato che per ispirare una storia non basta una parola ma ne servono due. Citando Henry Wallon si afferma che il pensiero si forma per coppie, il principio da cui si deve partire è proprio l’opposizione: più due parole saranno lontane più sarà possibile generare un binomio fantastico. Ci sono diversi modi per generare due parole lontane fra loro: estrarle a sorte, farle scrivere su due lati della lavagna a due alunni diversi, prenderle a caso da un libro eccetera. Una volta ottenute le parole vanno collegate tra loro da una preposizione articolata, e sul nuovo elemento creato inventare una storia:

  • il cane con l’armadio
  • l’armadio del cane
  • il cane sull’armadio

Il nonsense non deve a tutti i costi essere eliminato, rende anzi spesso l’attività più divertente per i bambini, che troppo spesso vivono, erroneamente, la scuola come un luogo dove non si può ridere. L’educazione non deve per forza essere noiosa.

Luce e scarpe[modifica | modifica wikitesto]

L'autore riporta la storia inventata da un gruppo di bambini partendo dal binomio fantastico “scarpe” e “luce”. Nella storia un bambino, disubbidendo, prova le scarpe del papà, quest’ultimo per punirlo lo attacca alla luce. Di notte il bambino cade a terra e “rimane acceso” come fosse una lampadina, il papà prova a spegnerlo in più modi (girando la testa, schiacciano il naso eccetera) finché, togliendo le scarpe, finalmente si spegne. In questa storia per l’autore sono rivelabili infiniti significati psicologici, primo fra tutti la necessità di “far finta di.”, di immedesimarsi in una figura di riferimento come il papà, indossando i suoi panni, le sue scarpe. Le soluzioni fantastiche partono da alcune analogie: “attaccare” qualcuno alla luce lo rende come una lampadina, quindi in grado di accendersi, e la stessa analogia dà senso logico alla storia, insegna ai bambini la reversibilità: mettendo le scarpe ci si accende, togliendo le scarpe ci si spegne. I tentativi nel cercare di spegnere il bambino altro non sono che variazioni sul tema che coinvolgono tutti in un gioco collettivo perché richiamano l’esperienza di gesti quotidiani. La storia ha un elemento magico - le scarpe - e una sua morale che incarna appieno i valori tradizionali: il bambino viene punito per una disobbedienza.

Che cosa succederebbe se…[modifica | modifica wikitesto]

Le “ipotesi fantastiche” sono sempre un binomio, ma formato da un soggetto e da un predicato. Rodari riporta come esempio le Metamorfosi di Kafka: “cosa succederebbe se un giorno un uomo si risvegliasse trasformato in scarafaggio?" Allo stesso modo, immaginando un personaggio o un luogo (Milano) bisogna chiedersi cosa accadrebbe se gli venisse posto accanto un predicato (circondata dal mare). La formulazione della domanda è la fase più importante, il racconto verrà da sé. Conviene coinvolgere i bambini facendo riferimento a esperienze personali, ma che al contempo sono guardate con un approccio insolito: addentrandosi nella realtà non dall'entrata principale ma da una finestra, come dice Rodari stesso.

Il nonno di Lenin[modifica | modifica wikitesto]

Questo capitolo è la continuazione del precedente, viene raccontata una storia in cui un giovane Lenin gioca con i suoi amichetti a entrare e uscire dalla casa dalle finestre. Il nonno, preoccupato, mette sotto le finestre delle panche, cosicché possano continuare a giocare ma senza farsi male. Questo atteggiamento è metafora del mettersi al servizio della fantasia dei bambini, l’entrare dalla finestra è divertente e congeniale al lavoro, e le domande possono riguardare anche temi di spessore, utili a sviluppare il pensiero, a crescere. Rodari qui specifica che l’ipotesi fantastica è un binomio fantastico che connette o un nome (la città) e un verbo (vola), o un soggetto (Milano) e un predicato (circondata dal mare) o un soggetto (il coccodrillo) e un attributo (esperto di cacca di gatti).

