Afshin

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Khaydar ibn Kāvūs Afshīn (in arabo ﺣﻴﺪﺭ ﺑﻦ ﻛﺎﻭﺱ افشین?; ... – Samarra, maggio-giugno 841) è stato un generale persiano dell'Ushrusana.

Noto col suo titolo sovrano di Afshīn, fu nel IX secolo un generale attivo presso la corte califfale abbaside di Sāmarrāʾ. Era figlio di un principe vassallo della regione transoxiana dell'Ushrūsana.[1][2]

Nome e ambiente familiare[modifica | modifica wikitesto]

Afshin era un titolo sovrano ereditario dei prìncipi dell'Ushrusana al tempo della conquista islamica della Persia.[2] Il termine è una forma arabizzata del medio-persiano Pishin e dell'avestico Pisinah, un nome proprio di etimologia incerta.[2] Minorsky suggerisce che il titolo Afshin sia di origine sogdiana.[3]

Quando ebbe luogo la prima invasione araba dell'Ushrusana, sotto il comando di Qutayba ibn Muslim (712-14), la regione era poco abitata e vi era la presenza di elementi iranici,[1] governati da loro principi che usavano il titolo tradizionale di Afshin.[4]

"Afshin" è generalmente considerato un termine persiano,[1][5][6][7][8][9] e sebbene due fonti classiche (e alcuni studiosi) lo abbiano definito Turco,[9][10] egli proveniva dal Tabaristan, una regione di cultura persiana[1][9] e non era considerato un Turco.[9] La confusione deriva dal fatto che il termine “Turco” era ampiamente usato dagli scrittori arabi del tempo per indicare le nuove truppe del califfo, malgrado tra esse fossero inclusi elementi a volte di origini persiane, inclusi il Ferghana e l'Ushrusana.[9][11][12]

Gioventù[modifica | modifica wikitesto]

Secondo Yaʿqūbī, nel corso del regno del terzo califfo abbaside al-Mahdī (775-85), Afshīn dell'Ushrusana fu ricordato tra i vari governanti Persiani e Turchi della Transoxiana e delle steppe centro-asiatiche che fecero esplicito atto di sottomissione a lui.[2] Non fu però fino all'epoca di Hārūn al-Rashīd che nel 794-95 il barmecide al-Faḍl b. Yaḥyā al-Barmakī condusse una spedizione in Transoxiana dove ricevette la sottomissione del signore locale Akin, noto col nome di Kharākana.[13] Costui non s'era mai piegato di fronte ad alcun altro potentato.

Altre spedizioni vennero nondimeno organizzate contro l'Ushrusana da al-Maʾmūn quando era ancora governatore a Marv e dopo che era diventato califfo. Kāvūs, figlio dell'Afshīn Karākana, che era stato sottomesso da al-Faḍl b. Yaḥyā, ripudiò l'atto di alleanza con gli Arabi implicito nell'atto di sottomissione ma poco dopo che al-Maʾmūn era rientrato a Baghdad come vincitore della guerra civile contro il fratello al-Amīn (817-18 o 819-20), uno scontro di potere si accese e si manifestarono atti di ostilità all'interno della famiglia regnante dell'Ushrusana.

Secondo la maggior parte delle fonti storiche, il successore di al-Maʾmūn, al-Muʿtaṣim, non solo fece di Afshīn il governatore dell'Azerbaigian e un alto ufficiale che lo affiancasse nelle sue attività di comandante militare, ma gli accordò anche una retribuzione particolarmente generosa e lauti rimborsi spese.[14] Nell'831-833, Afshīn riuscì a soffocare una pericolosa insurrezione in Egitto, cui avevano partecipato musulmani e copti, alleati per reagire all'eccessivo carico fiscale cui entrambe le comunità erano state sottoposte.

Afshīn e Babak[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Babak Khorramdin.

