Ettore Fico
Ettore Fico (Piatto, 21 settembre 1917 – Torino, 28 dicembre 2004) è stato un pittore italiano.
Nel corso della sua carriera artistica partecipò a numerose esposizioni collettive nazionali e internazionali, tra cui la Quadriennale di Roma, la Biennale Internazionale per l’incisione a Cracovia del 1966, la Mostra di artisti italiani a Praga del 1968 e la XXXIX Biennale Nazionale d’Arte Città di Milano.[1]
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nato nel biellese, si trasferì a Torino nel 1933, dove intraprese gli studi presso l’Accademia Albertina. Frequentò per diversi anni lo studio di Luigi Serralunga insieme ad altri giovani allievi quali Filippo Sartorio, Mattia Moreni e Piero Martina.[1]
Nel 1939 interruppe la sua formazione e partì per il servizio militare in Nordafrica, dove fu imprigionato dal 1943 al 1946.[1]
Rientrato in Italia riprese la sua attività, iniziando un periodo di sperimentazione autonoma basato sulla rappresentazione della natura e del contrasto città/campagna, partecipando alla VII Quadriennale di Roma del 1955, e intraprendendo una ricerca stilistica caratterizzata dall’influenza americana, tendente all’informale, per poi tornare ai temi più cari della natura a partire dalla metà degli anni sessanta, in particolare i giardini e le composizioni floreali, ma anche modelle, interni e l’amato cane Moretto.[2]
Morì a Torino il 28 dicembre 2004.[1]
Influenze e stile
[modifica | modifica wikitesto]Nell'opera di Ettore Fico si possono distinguere influenze artistiche facenti riferimento a Cèzanne, Braque, Bonnard, Monet e Matisse.[3]
Durante la sua prigionia ad Algeri, Ettore Fico ebbe modo di dipingere numerosi ritratti di ufficiali inglesi, paesaggi, il porto e le spiagge di Algeri. Dal punto di vista stilistico egli era ancora legato agli insegnamenti del maestro Serralunga, ma focalizzandosi sull’introspezione psicologica dei personaggi.[1]
Dopo la guerra, nonostante nella scena artistica torinese si evidenziasse una sorta di dualismo tra il realismo di Felice Casorati e l’astrattismo di Luigi Spazzapan, Ettore Fico decise di non frequentare gli studi dei due maestri, dimostrando un grande spirito di indipendenza. Cominciò dunque un periodo di ricerca e sperimentazione volto a scandagliare le svariate potenzialità del colore. La contrapposizione tra città e campagna, tema caro a impressionisti ed espressionisti, approdò nella sua pittura: dipinse luoghi in cui non si distinguono i confini tra terra e cemento, in cui la natura e la città si fondono dando vita a paesaggi periferici di grande respiro compositivo e rarefatta e meticolosa calligrafia segnica.[1]
Negli anni '50 maturò una rivoluzione stilistica: dipinse paesaggi e nature morte, caratterizzate da pennellate larghe e sinuose, facendo uso di colori accesi e vivaci generanti forti contrasti.[1]
Verso la fine degli anni '60 le campiture di colore si fecero più distese e gli oggetti ripresero forma grazie all'utilizzo di contorni netti e ai contrasti cromatici delle superfici piane. Inoltre la sua ricerca si reinventò utilizzando nuovi materiali e nuove tecniche, tornando al tema caro della natura morta e della rappresentazione degli interni. In questo periodo gli oggetti del quotidiano come la brocca e i fiori secchi assunsero un carattere enigmatico, grazie anche all'utilizzo di tonalità violente evocanti un senso di attesa.[1] Come si evince nelle composizioni dei primi anni '70, Fico non volle entrare in competizione con i maestri del passato, ma giungere a nuovi risultati in bilico tra realtà e astrazione.[1]
La sua importante produzione coloristica, in particolar modo quella degli anni '80 e '90, è composta prevalentemente da tematiche frequenti nella carriera dell'artista, come il glicine, il giardino, gli alberi, nonché gli oggetti, lo studio, le modelle e il suo cane Moretto.[1]
Fico continuò a sperimentare e fu coinvolto nella sua tenace ricerca sul colore fino ai suoi ultimi anni di vita.[1]
Eredità
[modifica | modifica wikitesto]Ad Ettore Fico sono stati dedicati l'omonimo museo e la Fondazione Ettore Fico, entrambi situati a Torino.[3]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f g h i j k Ettore Fico, su museofico.it.
- ^ Filippo Museo Mallé (Dronero, Italy), Luciano Caramel e Claudia Gian Ferrari, Filippo De Pisis: la figura umana, collana Collana Biblioteca del Centro sperimentale per le arti contemporanee (Ce.S.A.C.), Edizioni Marcovaldo, 2002, ISBN 978-88-88597-00-3.
- ^ a b MEF: Museo Ettore Fico, l’arte contemporanea a Torino, su guidatorino.com.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
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