Fabula milesia

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Fabula Milesia
Titolo originaleΜιλησιακά o Μιλησιακοί λόγοι
Amore e Psiche, i protagonisti della fabula Milesia delle Metamorfosi di Apuleio
AutoreAristide di Mileto
1ª ed. originale126-90 a.C. (?)
GenereRaccolta di novelle
Lingua originalegreco antico

La Fabula Milesia (in greco antico: Μιλησιακά?, Milēsiaká e Μιλησιακοί λόγοι (Milēsiakoí lógoi), "Storie milesie") di Aristide di Mileto è una raccolta di novelle andata perduta, le cui storie, secondo le testimonianze antiche, erano a sfondo erotico.[1]

Pur mancando del tutto dati biografici dell'autore e riferimenti cronologici all'epoca di composizione, si tende a collocare l'opera tra la fine del II e l'inizio del I secolo a.C.,[2] ponendo l'attività dell'autore, in modo congetturale, tra il 126 e il 90 a.C.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

L'opera non ci è pervenuta né nella redazione originale greca, di cui si conserva solo un frammento,[3] né nella traduzione latina di Lucio Cornelio Sisenna, di cui rimangono dieci frammenti;[4] restano però alcune testimonianze dalle quali si evince che l'opera fosse piuttosto nota tra I e II secolo: il secondo libro dei Tristia ovidiani,[5] il prologo degli Amores pseudolucianei,[6] un passo della Vita di Crasso di Plutarco.[7] Ovidio accenna all'opera di Aristide parlando di Milesia crimina, termine che ne sottolinea la licenziosità;[8] Plutarco la definisce ἀκόλαστα βιβλία[9] e lo Pseudo-Luciano ἀκόλαστα διηγήματα,[10] termini di egual valore. Aristide si servì forse della tecnica dello «stile orale»: le vicende sarebbero state raccontate da un narratore omodiegetico (interno al romanzo, in prima persona) che identificandosi spesso nel protagonista avrebbe narrato i fatti come personalmente vissuti o uditi (e in questo senso sono importanti gli Amores, ove troviamo Aristide intento a farsi raccontare fatti accaduti a Mileto);[11] tuttavia le informazioni disponibili sulla raccolta sono troppo scarse per stabilire se il narratore fosse effettivamente in prima persona e lo si è inferito principalmente dall'analisi del Satyricon o delle Metamorfosi, che subirono influssi dalla Fabula Milesia.[12] Analogamente non è stato possibile verificare l'ipotesi moderna secondo la quale almeno parte delle novelle sarebbero state prosimetriche, che del resto non è confermata dalle testimonianze antiche,[13] né quella che propone una cornice narrativa di collegamento tra le storie,[14] che comunque è plausibile.[15]

La data di composizione delle novelle non è nota, ma si sono ipotizzati gli anni a cavallo tra II e I secolo a.C.; non è da escludere, però, che le origini delle novelle siano molto più antiche, poiché avrebbero delle somiglianze con le favole sibaritiche di cui parlava già Aristofane nel V secolo a.C.[16]

Il titolo della raccolta presuppone una connessione con la città di Mileto. Forse si riferisce all'origine dell'autore o al carattere lascivo e molle attribuito agli abitanti di quella città,[17] o forse ancora è una parodistica imitazione dei titoli della tradizione logografa ionica di età ellenistica.

Fortuna letteraria[modifica | modifica wikitesto]

L'opera ebbe particolare fortuna nel mondo romano, nel quale fu conosciuta per il tramite della traduzione in lingua latina fatta dallo storico romano Sisenna. L'influenza letteraria è visibile in alcune parti del Satyricon di Petronio Arbitro e delle Metamorfosi di Apuleio.[17]

Il termine Fabula milesia fu successivamente usato non solo per riferirsi all'opera di Aristide (o alla traduzione latina), ma continuò ad arricchirsi e a svilupparsi con Apuleio; è citata anche da alcune testimonianze di età cristiana (Girolamo,[18] Tertulliano,[19] Sidonio Apollinare[20]), nelle quali però il significato prevalente è quello di "racconto licenzioso".[21]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Harrison, p. 227.
  2. ^ Bowie, p. 252.
  3. ^ Arpocrazione, Lessico dei dieci oratori, s.v. δερμηστής.
  4. ^ Bowie, pp. 247-248.
  5. ^ Ovidio, II, 413-418; 443-444.
  6. ^ Pseudo-Luciano, 1.
  7. ^ Plutarco, 32, 4-6.
  8. ^ Ovidio, II, 413.
  9. ^ Plutarco, 32, 4.
  10. ^ Pseudo-Luciano, I, 1.
  11. ^ Bowie, pp. 244-245.
  12. ^ Bowie, pp. 245-246. Per l'impatto delle novelle sulla successiva produzione greca e latina, si veda Bowie, pp. 248-252.
  13. ^ Bowie, pp. 246-247.
  14. ^ Tilg, pp. 38-39.
  15. ^ Tilg, p. 40.
  16. ^ Bowie, pp. 252-256. Aristofane accenna alle favole sibaritiche nelle Vespe, 1426-1440.
  17. ^ a b Bowie, p. 257.
  18. ^ Contra Rufinum, I, 17.
  19. ^ De anima, XXIII, 4.
  20. ^ Epistulae, VII, 2, 9.
  21. ^ Tilg, p. 40 n. 9.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie
Fonti moderne

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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