Il prefisso arbitrario[modifica | modifica wikitesto]

Un modo per giocare con le parole è deformarle. I bambini nell’apprendere il linguaggio lo fanno continuamente, così da esplorare le possibilità di declinazione. Uno dei metodi più produttivi è l’utilizzo del “prefisso arbitrario” come s-, arci-, sotto-, semi-, super-, dis-, bis-, tris- eccetera. (Fra gli esempi: lo stemperino, l’arcicani, il sottogatto, il semifantasma, il superfiammifero, la bispenna, il trinocolo eccetera). Rodari nota come sul fondo ci sia sempre lo scambio fra due elementi (il prefisso e il nome) e quindi un binario.

L'errore creativo[modifica | modifica wikitesto]

Il capitolo L'errore creativo[3] è dedicato alle potenzialità creative e pedagogico-didattiche dell'errore. Difatti, secondo Rodari in ogni errore riposa la possibilità di una storia, come testimonia l'esempio della scarpina di Cenerentola che invece di essere di vaire, cioè di pelliccia, per un errore di trascrizione è diventata di verre, ossia una fantastica scarpina di vetro. Come già aveva sostenuto nel suo Libro degli errori, persino l'errore ortografico può offrire lo spunto per ogni sorta di storia dai risvolti comici o anche essere l'occasione per un'istruttiva riflessione, come nel caso della parola I-ta-glia, nella quale quella brutta g appare come un eccesso nazionalistico. Molti errori dei bambini, poi, sono in realtà creazioni autonome, utili ad assimilare una realtà sconosciuta. Sono errori che fanno ridere e ridere degli errori, ci fa riflettere Rodari, è già un modo di prenderne le distanze. Inoltre un'unica parola può suggerire innumerevoli errori e quindi innumerevoli storie. Per esempio, dalla parola automobile potrebbe derivare ottomobile, altomobile, ettomobile, autonobile, ecc. Pertanto Rodari ritiene che il proverbio Sbagliando s'impara dovrebbe essere rimpiazzato da uno nuovo che dica Sbagliando s'inventa.

Vecchi giochi[modifica | modifica wikitesto]

Il tema fantastico nasce dallo scambio, dalla mescolanza. Viene posta ad esempio un'attività in cui vengono ritagliati titoli di varie notizie sui giornali, per dar vita, mischiandoli, ad avvenimenti assurdi. Un gioco molto diffuso è quello in cui c’è una sequenza di domande che porta a una storia:

  • Chi era?
  • Dove si trovava?
  • Che cosa faceva?
  • Che cos’ha detto?
  • Che cos’ha detto la gente?
  • Com’è andata a finire?

A cui a turno un membro del gruppo risponde. Ogni risposta viene scritta sul foglio e nascosta, in modo tale che la persona dopo scriva senza sapere le risposte precedenti. Alla fine del gioco si legge la storia, ridendone o tramutandola in vero e proprio racconto. Stesso procedimento può essere adottato per un disegno a più mani. Rodari anche qui nota come di fondo ci sia sempre lo scambio fra due elementi: un binario fantastico.

Utilità di Giosuè Carducci[modifica | modifica wikitesto]

Altra tecnica suggerita da Rodari è quella del “trattamento” di un verso utilizzata dai surrealisti, che cerca di esplorare tutte le possibili variazioni della sonorità di un verso. Rodari prende ad esempio il verso 93 della poesia carducciana Davanti a San Guido:

Sette paia di scarpe ho consumate

E, mantenendone il ritmo, ne stravolge il significato:

Sette appaiate carpe scostumate

Andando avanti con i versi, crea una vera e propria filastrocca nonsense in cui ogni verso può ispirare l’altro, dare nuovi spunti:

  • sette paia di scarpe ho consumate
  • sette paia di scope
  • sette sciarpe una trota
  • una torta di mota
  • una muta di Portici
  • una multa sette multe.

Costruzione di un limerick[modifica | modifica wikitesto]

Il limerick è un genere nonsense inglese di cinque versi le cui rime seguono lo schema AABBA e il cui esponente maggiore è Edward Lear. La struttura è la seguente:

  • il primo verso dà informazioni sul soggetto;
    • il secondo verso ne indica una qualità;
      • il terzo e il quarto raccontano un’azione, il predicato;
        • il quinto e ultimo verso riprende il primo e assegna al soggetto un epiteto volutamente bizzarro.

