Ezio Mizzan

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Ezio Mizzan

Ambasciatore d'Italia in Thailandia
Durata mandato1959 –
1965
PredecessoreGuelfo Zamboni
SuccessoreAndrea Ferrero

Ambasciatore d'Italia in Pakistan
Durata mandato1966 –
1969
PredecessoreLuca Dainelli
SuccessoreFranco Bounous

Dati generali
Titolo di studioLaurea in Giurisprudenza
UniversitàUniversità di Roma

Ezio Mizzan (Trieste, 12 gennaio 1905Rawalpindi, 26 marzo 1969) è stato un diplomatico italiano. È stato ambasciatore d'Italia in Thailandia e Pakistan, e incaricato d'affari in Cina nel periodo critico dell'avvento del comunismo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Ezio Mizzan nacque a Trieste il 12 gennaio 1905, da Giovanni Mizzan, farmacista, la cui famiglia era di origine istriana pisinota, e Gilda Rovis.[1][2] Dopo essersi laureato in giurisprudenza all'Università di Roma,[3] proseguì gli studi all'estero, e nel 1932 iniziò la sua carriera diplomatica.[2][4] Lavorò per un breve periodo alla Farnesina.[2]

Mizzan prestò servizio a Rio de Janeiro (1933-1935) e ad Annaba (1935-1937) come Vice Console, per poi prestare servizio nelle ambasciate italiane di Bucarest (1937-1940) e Bruxelles (1940).[2][3]

Dal 1940 al 1942 fu Console a Breslavia, nel Terzo Reich.[5] Nel 1942 venne trasferito a Berlino e nel 1943 a Parigi.[3] Servì il governo fascista fino all'uscita dell'Italia dall'Asse.[2] Mizzan si trovava a Parigi al momento dell'Armistizio di Cassibile nel settembre 1943. Visto il suo rifiuto di continuare a servire la Repubblica di Salò, venne internato brevemente a Vittel, trasferito a Salsomaggiore e poi liberato nello stesso anno, raggiungendo Roma nel 1943.[2]

Negli anni della ricostruzione collaborò alla risoluzione dei problemi legati alla Venezia Giulia, il cui destino doveva essere deciso dai trattati di pace, contribuendo con la sua preziosa conoscenza di luoghi e situazioni.[2]

Nel 1946 partì per la Cina. Era l'inizio del ventennio che egli avrebbe trascorso in Asia. Fu inizialmente Console a Hankow, divenendo in seguito primo segretario d'ambasciata a Nanchino.[2] Dopo che l'ambasciatore italiano rientrò improvvisamente in Italia, Mizzan si ritrovò alla guida delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina, divenendo l'incaricato d'affari.[6][7][8] Era un momento critico poiché in Cina era in corso l'avvento del comunismo. Mizzan, e gli altri funzionari italiani rimasti al loro posto, non erano riconosciuti, e non godevano dell'immunità diplomatica. Erano considerati dai comunisti cinesi come semplici cittadini, se non addirittura spie di governi stranieri ostili.[8]

La situazione si fece ancora più tesa dopo lo scoppio della guerra in Corea. Già nel gennaio del 1950, Mizzan comunicava a Roma con un messaggio scritto in inglese e affidato ai britannici, che erano gli unici a possedere una radio con cui comunicare col mondo esterno.[9] Nel febbraio del 1951, egli consigliava Roma di prendere una decisione ferma: o rompere ogni tipo di relazione con i comunisti cinesi, o riconoscere il nuovo governo. Roma inizialmente ponderò il riconoscimento. Nel febbraio dello stesso anno, Carlo Sforza preparò un telegramma in cui riconosceva la Cina comunista ed esprimeva la sua volontà di stabilire relazioni diplomatiche, chiedendo a Zhou Enlai di rivolgersi a Mizzan come capo delle relazioni diplomatiche ad interim.[7][10]