Nell'835, il califfo al-Muʿtaṣim nominò Afshīn walī dell'Azerbaijan[15] perché sconfiggesse Babak Khorramdin, leader del movimento persiano anti-islamico khurramita.[2]

Al termine d'una fiera resistenza delle forze di Babak, Afshīn riuscì infine a sconfiggerlo e a conquistare il Castello di Babak dove egli s'era asserragliato nell'agosto dell'837. Yaʿqūbī (Taʾrīkh, II, 579) ricorda che Afshin liberò 7.600 prigionieri arabi rinchiusi nella fortezza e rase al suolo il castello.[2] Il capo khurramita riuscì a sfuggire alla cattura e si pose sotto la protezione del principe locale cristiano, Sahl ibn Sunbat,[16] che più tardi gli consegnò però Afshin. Tornato dalla campagna Babak, il califfo lo nominò governatore anche del Sind, oltre che dell'Armenia e Azerbaijan.

Campagna anatolica[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Saccheggio di Amorium.

Afshin combatté a fianco di al-Muʿtaṣim nella campagna dell'838 contro l'Impero bizantino, nel corso della quale fu raggiunta la fortezza di Amorio (città natale della dinastia imperiale), che fu espugnata e saccheggiata. In tale occasione Afshīn comandava l'ala destra dell'esercito califfale.[2]

Mentre due formazioni musulmane penetravano in territorio bizantino, separate tra loro da 150 miglia, l'imperatore bizantino Teofilo decise di attaccare una delle due formazioni prima che i due eserciti riuscissero a congiungersi e a sferrare il loro possente attacco. Fu la forza guidata da Afshīn che l'imperatore attaccò, il 21 luglio 838. La battaglia che ne seguì si concluse con una vittoria musulmana decisiva. Sebbene i Bizantini inizialmente avessero avuto la meglio, l'effetto prodotto dagli arcieri a cavallo turchi e l'erronea convinzione che l'imperatore fosse morto in battaglia demoralizzarono l'esercito cristiano, che andò in rotta, fuggendo a precipizio verso l'interno dell'Anatolia. L'imperatore e quanti erano sopravvissuti allo scontro si ritirarono anch'essi in disordine, non riuscendo così a impedire ad Afshīn di avanzare in direzione di Ancyra (l'odierna Ankara), dove egli si congiunse con l'esercito comandato dal califfo stesso.

Da Ancyra, l'esercito musulmano al completo avanzò verso la piazzaforte bizantina di Amorium. Un musulmano, che era riuscito a uscire dalla città in cui era tenuto prigioniero, rivelò agli attaccanti il punto debole di una parte del muro di fortificazione che correva intorno ad Amorium. Il califfo concentrò lì i suoi sforzi e una breccia fu così aperta e attraverso di essa le forze militare islamiche riuscirono a entrare in città e a conquistarla.

Disgrazia di Afshīn[modifica | modifica wikitesto]

La buona stella di Afshīn cominciò a declinare, apparentemente come risultato delle gelosie che già s'erano evidenziate nei riguardi di Abu Dolat e di ʿAbd Allāh b. Ṭāhir, governatore del Khorasan, motivate dal timore che in realtà Afshīn fosse un arrivista e un pericoloso rivale nella lotta per il potere in Transoxiana.

Si disse che egli avesse incoraggiato Māzyār, figlio di Qārin - un principe iranico e Spahbed del Tabaristan, a sud del mar Caspio - a insorgere contro il governatore del Khorasan, che Afshīn temeva potesse ostacolarlo nei suoi ambizioni disegni miranti a mettere le mani sull'intera Transoxiana,[17] nella speranza che il califfo privasse ʿAbd Allāh b. Ṭāhir del suo governatorato e che Afshīn gli potesse così succedere nell'incarico. La rivolta di Māzyār fu però repressa da ʿAbd Allāh b. Ṭāhir nell'839 e la posizione di Afshīn divenne progressivamente più debole, come conseguenza del venir meno del favore del califfo. Si affermò che era stata trovata traccia della corrispondenza intercorsa tra lui e Māzyār, mentre il governatore del Khorasan, ʿAbd Allāh b. Ṭāhir, rivelò di aver intercettato parte delle ricchezze di Babak di cui Afshīn si sarebbe impadronito in quella campagna, sul punto di essere trasferite dal generale turco nelle sue terre in Ushrūsana. Quando Māzyār giunse a Sāmarrāʾ, Afshīn fu arrestato.

