Domenico Abatemarco

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Domenico Abatemarco

Deputato del Regno d'Italia
Durata mandato18 febbraio 1861 –
7 settembre 1865
LegislaturaVIII
CollegioSala Consilina
Sito istituzionale

Dati generali
Titolo di studiolaurea in giurisprudenza
Professioneavvocato e magistrato

Domenico Abatemarco (Lagonegro, 1795-1799 – Napoli, 29 aprile 1872) è stato un magistrato, politico e patriota italiano.[1][2][3][4]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nascita e attività nella carboneria[modifica | modifica wikitesto]

Vi sono pareri discordanti sulla data di nascita di Abatemarco: un documento della Gazzetta Ufficiale del 1870 riporta l'8 ottobre 1795, la Camera dei Deputati indica invece il 29 aprile 1795, Pasquale Villani sul Dizionario Biografico degli Italiani riporta il 1796, e infine Alberto Malatesta nel suo Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922 indica l'anno 1799.[1][2][3][4] Esercitò brevemente la professione di avvocato a Napoli, e fu affiliato insieme con il fratello Gabriele alla carboneria.[3] Appartenente alla sezione o vendita de la Filosseria Adelfica di Padula, fondò la vendita dei Figli di Filangieri, così come la vendita de I nostri dritti o la morte assieme al fratello e altri carbonari.[3][5] Nel 1817 partecipò assieme al fratello, a Michele de Blasiis, Girolamo Arcovito e Rosario Macchiaroli a una serie di corrispondenze e riunioni organizzate da Francesco Maria Gagliardi, in cui si pianificò una rivoluzione nella regione e l'istituzione allo scopo di un comitato centrale a Napoli.[3][6]

Esilio[modifica | modifica wikitesto]

Dopo aver partecipato alla fallita rivoluzione del 1821, i due fratelli riuscirono a ottenere il 28 marzo di quell'anno un visto per Malta, pochi giorni dopo il ritorno di Ferdinando I a Napoli, sfuggendo così all'ordine di arresto emanato soltanto il 25 aprile.[3][7] A Malta conobbero e furono amici del poeta Gabriele Rossetti e dell'ex colonnello Francesco Capacelaltro, insegnando italiano ai figli di quest'ultimo.[3]

Nel 1822 ottennero il permesso di asilo in Francia e a novembre si imbarcarono per Marsiglia.[3][8] A causa di un'epidemia furono costretti a scontare un periodo di quarantena in un lazzaretto presso l'isola di S. Pietro, ma l'11 dicembre riuscirono a sbarcare in città assieme a Capacelaltro.[8] Restarono lì un anno per poi trasferirsi a Parigi il 6 dicembre 1822, seguendo il consiglio del padre di perfezionare la loro preparazione legale.[3][8] È riferito anche di un loro soggiorno a Roma nell'ottobre 1827, da cui cercarono senza successo di poter rientrare a Napoli.[3][9] Al contrario, vennero esclusi dall'amnistia concessa il 18 dicembre 1830 da Ferdinando II.[3][10]

Rientro a Napoli[modifica | modifica wikitesto]

Temporaneamente stabilitisi a Firenze, i fratelli Abatemarco ricevettero infine la grazia reale nel 28 gennaio 1831 a seguito del parere favorevole del Consiglio di Stato.[3][10] Rientrato a Napoli, Domenico Abatemarco riprese la professione forense e assieme al fratello partecipò nuovamente a una vendita carbonara, detta Il sacro giuramento.[3][10] A seguito della promulgazione della costituzione del gennaio 1848, Abatemarco venne nominato pari del Regno e consigliere di Cassazione.[3][10] Fu anche membro della commissione per il regolamento interno della Camera dei Pari e della commissione per la redazione dell'indirizzo di risposta al discorso della Corona.[3] Tale periodo durò poco: già nel 1849, con l'abrogazione delle libertà costituzionali, perdette i suoi incarichi nella magistratura.[3][10]

Con la raggiunta unità d'Italia nel 1860, Abatemarco divenne prima consigliere di Stato e poi membro della Corte di Cassazione e, candidato nel collegio di Sala Consilina, venne eletto deputato nelle elezioni del 1861.[3][10] Non partecipò attivamente ai lavori parlamentari, al punto che Cletto Arrighi nella sua opera I 450 deputati del presente e i deputati dell'avvenire, racconta che «Non lo si vide mai; tanto che, per un pezzo, fu creduto un mito creato dall'ardente immaginazione del Massari».[3][11] Tale affermazione fu contestata dallo stesso Abatemarco in una lettera pubblicata in un altro volume dell'opera, ridimensionando la frequenza delle sue assenze e le giustificandole con le sue condizioni di salute e i suoi impegni ufficiali.[12]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Elenco N° 134 delle pensioni liquidate dalla Corte dei conti del Regno d'Italia a favore d'impiegati civili e militari e loro famiglie, in Gazzetta ufficiale del Regno d'Italia, n. 125, Firenze, 6 maggio 1870, p. 3.
  2. ^ a b Domenico Abatemarco, su Camera dei Deputati - Portale Storico.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r Villani.
  4. ^ a b Alberto Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, Roma, Istituto editoriale italiano Tosi, 1940, p. 19, SBN IT\ICCU\NAP\0272547.
  5. ^ Mazziotti, fascicolo III, p. 128.
  6. ^ (EN) Memoirs of the secret societies of the south of Italy, particularly the Carbonari, Londra, John Murray, 1821, pp. 221-222.
  7. ^ Mazziotti, fascicolo IV, p. 227.
  8. ^ a b c Mazziotti, fascicolo IV, p. 243.
  9. ^ Mazziotti, fascicolo IV, p. 271.
  10. ^ a b c d e f Mazziotti, fascicolo IV, p. 272.
  11. ^ Cletto Arrighi, I 450 deputati del presente e i deputati dell'avvenire per una società di egregi uomini politici, letterati e giornalisti, I, Milano, Editori Via del Broglio N.3 e S. Paolo N. 8, 1864, p. 149.
  12. ^ Cletto Arrighi, I 450 deputati del presente e i deputati dell'avvenire per una società di egregi uomini politici, letterati e giornalisti, III, Milano, Editori Via del Broglio N.3 e S. Paolo N. 8, 1865, p. 149.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN90348547 · ISNI (EN0000 0004 1969 5893 · SBN SBLV320005
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