Rodari formula un esempio:

  • Una volta un dottore di Ferrara
    • voleva levare le tonsille a una zanzara
      • l’insetto si rivoltò
      • e il naso puncicò
        • a quel tonsillofico dottore di Ferrara.[4]

Costruzione di un indovinello[modifica | modifica wikitesto]

L'autore individua tre passaggi nella formulazione di un indovinello:

  • lo straniamento
  • l’associazione
  • la metafora.

Il primo nasce nel momento in cui va separato l’oggetto (il cui nome è da indovinare, quindi segreto) da ciò che fa o che è, dalle sue caratteristiche; il secondo nasce nel momento in cui viene fatta una comparazione con l’ambiente esterno, in cui si cerca di ritrovare le stesse caratteristiche narrate, il terzo ricava le caratteristiche sopra citate interpretando la metafora. Facoltativo è il quarto passaggio, che consiste nella resa in versi dell’indovinello. Il compimento delle fasi e quindi la formulazione dell’indovinello è un misto di immaginazione e logica, viene paragonato al gioco del nascondino in cui si mette alla prova la capacità del bambino di conquista e manipolazione della realtà.

Il falso indovinello[modifica | modifica wikitesto]

Per falso indovinello si intende quell’enigma in cui la risposta è già nella domanda, e l’abilità è l’attenzione al suono delle parole:

  • Ada, Gino, Pia, Nino
  • andavano a coglier fiori
  • Chi sì chi no ne colse
  • chi fu che ne raccolse?

Risposta: Chi si chinò

Questo esercizio può essere un allenamento per i bambini di selezione della risposta giusta e di eliminazione delle alternative false.

Le fiabe popolari come materia prima[modifica | modifica wikitesto]

Rodari attribuisce a autori come i Grimm, Andersen e Collodi il merito di aver rivoluzionato inconsapevolmente la letteratura infantile distaccandosi dalla tradizione fiabesca delle scuole popolari (istruttiva e politicamente corretta). Andersen crea la fiaba contemporanea e ambienta i suoi protagonisti in un presente sempre burrascoso; Collodi pone come protagonista un bambino che si comporta come tale e non come vorrebbero gli adulti. L'autore afferma che questi autori non avevano alla mano tutto il materiale fiabesco di cui si dispone ai giorni nostri e riconosce loro il merito di aver ideato storie raccontate ancora oggi. Invita i contemporanei, con a disposizione molti più riferimenti fiabeschi degli autori prima citati, a “trattare” le fiabe classiche adoperando una serie di giochi fantastici.

A sbagliare le storie[modifica | modifica wikitesto]

I bambini sono tendenzialmente molto conservatori nel momento in cui si narra una storia. Notano subito quando anche solo un piccolo particolare cambia, ed è divertente e interessante giocare su questo, cambiare dei punti, senza per questo stravolgere l’intero racconto. Cappuccetto “Giallo” sarà al contempo un modo per allontanare i bambini da certe fisse e tecnica di rassicurazione, perché la storia avrà comunque lo stesso finale.

Cappuccetto Rosso in elicottero[modifica | modifica wikitesto]

Rodari racconta di un gioco osservato in alcune scuole: vengono date ai bambini cinque parole che suggeriscono una storia (bambina, bosco, fiori, lupo, nonna) e una che spezza la serie (elicottero). I bambini partendo da queste dovranno creare una storia. Anche qui viene ribadito che questa tecnica è un’altra variazione del binomio fantastico in cui le prime cinque parole sono una parte e la sesta l’altra. Obiettivo principale dell’attività non deve essere la fatica, ma il divertimento; da questo dovrebbero nascere le idee più brillanti.

Le fiabe al rovescio[modifica | modifica wikitesto]

L'autore presenta una variante dello sbagliare le storie in cui c’è il rovesciamento del tema, e in cui quindi ad esempio il lupo diviene buono e Cappuccetto Rosso cattiva. Consiglia di utilizzarlo anche con i fatti storici.

Che cosa accadde dopo[modifica | modifica wikitesto]

Altro gioco fantastico con alla base le fiabe è quello di immaginare cosa accadrà dopo che la storia è conclusa. Bisogna focalizzarsi inizialmente su un particolare che ha colpito i bambini, nel capitolo viene fatto l’esempio degli stivali del Gatto con gli stivali: che fine fanno? Tutta la narrazione che vi si costruisce intorno dovrebbe avvenire poi automaticamente.