Māzyār assistette all'interrogatorio del generale, confermando che Afshīn aveva cospirato assieme a lui. Altri presenti aggiunsero ulteriori domande riguardanti la sincerità della sua conversione all'Islam dal natio Zoroastrismo. Afshīn replicò a ogni accusa. Assicurò che gli oggetti legati al culto zoroastriano e i libri relativi a questa religione in suo possesso erano cimeli di famiglia da prima che egli diventasse musulmano. Spiegò che, quando aveva punito un paio di fanatici musulmani che avevano distrutto idoli in Ushrūsana,[18] aveva fatto ragionevole uso della sua leadership, mirante a mantenere l'armonia fra gli abitanti del suo territorio, eterogeneo quanto a religioni praticate. Spiegò ai suoi detrattori che le formule di saluto con cui la sua gente gli si rivolgeva per iscritto, chiamandolo "Signore dei Signori", era semplicemente una tradizione locale e che questo non invalidava la sua personale fede religiosa monoteistica.[19]

Ogni sua replica fu inutile. al-Muʿtaṣim aveva fatto costruire un carcere speciale per lui (a forma di minareto), conosciuto poi come "la Perla". Fu qui che egli trascorse gli ultimi nove mesi della sua vita, prima di morire nel maggio-giugno dell'841.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d C. Edmund Bosworth (2005), «OSRUŠANA» in: Encyclopaedia Iranica. Sito consultato il 4-12-2011 Archiviato l'8 dicembre 2010 in Internet Archive. "Al tempo delle incursioni arabe in Transoxiana, l'Osrušana ebbe una sua proprio linea principesca iranica, gli Afšin (Ibn Khordādhbeh, p. 40), di cui il più famoso fu il generale del califfo al-Muʿtaṣim (833-42), l'Afšin Khaydhrar o Ḥaydar o Khaydar b. Kāvus (m. 841)"... "La regione era poco urbanizzata, e conservò a lungo la sua antica feudalità iranica e la sua società patriarcale".
  2. ^ a b c d e f g C.E. Bosworth, «Afshin», su Encyclopedia Iranica. URL consultato il 4 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 7 agosto 2011).
    «Durante il regno del califfo al-Mahdi (158-69/775-85) l'Afshin dell'Oshrusana è ricordato tra i vari governanti iranici e turchi della Transoxiana e delle steppe dell'Asia Centrale che si sottomisero nominalmente a lui (Yaʿqūbī, II, p. 479)»
  3. ^ V. Minorsky, Studies in Caucasian history, Cambridge University Press, 1957, (nota a p. 111).
  4. ^ J.H. Kramers, s. v. «Usrūshana»", in: The Encyclopaedia of Islam, edited by: P. Bearman , Th. Bianquis , C.E. Bosworth , E. van Donzel and W.P. Heinrichs, Leyde, E. J. Brill, 2007.
  5. ^ Bernard Lewis, "The Political Language of Islam", University of Chicago Press, 1991, p. 482: "Babak's Iranianizing Rebellion in Azerbaijan gave occasion for sentiments at the capital to harden against men who were sympathetic to the more explicitly Iranian tradition. Victor (837) over Babak was al-Afshin, who was the hereditary Persian ruler of a district beyond the Oxus, but also a masterful general for the caliph."
  6. ^ Clifford Edmund Bosworth (translator with commentary), The History of al-Tabari Vol. 33 "Storm and Stress along the Northern Frontiers of the 'Abbasid Caliphate: The Caliphate of al-Mu'tasim A.D. 833-842/A.H. 218-227", Albany, SUNY Press, 1991, nota 176 a p. 59: «Abu Dulaf's contigent of volunteers from lower Iraq would be mainly Arabs, and there seems in fact to have been hostility between him, as a representative of Arab influence at the caliphate court, and the Iranian Al-Afshin»
  7. ^ P.B. Golden, "Khazar Turkic Ghulams in Caliphal Service", su: Journal Asiatique, 292 (2004), p. 292: Some of the soldiers were slaves, others, such as al-Afshin, the scion of a ruling Central Asian (Ustrushana/Ushrusana) Iranian family, clearly were not".
  8. ^ Roy Mottahedeh, "The Abbassid Caliphate in Iran", Cambridge History of Iran, IV, ed. R.N. Frye, 1975, pp. 57-89 (a p. 75): "Al Mu'tasim chose for this task the Afshin, the Iranian king of Ushrusuna".
