Dito di Caprivi

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Dito di Caprivi
Situazione politica attuale del Dito di Caprivi.
StatiBandiera della Namibia Namibia
CapoluogoKatima Mulilo
Superficie18 000 km²
Abitanti110 000 circa (2011)
LingueInglese, lingue khoisan
Fusi orariUTC+1
Nome abitanticaprivini

Il Dito di Caprivi (anche Striscia di von Caprivi;[1] in tedesco Caprivizipfel; in inglese Caprivi Strip; in afrikaans Kaprivistrook; in portoghese Faixa de Caprivi) è un territorio della Namibia con una superficie di circa 18000 km², in gran parte compreso nella Regione dello Zambesi; questo saliente si protende dal territorio namibiano verso nordest per 450 km di lunghezza e soli 30 km di larghezza fino a raggiungere le rive del fiume Zambesi, allargandosi fino a oltre 100 km e rimanendo circondato da ben quattro paesi confinanti (Angola, Zambia, Botswana, Zimbabwe).[1][2]

Il Dito di Caprivi, data la sua forma estremamente innaturale, non costituisce una regione geografica vera e propria: i suoi confini furono infatti stabiliti a tavolino per ragioni di opportunità politica dalle potenze coloniali europee.[1][2]

La ragione principale alla base della creazione del dito di Caprivi era di fornire alla Germania un accesso al fiume Zambesi e al lago Tanganica, al fine di stabilire una via navigabile attraverso l'Africa centrale. Questo avrebbe facilitato il commercio e l'espansione coloniale tedesca nell'entroterra africano. Tuttavia, l'obiettivo di stabilire una via navigabile attraverso il dito di Caprivi non fu mai pienamente realizzato. Dopo la prima guerra mondiale, l'Africa Tedesca del Sud-Ovest divenne un mandato dell'Impero britannico sotto l'amministrazione del Sudafrica e il dito di Caprivi ne rimase parte. Oggi il dito di Caprivi è noto come la regione di Zambesi, una delle 14 regioni amministrative della Namibia.

Geografia[modifica | modifica wikitesto]

Data la vicinanza col deserto del Kalahari, il Dito presenta un clima secco e arido, mentre il terreno è pianeggiante e posto a circa 950 m di altitudine. Avvicinandosi ai fiumi Zambesi e Cuando, invece, l'ambiente diventa più umido e tropicale.[2]

Dal punto di vista amministrativo, il territorio è compreso tra le regioni dello Zambesi ad est e dell'Okavango a ovest; confina a nord con l'Angola e lo Zambia e a sud col Botswana,[1] mentre la sua punta più orientale, posta alla confluenza dei fiumi Zambesi e Cuando, si trova proprio di fronte alla punta più occidentale dello Zimbabwe e i due Stati non confinano per solo poche centinaia di metri. Il centro principale del Dito è la città di Katima Mulilo.[2]

Il Dito di Caprivi, complici anche le scarse vie di comunicazione, è ancora oggi assai povero e sottosviluppato e l'economia locale si basa prevalentemente su allevamento, agricoltura e caccia.[2]

Confini della colonia dell'Africa Tedesca del Sud-Ovest, corrispondente all'odierna Namibia; il Dito di Caprivi si trova all'estremo nordest

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Creazione del Dito[modifica | modifica wikitesto]

La regione fu abitata sin dall'antichità da popolazioni di etnia San nella parte occidentale, mentre ad oriente si formò il regno di Linyanti. Col tempo la zona venne conquistata prima dai Lozi e poi, all'inizio del XIX secolo, dai Makololo, che accolsero nella zona David Livingstone.[1][2]

Durante la spartizione dell'Africa giunsero gli inglesi, che ne detennero il controllo fino al 1890 come parte del Protettorato del Bechuanaland (oggi Botswana). Il Dito di Caprivi venne infine creato cinque anni più tardi per effetto del trattato di Helgoland-Zanzibar, sottoscritto il 1º luglio 1890 tra l'Impero tedesco e l'Impero britannico. Mediante tale accordo, la Germania acquisì per la propria colonia dell'Africa del Sud-Ovest (Deutsch-Südwestafrika, futura Namibia) un accesso al fiume Zambesi. In cambio della cessione di territori, la Germania si impegnava a non influenzare il Sultanato di Zanzibar, allora sotto l'autorità inglese.[2]

Fin dalla sua nascita la regione venne chiamata il Dito per la sua forma innaturale, che non teneva affatto conto di divisioni geografiche o etniche, e associata al nome di Leo von Caprivi, il cancelliere tedesco sottoscrittore dell'accordo.[1][2] Anche dopo il passaggio dell'Africa del Sudovest dall'Impero tedesco all'Impero britannico nel 1918, i confini del Dito rimasero inalterati.[2]

Storia recente[modifica | modifica wikitesto]

Punto più orientale del Dito di Caprivi, col fiume Zambesi sul confine tra Namibia, Zambia, Zimbabwe e Botswana

A partire dal 1972 il Dito di Caprivi fu incluso nei due bantustan di Kavango e Caprivi orientale; solo nel 1990 fu suddiviso tra le regioni attuali. Nella seconda metà degli anni Novanta la regione fu insanguinata dal conflitto tra i separatisti del Caprivi Liberation Army e il governo namibiano. La zona del confine meridionale del Dito di Caprivi è inoltre stata per anni al centro di una disputa territoriale tra la Namibia e il Botswana, finita davanti alla Corte internazionale di giustizia.[3]

Entrambi gli Stati rivendicavano la sovranità su un'isola del fiume Cuando, il più grande degli affluenti occidentali dello Zambesi, conosciuta con il nome di Kasikili dalla Namibia e con quello di Sedudu dal Botswana. Il governo di Gaborone considerava l'isola parte integrante del Parco Nazionale del Chobe, mentre quello di Windhoek sosteneva che l'isola gli spettasse non solo di diritto, sulla base di quanto stabilito dal trattato di Helgoland-Zanzibar, ma anche per consuetudine, dato che da generazioni gli abitanti della regione del Dito la usavano come pascolo stagionale e luogo di sepoltura. Il 13 dicembre del 1999 la Corte internazionale di giustizia ha stabilito che il letto principale del fiume Cuando, che segna il fondovalle e dunque il confine, si trova a nord dell'isola, assegnando quindi al Botswana la sovranità, in quanto Stato più meridionale.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f Dizionario di storia.
  2. ^ a b c d e f g h i (EN) Caprivi Strip, su britannica.com.
  3. ^ a b (EN) Kasikili/Sedudu Island (Botswana/Namibia) - Latest development in the case, su icj-cij.org. URL consultato il 20 settembre 2017 (archiviato dall'url originale il 9 marzo 2007).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Derek F. Gowlett, The parentage and development of Lozi, Journal of African Languages and Literature, 1989, 11, 127-149.
  • (DE) M. Fisch, Der Caprivizipfel während der deutschen Zeit 1890–1914 (History, cultural traditions and innovations in Southern Africa vol. 2), Colonia, 1996, 158 S. ISBN 3-89645-050-6

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