Insalata di favole[modifica | modifica wikitesto]

Anche qui c’è un binomio fantastico, che però crea una connessione fra due nomi propri di fiaba, provocando una mescolanza fra fiabe, luoghi e personaggi diversi.

Fiabe a ricalco[modifica | modifica wikitesto]

In questo capitolo viene introdotta la struttura fissa della fiaba, che verrà approfondita meglio nel capitolo successivo. La tecnica presentata è quella del ricalco in cui ai nomi propri vengono sostituite delle lettere (A, B, C, X…) e vengono ridotte le azioni al minimo, generalizzandole il più possibile, per costruirci poi sopra una nuova storia, che però abbia le stesse coordinate. Si passa quindi più volte dal concreto all’astratto. L’esempio più noto nella letteratura di questa operazione è l’Ulysses di Joyce che ricalca l’Odissea.

Le carte di Propp[modifica | modifica wikitesto]

L’etnologo sovietico Vladimir Jakovlevič Propp in Morfologia della fiaba, La trasformazione delle favole in magia e Le radici storiche dei racconti di fate svolge un amplissimo lavoro di analisi delle fiabe classiche arrivando a teorizzare che queste derivino dai rituali di iniziazione delle tribù primitive (l’abbandono nel bosco, l’elemento magico, il ritorno) le quali, non più messe in atto, sono state comunque raccontate e tramandate. I narratori nel tempo hanno man mano aggiunto elementi, “tradendo” la tradizione, rendendo la storia più ricca. Ciò crea quindi una connessione fra i ragazzi di allora messi alla prova per crescere e quelli di oggi che leggono di loro e superano così le loro paure. Propp ha formulato tre principi: - le funzioni dei personaggi sono elementi fissi a prescindere dal cambio d’ambientazione; - c’è un numero limitato di funzioni che compaiono nelle fiabe; - c’è una successione sempre uguale delle funzioni in ogni storia. Le trentuno funzioni individuate sono le seguenti:

  • 1. allontanamento
  • 2. divieto
  • 3. infrazione
  • 4. investigazione
  • 5. delazione
  • 6. tranello
  • 7. connivenza
  • 8. danneggiamento (o mancanza)
  • 9. mediazione
  • 10. consenso dell’eroe
  • 11. partenza dell’eroe
  • 12. l’eroe messo alla prova dal donatore
  • 13. reazione dell’eroe
  • 14. fornitura del mezzo magico
  • 15. trasferimento dell’eroe
  • 16. lotta tra eroe e antagonista
  • 17. l’eroe marchiato
  • 18. vittoria sull’antagonista
  • 19. rimozione della sciagura o mancanza iniziale
  • 20. ritorno dell’eroe
  • 21. sua persecuzione
  • 22. l’eroe si salva
  • 23. l’eroe arriva in incognito a casa
  • 24. pretese del falso eroe
  • 25. all’eroe è imposto un compito difficile
  • 26. esecuzione del compito
  • 27. riconoscimento dell’eroe
  • 28. smascheramento del falso eroe o dell’antagonista
  • 29. trasfigurazione dell’eroe
  • 30. punizione dell’antagonista
  • 31. nozze dell’eroe

Non sono presenti sempre tutte in ogni storia, ma la progressione viene mantenuta. Rodari racconta che due suoi amici pittori hanno disegnato venti carte che rappresentassero una delle funzioni e le ha poi utilizzate lui stesso a Reggio Emilia con dei gruppi per verificarne l’efficacia. Queste carte possono essere fatte a mano da chiunque, e le modalità per utilizzarle sono varie, se ne possono anche selezionare solo tre o dividere il mazzo in due e fare una gara fra storie. Conclude con due annotazioni. La prima fa riferimento alle trasformazioni analizzate da Propp nelle fiabe russe: i meccanismi descritti sono di riduzione (una capanna diventa una capannuccia), amplificazione (la capannuccia sta su zampe di gallina e ha il tetto di marzapane), sostituzione (al posto della capanna compare una grotta) e intensificazione (un intero paese magico). La seconda riguarda una serie di dipinti di Antonio Faeti, artista e insegnante, ispirati proprio alle funzioni di Propp.

