Abbazia di Münsterschwarzach

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Abbazia di Münsterschwarzach
Kloster der heiligen Mutter Felizitas
L'abbazia di Münsterschwarzach
StatoBandiera della Germania Germania
LandBaviera
LocalitàSchwarzach am Main
Coordinate49°48′19.08″N 10°13′54.12″E / 49.8053°N 10.2317°E49.8053; 10.2317
Religionecattolica
OrdineBenedettini
Consacrazione815
1914
Sconsacrazione1803
1941
Stile architettonicoarchitettura barocca
Sito webwww.abtei-muensterschwarzach.de/

L'abbazia di Münsterschwarzach sorge nell'omonima località nel comune bavarese di Schwarzach am Main, lungo il fiume Meno, e appartiene alla congregazione benedettina missionaria di Sant'Ottilia.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'abbazia di Münsterschwarzach fu fondata sulle rive del Meno intorno all'anno 815 e il suo primo abate fu Benedetto d'Aniane; raggiunse il suo momento di massimo splendore a cavallo tra l'XI e il XII secolo quando, sotto l'abate Egberto, aderì alla riforma di Gorze.[1]

Uscita duramente provata dalla guerra dei contadini, nel 1671 la sua comunità era ridotta a 38 monaci.[1]

Nella prima metà Settecento gli edifici abbaziali furono ricostruiti in stile barocco: la chiesa, progettata da Balthasar Neumann, fu decorata dai più celebri pittori e stuccatori del periodo.[1]

L'abbazia fu soppressa nel 1803, quando la sua comunità contava ancora 20 monaci e 4 novizi, e fu abbattuta poco dopo.[1]

Quello che restava del monastero fu acquistato nel 1913 dai benedettini della Congregazione di Sant'Ottilia che già nel 1901 avevano fondato nelle vicinanze, a Sankt Ludwig, una comunità elevata a priorato indipendente il 10 dicembre 1906. Il 12 marzo 1914 la comunità di Sankt Ludwig si trasferì a Münsterschwarzach, che fu nuovamente eretta in abbazia.[1]

Sotto il governo degli abati Placido Vogel, Burcardo Utz e Bonifacio Vogel, l'abbazia conobbe un rapido sviluppo ed estese il suo apostolato al lavoro nelle missioni.[1]

Nuovamente soppressa dal governo nazista nel 1941, gli edifici furono sequestrati e adibiti a ospedale militare. L'abbazia fu restaurata nel 1945.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Viktor Dammertz, DIP, vol. VI (1980), col. 192.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Guerrino Pelliccia e Giancarlo Rocca (curr.), Dizionario degli Istituti di Perfezione (DIP), 10 voll., Edizioni paoline, Milano 1974-2003.

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