  9. ^ a b c d e D. Pipes, "Turks in Early Muslim Service", su: Journal of Turkish Studies, 2, 1978, pp. 85-96: "Although two classical sources claim him a Turk, he came from Farghana, an Iranian cultural region and was not usually considered Turkish"
  10. ^ D. Sourdel, "The Abbasid Caliphate", pp. 104-39 in: P.M. Holt, Ann Lambton, and Bernard Lewis (eds.), The Cambridge History of Islam, I. Cambridge, Cambridge University Press, 1970, p. 125: "and finally of Mazyar, a local chieftain of Tabaristan, against whom the caliph sent the Turkish general Afshin, the conqueror of Babak"
  11. ^ M.A. Shaban, Islamic History, Cambridge University Press, v. 2, 1978, p. 63: «These new troops were the so-called “Turks”. It must be said without hesitation that this is the most misleading misnomer which has led some scholars to harp ad nauseam on utterly unfounded interpretation of the following era, during which they unreasonably ascribe all events to Turkish domination. In fact the great majority of these troops were not Turks. It has been frequently pointed out that Arabic sources use the term Turk in a very loose manner. The Hephthalites are referred to as Turks, so are the peoples of Gurgan, Khwarizm and Sistan. Indeed, with the exception of the Soghdians, Arabic sources refer to all peoples not subjects of the Sassanian empire as Turks. In Samarra separate quarters were provided for new recruits from every locality. The group from Farghana were called after their district, and the name continued in usage because it was easy to pronounce. But such groups as the Ishtakhanjiyya, the Isbijabbiya and groups from similar localities who were in small numbers at first, were lumped together under the general term Turks, because of the obvious difficulties the Arabs had in pronouncing such foreign names. The Khazars who also came from small localities which could not even be identified, as they were mostly nomads, were perhaps the only group that deserved to be called Turks on the ground of racial affinity. However, other groups from Transcaucasia were classed together with the Khazars under the general description.»
  12. ^ ʿUthmān Sayyid Aḥmad Ismāʿīl Bīlī, Prelude to the Generals, published by Garnet & Ithaca Press, 2001, p. 47: «The name Turk was given to all these troops, despite the inclusion amongst them of some elements of Iranian origin, Ferghana, Ushrusana, and Shash – places were in fact the centers were the slave material was collected together ... Judging from the specific names of their origin, Soghd, Farghana, Urshusuna, Shahs, the majority of them might have been of Iranian origin».
  13. ^ Il cui nome, secondo Ṭabarī (III, p. 1066), era Kharākana; in accordo con Gardīzī. Cfr. Habibi, p. 130.
  14. ^ Encyclopedia Iranica, «Babak Khorrami» (G.H. Yusofi) Archiviato il 6 ottobre 2007 in Internet Archive.
  15. ^ F. Daftary, 2, in M.S. Asimov e C.E. Bosworth (a cura di), Sectarian and national movements in Iran, Khurasan and Transoxania during Umayyad and early Abbasid times [History of Civilizations of Central Asia: Age of Achievement, 8750 Ad to the End of the 15th Century], UNESCO, 1998, pp. 50, ISBN 92-3-103467-7.
  16. ^ C.J.F. Dowsett, "A Neglected Passage in the "History of the Caucasian Albanians", su: Bulletin of the School of Oriental and African Studies 19 (1957), 3, p. 463: «Among the prisoners captured by Bogha al-Kabir in 854, John Catholicos and Tovma Arcruni mention three Albanian princes: Atrnerseh, lord of Khachen, Sahl ibn-Sunbat, lord of Shake, Esay Abu Musa, lord of Ktish in Artsakh».
  17. ^ Ṭabarī, Taʾrīkh... 1269, 1305.
  18. ^ Da ricordare che il Mazdeismo non fa alcun uso di isoli e che quindi ci si riferiva evidentemente ad altri culti, il più seguito dei quali era il Buddhismo, senza escludere forma di Sciamanesimo e di Animismo.
  19. ^ Tabari v. 33, p. 187f.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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