Franco Passatore mette le carte in tavola[modifica | modifica wikitesto]

L'autore menziona un ulteriore gioco (carte in favola) che si serve delle carte, creato dal Gruppo Teatro-Gioco-Vita di Franco Passatore. L’attività mira alla creazione di una storia partendo da carte preparate incollando immagini e scritte ritagliate dai giornali. A turno ognuno, in base alla carta pescata, deve inventare un nuovo pezzetto della favola fino a concluderla. Questo Gruppo lavora spesso con i bambini, altro gioco preso ad esempio consiste nel creare una storia partendo da tre oggetti, che ancor più delle parole dovrebbero portare a molteplici connessioni mentali e dare stimoli per nuove storie.

Fiabe in chiave obbligata[modifica | modifica wikitesto]

In questo capitolo viene analizzato il passaggio da una tonalità all’altra in un racconto. L’esempio che riporta l'autore è quello della storia del pifferaio magico: ne cambia l’ambientazione trasferendola a Roma e da lì avvia una serie di ragionamenti. Osserva che Roma non è invasa tanto dai topi quanto dalle macchine, e che quindi il pifferaio in questa rivisitazione probabilmente libererà la città dal traffico, per permettere ai pedoni di camminare liberi per le strade. Stesse modalità possono essere eseguite con Cenerentola o con opere più impegnative come i Promessi Sposi.

Analisi della befana[modifica | modifica wikitesto]

L’analisi fantastica mira a individuare quei punti chiave che caratterizzano un personaggio. Nel caso del libro viene presa in esame la Befana e vengono individuati tre fattori primi:

  • la scopa
  • il sacco dei regali
  • le scarpe rotte.

Partendo da questi punti è possibile inventare nuove storie, usando tecniche affini al binomio fantastico. Ci si può quindi chiedere dove si comprano le scope magiche, immaginare che il sacco dei regali abbia un buco, fantasticare sulla Befana che ruba nelle case dei bambini delle scarpe buone per sostituire le sue rotte.

L’omino di vetro[modifica | modifica wikitesto]

Rodari consiglia nel momento in cui si crea un contesto intorno a un personaggio inventato di basarsi proprio sulle sue caratteristiche per estrapolarne storie. L’esempio posto è quello di un omino di vetro: il primo ragionamento fatto fa riferimento alla trasparenza del vetro, che quindi potrebbe far leggere tutti i pensieri dell’omino, condannato a non poter dire bugie. Il secondo ragionamento fa riferimento alla fragilità del vetro, e qui Rodari immagina la casa di questo omino piena di materassi morbidi per evitare che si rompa. Infine immagina che il suo dottore sia un vetraio.

Pianoforte Bill[modifica | modifica wikitesto]

Riprendendo il capitolo precedente Rodari afferma che anche nei fumetti spesso i personaggi vengono definiti in base a un loro attributo. Fa l’esempio dei paperi Disney, la cui definizione è morale (ricchi, rabbiosi, fortunati etc.) e consiglia la lettura dei fumetti nelle scuole. Dopo un po’ di dimestichezza col genere i bambini dovrebbero essere in grado di creare storie proprie e l’esercizio di creare vignette, dialoghi e personaggi dovrebbe contribuire allo sviluppo della loro capacità fantastica e narrativa. L’idea per un personaggio può nascere da un semplice oggetto, come con Braccio di Ferro e i suoi spinaci o un da un nome o un ruolo assegnato (pirata, bandito, indiano eccetera). Il titolo del capitolo, Pianoforte-Bill, è il nome di un personaggio inventato da Rodari: un cowboy che porta il suo strumento sul proprio cavallo.

Mangiare e giocare a mangiare[modifica | modifica wikitesto]

I bambini sin da piccoli attraverso il dialogo con i genitori assorbono suoni, informazioni, emozioni che caratterizzano la vita quotidiana. Ciò permette loro di sviluppare i processi mentali nella loro mente, fino a riuscire a istituire dei dialoghi dentro loro stessi. L'autore incoraggia chi vuole scrivere storie per l’infanzia a prestare attenzione al dialogo materno. Per Rodari le madri hanno la capacità di rendere momenti di vita quotidiana giochi dal gusto estetico: con delle formule fisse (l’aereoplanino quando si mangia, la filastrocca per allacciarsi i bottoni) è possibile creare un legame, un rito fra figli e genitori e fra bambini e fantasia stessa.

