Francesco Branciforte, marchese di Militello

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Francesco Branciforte Barresi
Marchese di Militello
Barone di Carancino
Stemma
Stemma
In carica1605-1622
Investitura19 ottobre 1605
PredecessoreCaterina Barresi Branciforte
SuccessoreMargherita d'Austria Branciforte
TrattamentoDon
NascitaMilitello Val di Noto, 17 marzo 1575
MorteMessina, 23 febbraio 1622
SepolturaAbbazia di San Benedetto
Luogo di sepolturaMilitello in Val di Catania
DinastiaBranciforte
PadreFabrizio Branciforte Barresi
MadreCaterina Barresi Branciforte
ConsorteGiovanna d'Austria
Figli
  • Margherita
  • Caterina
  • Flavia
ReligioneCattolicesimo

Francesco Branciforte Barresi, marchese di Militello (Militello Val di Noto, 15 marzo 1575Messina, 23 febbraio 1622), è stato un nobile e mecenate italiano del XVII secolo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Militello Val di Noto il 15 marzo 1575, da Fabrizio, III principe di Butera, e dalla di lui consorte la nobildonna Caterina Barresi Branciforte, marchesa di Militello, di cui era figlio primogenito. Visse i suoi primi anni di vita in Spagna, nella corte della nonna paterna Dorotea Barresi Santapau dei principi di Pietraperzia e del suo terzo marito Juan de Zúñiga y Requeséns; nel 1605, alla morte della madre, ereditò il titolo di Marchese di Militello, di cui si investì il 19 ottobre di quell'anno, ed ebbe conferma del mero e misto imperio sul relativo feudo il 16 ottobre 1608.[1]

A Militello, il Marchese Francesco trascorse gran parte della sua vita da adulto, ed assieme alla moglie Giovanna d'Austria diede vita a una corte raffinata, ritenuta la più prestigiosa nella Sicilia del XVII secolo.[2] Egli promosse l'affermazione culturale di alcuni esponenti del luogo (letterati come Pietro Carrera, Filippo Caruso e Mario Tortelli; giuristi come Mario Gastone; scultori come Giambattista Baldanza) e attirò artisti (pittori come Filippo Paladini e Mario Minniti; argentieri come Giuseppe Capra).[1]

Branciforte si dedicava allo studio delle lettere, della matematica, delle scienze naturali, della filosofia e della teologia, e con la propria consorte condivideva la passione per la musica e per il teatro.[1] Nella cittadina, il Marchese di Militello vi fondò una biblioteca, una tipografia, un monastero dei Padri Domenicani e l'Abbazia di San Benedetto, e sotto la sua amministrazione avvenne pure la ristrutturazione urbanistica del borgo con la costruzione di monumenti e strade.[1]

Nel 1622, il Branciforte si recò a Messina per rendere l'accoglienza al viceré Emanuele Filiberto di Savoia, nominato dal re Filippo IV di Spagna. Ammalatosi gravemente all'arrivo nella predetta città, vi morì il 23 febbraio all'età di 47 anni.

La sua salma fu trasportata a Militello, dove inizialmente fu traslato nel convento di San Francesco d'Assisi, e successivamente sepolto nell'Abbazia di San Benedetto.[1]

La morte[modifica | modifica wikitesto]

Sulla morte del Marchese di Militello diversi storici contemporanei hanno formulato l'ipotesi secondo cui essa sarebbe avvenuta per avvelenamento: un riscontro oggettivo lo fornisce un esame tossicologico eseguito nel 1996 sulla testa imbalsamata del Branciforte - appositamente prelevata dalla sua sepoltura e portata in un laboratorio scientifico dell'Università di Pisa - attraverso cui è stata rilevata una notevole quantità di arsenico.[3]

L'arsenico sarebbe stato ingerito attraverso i cibi, ed è stato ipotizzato anche un collegamento tra l'omicidio e i frequenti ed accesi contrasti che il Marchese ebbe in vita con il padre il Principe Fabrizio, che accusava per la cattiva gestione finanziaria del patrimonio di famiglia.[4]

Matrimoni e discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Il marchese Francesco Branciforte Barresi, il 20 agosto 1603 sposò a Palermo, con nozze celebrate dall'Arcivescovo di Monreale, Giovanna d'Austria (1573-1630), figlia naturale di Giovanni, quest'ultimo figlio naturale di Carlo V d'Asburgo.[5]

Dall'unione nacquero tre figlie: Caterina (*† 1610) e Flavia (*† 1611) morte infanti, e Margherita (1605-1659), suo jure IV Principessa di Butera, che sposerà il principe romano Federico Colonna, contestato Principe di Palliano (1601-1641), da cui avrà un solo figlio, Andrea (1620-1623)[6][7].

Letteratura[modifica | modifica wikitesto]

Il cronista militellese Filippo Caruso affermò che il Marchese di Militello compose due commedie, oggi perdute, Il turco fedele e I due pellegrini, un trattato, anch'esso perduto, sull'amore onesto, Il Cis, e un trattato, incompiuto, su La Ragione di Stato.[1][8]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f Bazzano.
  2. ^ Abbotto, p. 72.
  3. ^ Abbotto, p. 81.
  4. ^ Abbotto, pp. 79-80.
  5. ^ Abbotto, pp. 70-72.
  6. ^ COLONNA, Federico in "Dizionario Biografico", su treccani.it. URL consultato il 23 febbraio 2022.
  7. ^ Abbotto, pp. 83-84.
  8. ^ Abbotto, p. 73.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • M. A. Abbotto, Militello in Val di Catania nella storia, Mascalucia, Novecento, 2008.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]