Casa dell'Obelisco

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Casa dell'Obelisco
Casa dell'Obelisco
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegionePiemonte
LocalitàTorino
IndirizzoPiazza Crimea, 2
Coordinate45°03′22.23″N 7°41′44.38″E / 45.056174°N 7.69566°E45.056174; 7.69566
Informazioni generali
Condizionicompletato
Costruzione1954 - 1959
UsoResidenziale
Realizzazione
ArchitettoSergio Jaretti Sodano,
Elio Luzi
CostruttoreImpresa Edìle Manolino
Veduta
Facciata laterale
Ingresso
Ingresso
Panoramica

La Casa dell'Obelisco è un edificio residenziale di Torino, ubicato nell'area residenziale Borgo Po, all'interno del quartiere ottocentesco di Borgo Crimea che prende nome dalla piazza omonima dove sorge l'obelisco dedicato alla storica battaglia.[1].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni cinquanta del Novecento l'architettura visse una sorta di reinterpretazione del liberty, e a Torino alcuni eminenti architetti piemontesi dell'epoca tra cui Roberto Gabetti, Aimaro Isola, Sergio Jaretti ed Elio Luzi diedero seguito a questa corrente; per la loro rilettura degli stilemi floreali e strutturali, indussero il critico Paolo Portoghesi a definire tale fenomeno neoliberty, che vide la realizzazione di alcune significative opere.[2][3]

Insieme alla Torre BBPR, dell'omonimo studio milanese, la Casa dell'Obelisco è un edificio che ha costituito una sorta di provocazione rispetto al contesto architettonico torinese dell'epoca, con un notevole ritorno in termini di immagine per gli autori del progetto e altresì per l'Impresa Edile Manolino, la ditta costruttrice che lo commissionò e lo realizzò tra il 1954 e il 1959.

Nel 1971 l'edificio fu scelto da Dario Argento come luogo delle riprese del suo film Il gatto a nove code.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Progettata da Sergio Jaretti Sodano ed Elio Luzi nel 1954, la Casa dell'Obelisco aderisce perfettamente a quella corrente di architettura neoliberty, che si era manifestata a Torino ed emergono con raffinata ironia colti riferimenti stilistici che conducono fino a una rivisitazione dei materiali da costruzione, riproponendo il largo impiego del litocemento per i vari elementi decorativi che caratterizzano tutti i sinuosi prospetti dell'edificio.[4]

L'edificio residenziale è caratterizzato dai prospetti curvilinei delle facciate, marcatamente scanditi da rilievi orizzontali sovrapposti e nell'insieme si impone nell'ottocentesco contesto architettonico circostante con una sua particolare armonia delle forme che richiama le morfologie moderniste di Gaudì,[5] ma anche con qualche citazione riconducibile a Frank Lloyd Wright, in particolare i pilotis del Johnson Wax Building del 1936-39. Nonostante le notevoli sinuosità dei prospetti esterni, l'edificio si basa su una planimetria variegata ma assai regolare, sviluppata su cinque piani fuori terra e da tre unità abitative ciascuno, alcuni su due livelli, ma con le pareti interne assolutamente rettilinee.

Nel 2017 l'edificio ha subito un restauro conservativo di tutte le facciate e che ha riguardato anche la sostituzione di tutti i serramenti esterni.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Torino 1984 , p. 633
  • Carlo Olmo (a cura di), Cantieri e disegni. Architetture e piani a Torino 1945-1990, Umberto Allemandi & C., Torino 1992
  • Luca Barello, Elio Luzi (a cura di), Le case Manolino: storia di una famiglia di costruttori e due architetti, Il Tipografo, Buttigliera d'Asti 1997
  • Sergio Pace, Casa dell'Obelisco, in Vera Comoli, Carlo Olmo (a cura di), Guida di Torino. Architettura, Allemandi, Torino 1999, p. 206
  • Paolo Scrivano, Elio Luzi in Carlo Olmo (a cura di), Dizionario dell'architettura del XX secolo (Vol. II), Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 2003.
  • Maria Luisa Barelli, Davide Rolfo, Il palazzo dell'Obelisco di Jaretti e Luzi. Progetto e costruzione, Gangemi, Roma 2018.
  • Casabella, 1973, n. 375.
  • Bruno Zevi, L'andropausa degli architetti moderni italiani, in Editoriali di architettura, Torino, Einaudi, 1979.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]