Storie in tavola[modifica | modifica wikitesto]

I genitori creano costantemente storie con gli oggetti di uso quotidiano, come quelli che si trovano sulla tavola o sui seggioloni. Quella che applicano, spesso inconsapevolmente, è la tecnica dello straniamento per attribuire nuovo significato. Altro aspetto tipico dei giochi dell’infanzia è la necessità di stabilire la differenza fra essere e non essere. Il gioco del tapparsi gli occhi e di immaginare che una cosa scompaia e poi riappaia è un modo per osservare con più attenzione l’oggetto considerato.

Viaggio intorno a casa mia[modifica | modifica wikitesto]

Rodari in questo capitolo riflette sulle tecniche che un genitore può adoperare per inventare storie con gli oggetti di casa, ancor di più in case moderne come quelle nel tempo in cui scrive (anni Settanta) che confronta con quelle, più povere tecnologicamente, della sua infanzia. Non è per il bambino confusionario ascoltare una storia “animista” (che rende vivo l’oggetto protagonista, capace di pensare, provare emozioni, fare azioni) perché arriverà da solo poi a distinguere fantasia e realtà e da solo cercherà di capire scientificamente quale meccanismo controlla le macchine che vede. Considerate le molteplici esperienze possibili, probabilmente l'immaginazione dei bambini che vivono nel mondo contemporaneo sarà più ricca e estesa.

Il giocattolo come personaggio[modifica | modifica wikitesto]

I giocattoli vengono utilizzati dai bambini principalmente in due modi: - per il gioco a cui sono destinati - per ricreare nel loro piccolo tutte quelle situazioni che osservano nel mondo adulto e per cui si preparano, che sentono la necessità di imitare, simulare. Questo secondo tipo di utilizzo rientra per Piaget nel gioco simbolico, cioè quella pratica con cui i bambini rivivono certe situazioni, si esprimono, dialogano con se stessi, crescono. L’adulto non deve intromettersi nel gioco riportando la dimensione ludica al suo stadio iniziale, legato ai suggerimenti del giocattolo, ma invece assecondare il gioco simbolico incrementandole gli stimoli.

Marionette e burattini[modifica | modifica wikitesto]

Il capitolo racconta del lavoro di Otello Sarzi, artista e burattinaio, che è andato per le scuole con la sua compagnia a raccontare alle nuove generazioni le tradizioni legate al teatro dei burattini, nel quale si possono intercettare riferimenti ai miti classici, alla lirica, alla storia e così via. In particolare, nelle scuole per l’infanzia di Reggio Emilia c’è un teatro a disposizione in cui ogni bambino può inventare e sperimentare la sua storia di burattini. Non sono tanto le parole a comunicare, quanto il movimento, e ciò rende quindi quest’arte più efficace solo se praticata, allenata, vissuta. Rodari nota come spesso nelle case ci siano più le marionette, in cui viene curata maggiormente la scenografia, mentre nelle scuole appunto i burattini. Fra i consigli che l’autore offre c’è il riadattamento delle fiabe popolari, l’inserimento di un personaggio comico, la messa in scena di un popolare show televisivo, in cui inserire ad esempio un personaggio delle fiabe (Pinocchio al Rischiatutto); il tutto mantenendo alcune simbologie costanti, così da trasmettere rassicurazione.

Il bambino come protagonista[modifica | modifica wikitesto]

Rodari pone l’attenzione sull’abitudine delle mamme di inserire come protagonisti delle storie i figli stessi. Questa pratica permette di ambientare paure o vizi della propria vita quotidiana in un contesto immaginario, piacevole per il bambino, in cui tutto può succedere. Se quindi il bambino la notte lamenta la paura del buio, nella storia sarà un eroe in grado di sconfiggerlo; se assume degli atteggiamenti sbagliati nella storia, potrà immaginarsi mentre ne subisce le conseguenze, capire, capirsi e correggersi, senza per questo subire dalla mamma un rimprovero o l’imposizione di una morale.