Alla fine, l'Italia decise invece di non riconoscere la Repubblica Popolare Cinese. L'ambasciata fu quindi chiusa, e l'incenerimento degli archivi, già iniziato da Mizzan a Shanghai un anno prima, fu completato.[6] Mizzan riuscì ad ottenere a fatica un visto di uscita e raggiunse Hong Kong nel dicembre 1951.[6] Con il rientro di Mizzan, la rete diplomatica tra Italia e Cina, iniziata con Marco Polo ed inaugurata ufficialmente negli anni sessanta del XIX secolo, fu troncata, e non sarebbe stata riattivata fino a vent'anni dopo.[8]

Mizzan divenne in seguito consigliere d'ambasciata a Nuova Delhi. Il 24 Febbraio 1959 egli divenne Ambasciatore d'Italia in Thailandia e mantenne la carica fino al 1965. Fu Ambasciatore d'Italia in Pakistan dall'agosto 1966 al marzo 1969. Morì a Rawalpindi il 26 marzo 1969.

Mizzan non pubblicò nessuna autobiografia o memoria. Restano tuttavia alcuni suoi scritti preziosi, come il suo resoconto sul cameratismo tra giovani nazisti tedeschi (Gioventù hitleriana) e fascisti italiani (Gioventù Italiana del Littorio), completato dopo aver assistito ad un evento sportivo tra le varie organizzazioni giovanili fasciste e naziste tenutosi a Breslavia, nel Terzo Reich, ove Mizzan stava servendo come Console, oltre che i suoi appunti sulle relazioni con i paesi extraeuropei e al di fuori della NATO.[5][7]

Matrimonio e figli[modifica | modifica wikitesto]

Il 6 febbraio 1935 Mizzan sposò Enrica Galluppi di Cirella. Il matrimonio produsse prole. La coppia in seguito si separò e Galluppi di Cirella si risposò con Bonifacio Marchese di Canossa, Conte di Canossa e Signore di Grezzano.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
«Su proposta della Presidenza del Consiglio dei ministri»
— 2 giugno 1965[11]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Who's who in Italy Volume 1, Intercontinental Book & Publishing, 1958, p. 640.
  2. ^ a b c d e f g h LACRIME D'ESILIO - foto, su arenadipola.com, L'Arena di Pola. URL consultato il 13 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2021).
  3. ^ a b c Ministero degli Affari Esteri, Annuario diplomatico della Repubblica italiana 1963, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1963.
  4. ^ Thailand. Krasūang kān-Tāng Prathēt. Krom Sāranithēt, Foreign Affairs Bulletin Volume 1, Department of Information, Ministry of Foreign Affairs, 1961, pp. 67–79.
  5. ^ a b Alessio Ponzio, Shaping the New Man Youth Training Regimes in Fascist Italy and Nazi Germany, University of Wisconsin Press, 2015, p. 181, ISBN 9780299305840.
  6. ^ a b c Storia & Diplomazia Rassegna dell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri (PDF), n. 2/2013, Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, pp. 40–43. URL consultato il 14 aprile 2021.
  7. ^ a b c NANCHINO, APRILE 1952: DAI RAPPORTI RISERVATI DEL NOSTRO 'AMBASCIATORE' MIZZAN, su limesonline.com, Limes, 3 gennaio 1995. URL consultato il 13 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2021).
  8. ^ a b c Stefano Beltrame, Breve storia degli italiani in Cina, Luiss, 2019, p. 44; 240, ISBN 9788861053908.
  9. ^ Angela Bernardo, Nuova storia contemporanea Volume 11, Issues 1-3, Le Lettere, 2007, p. 63.
  10. ^ Mario Filippo Pini, Italia e Cina, 60 anni tra passato e futuro, L'asino d'oro, 2011, pp. 67–73, ISBN 9788864430638.
  11. ^ Mizzan Sig. Ezio, su quirinale.it, Presidenza della Repubblica. URL consultato il 13 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2021).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Ambasciatore d'Italia in Thailandia Bandiera della Thailandia Successore
Guelfo Zamboni 1959 - 1965 Andrea Ferrero
Predecessore Ambasciatore d'Italia in Pakistan Bandiera del Pakistan Successore
Luca Dainelli 1962 - 1964 Franco Bounous