Ducato di Parma e Piacenza

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Mappa del Ducato di Parma e Piacenza 1639

Storia

Nel 1545 il Papa Paolo III creò il Ducato di Parma e Piacenza per destinarlo a suo figlio Pier Luigi Farnese, i cui discendenti lo governarono (a parte qualche interruzione) fino al 1731. In questo periodo il ducato conobbe una particolare fama per la scuola di pittura parmigiana, con artisti del livello del Correggio e del Parmigianino. La magnificenza dei duchi favorisce la progettazione e la realizzazione di opere architettoniche che trasformeranno Parma da capitale di un piccolo ducato nato dal nepotismo papale a capitale di respiro italiano.

Nel 1731 il duca Antonio Farnese morì senza lasciare discendenti. Il ducato passò quindi alla nipote Elisabetta la quale, avendo sposato nel 1714 Filippo V di Spagna, lo trasmise ai Borboni.

Moneta del Ducato di Parma e Piacenza

Il 21 marzo 1801 con il trattato di Madrid Napoleone Bonaparte annetté il Ducato di Parma e Piacenza alla Francia. L'11 aprile 1814 il trattato di Fontainebleau seguito all'abdicazione di Napoleone restaura il ducato come Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla (nome che manterrà per tutto il resto della sua storia), affidandolo sotto la protezione dell'Austria a Maria Luigia d'Austria, che morì nel 1847. Alla sua morte, il ducato venne riassegnato alla linea parmense dei Borboni con Carlo III di Borbone (1849-1854) e Roberto I di Parma (18541859).


La fine del Ducato

Il 9 giugno del 1859, Luisa di Borbone, duchessa reggente, ed il figlio, il Duca Roberto I, furono costretti ad abbandonare il Ducato non senza aver prima esposto il proprio disappunto tramite una lettera di protesta. Il 15 settembre 1859 viene dichiarata decaduta la dinastia borbonica e Parma entra a far parte delle province dell'Emilia, rette da Carlo Farini.

Nel 1860 il ducato passa, tramite plebiscito, al Regno di Sardegna, e quindi al Regno d'Italia.

Oggi, benché il ducato non esista più da oltre un secolo, continua ancora ad esistere un duca "simbolico". Attualmente, a fregiarsi di questo simbolico titolo, è il discendente dei Borboni Carlo Ugo, in "carica" dal 1977.


La lettera di S. A. R. la Duchessa di Parma contro l’invasione piemontese

Noi Luisa Maria di Borbone, Reggente, pel Duca Roberto I, gli Stati Parmensi, ecc.

Egli è col più vivo dispiacere che, allontanata dal paese, che Noi reggevamo con vero affetto in nome dell’orfano nostro Figlio, veniamo a sapere i più gravi cangiamenti politici avvenuti contro le disposizioni da Noi lasciate, e contro i diritti e gli interessi del Duca di Parma. Noi dobbiamo dunque, a nostro malgrado, volgere lagnanze verso una parte dei sudditi nostri, e verso un Governo vicino che intese a soppiantarci, e, senza giusti motivi, considerarci come nemici. Per vero Noi dovevamo attenderci a simili avvenimenti. Nell’interno avevamo avuto, nella restaurazione spontanea del 3 di maggio ultimo, un pegno rassicurante dei buoni sentimenti dei nostri sudditi. Quanto all’esterno erano incessanti le dimostrazioni di una cordiale amicizia da parte di tutte le Potenze, comprese le belligeranti, la quale amicizia rispondeva perfettamente alla politica da Noi costantemente seguita. Eppure gli avvenimenti succedutisi nei dominî di nostra famiglia, prima in Pontremoli, poi nella capitale, indi a Piacenza ci presentano lesioni recate ai diritti di nostro figlio, il Duca di Parma Roberto I; e però non possiamo ristarci di protestare pubblicamente e solennemente, come pel presente atto protestiamo: contro gli atti di ribellione coi quali i Municipî di Parma, di Piacenza e di Pontremoli, erigendosi ad interpreti delle popolazioni, hanno preteso di scioglierle dalla sudditanza ducale, ed hanno proclamata l’annessione del paese al Regno sardo; contro il procedere del Governo piemontese prima verso la provincia di Pontremoli, poscia verso altre parti dei Ducati, sia fomentando e appoggiando la rivoluzione, sia occupandole a mano a mano colle sue truppe, sia accogliendone la dedizione, contro ogni diritto, in onta alle stipulazioni dei Trattati europei e dei più speciali col Piemonte, e senza provocazione o causa giusta di guerra. E coerentemente rifiutiamo ogni argomento che voglia farsi valere come ragione, o pretesto di diritto o di fatto per renderci solidali coll’Austria negli atti di ostilità, che questa Potenza ha esercitati verso il Piemonte, partendo dalla fortezza di Piacenza; contro tutti coloro che nel corso delle vicissitudini politiche abbiano recato o recassero per qualunque modo lesione ai diritti di nostro Figlio; diritti che pel presente atto intendiamo di conservare in tutta la loro integrità. Protestiamo poi e dichiariamo di considerare tutti gli atti verificati e che si verificassero contrarî ai diritti dell’amatissimo nostro Figlio nei Ducati di Parma per ogni effetto irriti e come non avvenuti; protestiamo contro le loro conseguenze, e ci riserbiamo di far valere in qualsiasi tempo e in ogni modo che sia di ragione, i diritti tutti sopra enunziati. E queste proteste Noi facciamo davanti a Dio e agli uomini, non solo nell’interesse di nostro Figlio, ma in quello ancora de’ sudditi di lui: e intendiamo che siano significate alle Potenze, sulle quali riposa il diritto pubblico europeo. Facciamo poi appello alle stesse Potenze, confidando che nella loro alta giustizia, nell’interesse dei Trattati, dell’inviolabilità dei diritti dei Sovrani e degli Stati, e nella loro magnanimità, vorranno prendere a cuore ed efficacemente sostenere la causa del giovinetto Sovrano di Parma.

Dato a San Gallo, in Svizzera, questo giorno 20 di giugno 1859.

Luisa.

Voci correlate

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