Storie tabù[modifica | modifica wikitesto]

Spesso il costume nella letteratura per l’infanzia e nell’impostazione scolastica ha additato determinati argomenti come “tabù”, come cose “di cui è bene non parlare”. Rodari considera questo atteggiamento perbenista e pone come punto di riferimento per questo tema le fiabe popolari o le barzellette, estranee all’ipocrisia prima citata. Ribadisce come sia importante ridere di determinati argomenti, così da sdrammatizzarli invece che demonizzarli. Fa riferimento alle curiosità sessuali, o anche alla semplice parola “cacca”, su cui nella sua vita familiare ha scritto canzoni assieme ai figli e con cui si diverte a stravolgere il racconto del Re Mida, che invece di trasformare tutto in oro finisce per trasformare tutto in cacca. A fine capitolo lancia un appello e si augura che il concetto di “cattivo gusto” vari negli anni seguenti e che definisca situazioni come lo sfruttamento lavorativo.

Pierino e il pongo[modifica | modifica wikitesto]

Viene analizzata la tendenza dei bambini in fase di crescita a utilizzare parole escrementizie, c’è una ridondanza legata alla necessità di liberarsi, di sfogare un senso di colpa. All’inizio del capitolo viene presentata una storia e successivamente l’autore prova a immaginare come sia nata e come si sia sviluppata.

Storie per ridere[modifica | modifica wikitesto]

Una delle prime forme di comicità nella vita dei bambini è il “riso di superiorità”. Il bambino ride degli “sbagli” dei grandi, come ad esempio quando per imboccarlo la madre infila intenzionalmente il cucchiaino in altre parti del volto prima di arrivare alla bocca. Ridere dell’errore permette al bambino di sentirsi più sicuro, di alleviare il senso di paura. Allo stesso tempo è importante per Rodari, nelle storie, combattere anche la paura del cambiamento e rendere eroici, vincenti, i personaggi anticonformisti. Altra strategia comica è l’esagerazione delle metafore, dei modi di dire, l’esempio posto è “l’orologio che spacca il minuto”, il quale potrebbe in una storia fantastica spaccare anche legname, sassi eccetera. Il riso parte dalla sorpresa, dall’assurdo, può nascere dando l’incipit di una storia (una gallina entra in una macelleria e…) o paragonando le persone a oggetti (l’uomo che cade come fosse un birillo). Quest’ultima sfumatura può assumere tratti pirandelliani, ride dell’ingiustizia, lascia l’amaro. Sempre in riferimento alla paura il riso può diventare “aggressivo”: se i bambini avranno il terrore dei fantasmi si chiederà loro di immaginare una storia dove li possano distruggere, sconfiggere.

La matematica delle storie[modifica | modifica wikitesto]

Le storie possono essere utilizzate anche per fini didattici relativi al pensiero logico. L’autore riporta vari esempi, fra questi, in riferimento alla teoria degli insiemi, la storia di un pulcino che, perduta la mamma, incontra altri animali (altri insiemi) fino a ritrovare il suo. Altro esempio fa riferimento al concetto di reversibilità e si basa su una storia in cui gli uomini vengono trasformati in topi e successivamente tornano umani.

Il bambino che ascolta le fiabe[modifica | modifica wikitesto]

Il bambino di 3-4 anni che ascolta le fiabe vive il momento del racconto secondo l'autore come un modo per stare con l’adulto, per avere le sue attenzioni; quando chiede una seconda storia cerca di prolungare il tempo insieme, non si concentra sulla storia quanto sull’espressione con cui viene narrata. È forte il contatto con la lingua materna, che rassicura anche quando nel racconto appaiono situazioni o personaggi paurosi. La fiaba non punta all’imitazione, ma alla contemplazione, non è quindi superata per i nostri tempi ma strumento che permette a chi ascolta di comprendere la struttura del racconto, di farlo proprio, di ricreare storie e, attraverso la narrazione, di combattere i propri timori.

Il bambino che legge i fumetti[modifica | modifica wikitesto]

Il bambino di 7-8 anni che legge il fumetto allena secondo Rodari la sua nuova capacità di lettura, si esercita nel riconoscere i movimenti dei personaggi nelle vignette, si diverte a immaginare la voce di ogni personaggio e a dargli la giusta intonazione. È un lavoro faticoso che unisce ragione e immaginazione.

La capra del signor Sèguin[modifica | modifica wikitesto]

Quando si racconta una storia ogni destinatario decodifica il messaggio seguendo un suo codice. Viene posto l’esempio di una storia in cui una capra di proprietà di un pastore sogna di essere libera. Riesce a fuggire, ma alla fine viene mangiata da un lupo. Sottoposta ai bambini questa storia è stata considerata ingiusta, la rivalsa della capra può avvenire, per loro, solo se questa vince sul lupo. Nell’ottica di chi la raccontava, invece, era proprio la sua morte eroica a rendere il finale importante. La discussione sui messaggi delle storie, sui vari punti di vista di chi ascolta, i punti critici riscontrati portano secondo l'autore a un maggiore sviluppo del pensiero critico.

