Giacomo Stefani

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Don Giacomo Stefani

Giacomo Stefani (Magasa, 29 marzo 1816Magasa, 15 maggio 1888) è stato un presbitero, scrittore e patriota italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Magasa, via Dosso. A sinistra la casa natale di don Giacomo Stefani

Don Giacomo (o Jacopo) Stefani nacque a Magasa nel 1816 da Pietro e Teresa Corsetti di Turano in Valvestino. Studiò nel seminario di Santa Giustina a Salò, in quello di Trento e fu ordinato sacerdote nella stessa arcidiocesi tridentina. Cooperatore nel 1836 ad Ala, istitutore presso il nobile Bernardo Candelspergher a Rovereto, fu iscritto all'Accademia Roveretana degli Agiati di Rovereto nel 1861. Dotato di robusto ingegno e svariata erudizione, si diede per molti anni all'istruzione della gioventù e dei seminaristi, dapprima all'Imperial Regio Ginnasio di Rovereto nel 1856 come insegnante supplente di latino, italiano, storia e matematica, poi al collegio Civico di Desenzano e infine nell'istituto Lodron di Salò. Ben conosciuto nella riviera gardesana, si può ritenere che fosse stato lui a indicare nel 1872 il collega e compaesano professore don Bartolomeo Venturini all'amministrazione del collegio Civico Bagatta di Desenzano come nuovo direttore.

Il patriota[modifica | modifica wikitesto]

Di idee politiche liberali fu sempre nelle attenzioni della polizia austriaca che ne spiava ogni movimento. In un rapporto di polizia del 1860 si apprende che: "Stefani Don Giacomo (presso Bernardo Candelspergher), ha ricevuto da Fiorini Pietro di Brescia diversi manifesti della Secolarizzazione della Sacra Bibbia di monsignore Tiboni, con incarico di spedirne due all'abate barone Giovanni Battista a Prato di Trento", noto propugnatore dell'italianità del Trentino. Durante la terza guerra di indipendenza don Giacomo Stefani fu nuovamente segnalato, con don Bartolomeo Venturini, alle autorità di polizia di Trento. Difatti il pretore di Condino, Adolfo Strele, inviò all'imperial regio consigliere di polizia di Trento, cav. Carl Pichler von Deeben, il 17 settembre 1866 la segnalazione: “Venne riferito che certo Venturino Giorgi detto Bagata, oste di Hano[1], nello stato sardo, dopo l'invasione dei Garibaldini in questo distretto, era incaricato di recarsi a Trento, e che si doveva accompagnare con alcuni emigrati del cessato Circolo di Trento, secondo il dire dei quali a Trento era tutto pronto per lo scoppio di una rivoluzione, per la quale erano preparati vestiti, armi e munizioni. Il detto Bagata sarebbe munito di passaporto con la qualifica di mercante; e consta che viene talvolta nella Val Vestino, ove tiene conferenza con don Giacomo Stefani e con il professore don Bartolomeo Venturini di Magasa, ambidue noti per i sentimenti contrari al legittimo Governo[2].

L'amnistia civile-penale concessa dal governo austriaco il 3 ottobre 1866 riguardante tutti quei cittadini tirolesi cooperanti con il Corpo Volontari Italiani di Garibaldi, lo salvò da un imminente procedimento giudiziario.

Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Magasa, località Costa di Romario. Ruderi del fabbricato di caccia appartenuto nel 1800 a don Giacomo Stefani in località Nagh, ora detto "Rocòl de la Comàr" (allevatrice, nella dizione locale) dal soprannome della proprietaria Elvira Salvi nel corso del 1900

Uomo avvezzo agli scherzi, anche dei più truci, si ricorda, ancora oggi, un fatto perpetrato a danno dei suoi giovani seminaristi a Magasa. Stizzito delle vanterie di costoro che asserivano di non temere i serpenti, al termine di un pranzo esclamò platealmente: “Ah, così voi non avete paura dei serpenti!” togliendo contemporaneamente dalla tasca, tra lo stupore generale, un innocuo colubro. Fu subito il panico fra i presenti e in breve tempo la stanza si svuotò completamente dei coraggiosi religiosi!

Cimitero di Magasa. La lapide di don Giacomo Stefani

Si ritirò a Magasa nella casa natale di via Dosso n° 2, trascorrendo buona parte della sua giornata nella tranquillità dello studio, nell'esercizio delle opere di carità con la fondazione di “Legati” alla Confraternita del Santissimo Sacramento e nell'insegnamento ai giovani. Era proprietario di un roccolo detto Roccolo de la Comàr[3] e di un fondo agricolo in località Costa di Romario, detto Nagh sulle pendi del monte Denai. Con testamento del 15 agosto 1887 elargiva una certa somma di denaro alla chiesa di Magasa per la celebrazione di sante messe.

Morì nel 1888 lasciando vivo desiderio di sé e nell'atto di morte redatto dal curato don Amadio Monticelli si legge: “Il molto reverendo don Giacomo Stefani di Magasa munito di tutti i conforti della nostra divina religione, dopo lunga e penosissima malattia spirò il dì 15 maggio e fu sepolto il giorno 17 maggio nel cimitero antico innanzi alla Chiesa al lato sinistro, come era suo vivo desiderio coll'intervento di 4 sacerdoti”. In seguito alla mancata autorizzazione sanitaria la salma fu traslata nell'attuale cimitero.

Scritto[modifica | modifica wikitesto]

  • La prigioniera del Garda, leggenda in versi sciolti edita nel 1863.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Oggi Capovalle
  2. ^ R. Gasperi, Per Trento e Trieste. L'amara prova del 1866, 2 voll. Trento 1968.
  3. ^ Nella parlata locale significa allevatrice ed era il soprannome della proprietaria del fondo nel secolo scorso, Elvira Salvi.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gianpaolo Zeni, La guerra delle Sette Settimane. La campagna garibaldina del 1866 sul fronte di Magasa e Val Vestino, Comune e Biblioteca di Magasa, 2006.
  • Bollettino Salesiano, Anno XIII, N. 8, agosto 1889.
  • Archivio di Stato di Trento.
  • R. Gasperi, Per Trento e Trieste. L'amara prova del 1866, 2 voll. Trento 1968
  • Giovanni Salvadori, La Congregazione della Chiesa nazionale italiana in Vienna: notizie storiche estratte da documenti originali, pubblicato da Tip. Drescher & Comp., 1891.

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