Storie per giocare[modifica | modifica wikitesto]

In questo capitolo viene affrontato più specificatamente il problema fantastico. Rodari racconta di più occasioni in cui, ponendo un problema, chiedeva ai bambini con cui si trovava in quel momento di trovare una soluzione. Quando si parla di un’invasione di fantasmi se a raccontare è un esterno il bambino riderà della situazione, si prenderà beffe dei fantasmi; se gli verrà chiesto di raccontarla lui stesso manterrà invece una certa prudenza: il contatto con la paura diventerà diretto e cercherà strategie efficaci per sconfiggerla. Quando si narra di un uomo che non riesce a dormire perché di notte sente le voci di persone che chiedono aiuto non sempre l’attenzione si concentrerà su chi si lamenta, potrebbe accadere – come è successo a Rodari - che il bambino si identifichi nell’uomo insonne e trovi una soluzione semplice, apparentemente egoista, come mettersi i tappi per le orecchie. Il finale aperto apre a infinite possibilità, ogni destinatario potrà essere colpito da elementi differenti e formulare soluzioni diverse.

Se il nonno diventa un gatto[modifica | modifica wikitesto]

Continuano gli esempi dei finali inventati dai bambini. La storia analizzata narra di un nonno poco considerato che finisce per trasformarsi in gatto e, tornato a casa, viene riempito di attenzioni. Quello che Rodari osserva dalle reazioni dei bambini è lo sviluppo di un senso di giustizia (hanno il desiderio che riacquisti forma umana) e di soluzioni logiche a cui neanche lui aveva pensato (danno per scontato che l’oggetto magico della trasformazione sia un oggetto sotto cui era il nonno al momento della magia).

Giochi in pineta[modifica | modifica wikitesto]

L’autore racconta di quando in un albergo si mise a osservare dalla finestra il gioco di due bambini di cinque e sette anni. Si concentra sulle dinamiche che li portano a immaginare questa o quella situazione, da cui il gioco parte e evolve continuamente. Definisce il gioco un “racconto in atto”, di cui però non è sempre facile cogliere ogni associazione mentale.

Immaginazione, creatività, scuola[modifica | modifica wikitesto]

Vengono citati vari filosofi che hanno affrontato il tema della fantasia e dell’immaginazione. Alcuni ne hanno sottolineato le differenze (Kant, Fichte, Hegel), altri li hanno accomunati (Sartre, Husserl). Rodari afferma che la creatività non è inferiore a memorizzazione e attenzione – da sempre favorite nelle scuole – ma che è una funzione necessaria nel quotidiano, utile sia in campo umanistico che scientifico. Fa riferimento alle prime ricerche di allora (1972-3) sul pensiero divergente e cita indicazioni sul processo creativo pubblicate dal Movimento di Cooperazione Educativa. In riferimento alla scuola si augura che il maestro diventi “animatore”, in grado di accompagnare ai ragazzi nell’analisi, anche giocosa, della realtà, identificata da lui come unica materia e ricca di sfaccettature.

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ In realtà, nel 1981 seguì un Esercizi di fantasia, a cura di Filippo Nibbi e con prefazione di Tullio De Mauro, per la Editori Riuniti di Roma che riprende la Grammatica in modo applicativo e con esempi, così come presso lo stesso editore Chi sono io? I primi giochi di fantasia (1987), Io e gli altri. Nuovi giochi di fantasia (1988) e Scuola di fantasia (1992), tutti a cura di Carmine De Luca, ma l'unico testo coerente ed esaustivo, voluto da Rodari stesso, è la Grammatica della fantasia, un'opera che presenta l'altra faccia e allo stesso tempo la radice artigianale e da laboratorio della sua narrativa.
  2. ^ Nel senso di un "manuale" tipo il ricettario di Pellegrino Artusi.
  3. ^ Rodari (1973), pp. 36-38.
  4. ^ https://lnx.whipart.it/magazine/limerick-lear-rodari/

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]