Utente:Sara.dassie/Pina Zandigiacomi

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Giuseppina (Pina) Zandigiacomi (Portogruaro, 19032001) è stata un'insegnante italiana, distintasi anche per il suo attivismo politico nella sinistra italiana del secondo dopoguerra.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppina Zandigiacomi nella sua giovinezza risiedette in varie località, poiché il padre era un ferroviere, ma dopo la sua morte la famiglia si stabilì a Treviso. Erano gli anni della I Guerra Mondiale. In seguito alla rotta di Caporetto, del 1917, la famiglia dovette fuggire con mezzi di fortuna affrontando i diversi ostacoli che intralciarono il loro travagliato viaggio, giungendo poi finalmente a Forlì. Dopo la guerra la Zandigiacomi tornò a Treviso e, dopo aver conseguito il diploma magistrale, cominciò a insegnare nella scuola elementare di un paesino di campagna, raggiungendolo ogni giorno in bicicletta. In quel periodo cominciava l'ascesa del fascismo al potere; Giuseppina iniziò a capire che qualcosa di grave stava accadendo, quando i fascisti bruciarono la sede de La riscossa, un giornale repubblicano che qualche volta le era capitato tra le mani. Successivamente si sposò e staccandosi dalla vita lavorativa, si dedicò interamente alla famiglia per sei anni. Quando ricominciò a insegnare, nel piccolo paese di Settecomuni, vicino a Preganziol, il regime entrò prepotentemente nella scuola. La maestra Zandigiacomi, come fecero altre sue colleghe, si destreggiò per un'insegnamento quasi immune dall'influenza del regime: evitava pertanto di leggere quelle pagine che in maniera spudorata riportavano la propaganda del testo unico, e il sabato riuniva i bambini per qualche gioco o qualche passeggiata. Nei mesi estivi si dedicava alla colonia, sistemata nella aule della scuola, spinta dal desiderio di rendersi utile per i bambini poveri. Nel 1936, con la guerra d'Africa, si accorse che stava succedendo qualcosa di allarmante: cominciò a capire che «sbarcare armati in un paese disarmato non era normale», come non lo furono state le decisioni di Mussolini nel momento in cui, al posto di richiamare a casa i soldati, li mandò in Spagna a combattere a sostegno del dittatore Francisco Franco, contro un governo democraticamente eletto. Successivamente nel 1938, l'avversione nei confronti del regime si accrebbe, a causa della promulgazione delle leggi razziali, le quali vennero accolte con preoccupazione dalla Zandigiacomi, poiché la madre apparteneva ad una famiglia di ebrei convertiti al Cattolicesimo. Tale avversione si tradusse in ostilità crescente con lo scoppio della guerra e in particolar modo dopo l'8 Settembre: allora «o eri da una parte o eri dall'altra» diceva la Zandigiacomi. La sua scelta fu quella di essere contro il Nazifascismo. Infatti nell'estate del 1943, durante una vacanza in montagna ad Agordo con i figli, ebbe l'occasione di incontrare alcune famiglie di ebrei da Lubiana e stringere amicizia; e siccome queste famiglie non potevano allontanarsi dal paese, Giuseppina portò i bambini a passeggiare con i suoi. Da questi gesti risulta semplice capire che "era una persona accogliente, la sua casa era una vera casa del popolo, ospitava giovani studenti stranieri e tutte le persone che avevano bisogno d'aiuto. [...] Era una donna in pace con se e con la propria vita, contenta di come l'aveva spesa. Le scelte che aveva fatto erano state coerenti con il suo modo di sentire autentico, al punto da affermare che era stata naturale per lei la scelta antifascista prima, la militanza comunista poi, in continuità con la formazione che aveva ricevuto e che ha trasmesso ai figli: l'amore per la libertà, per la giustizia e per la conoscenza. [...] Questo per Pina era politica." "[1].

La Colonia Anita Garibaldi[modifica | modifica wikitesto]

In veneto, tra gli anni Cinquanta e Settanta, c'è un interessante realizzazione dell'Udi, la colonia Anita Garibaldi al Lido di Venezia,che accanto alla finalità assistenziale acquista sempre più il carattere di un esperienza educativa avanzata. La direttrice è una maestra, Pina Zandigiacomi, tra le fondatrici dell'Udi di Treviso, la quale si circonda di giovani volontari per organizzare durante la giornata attività di gruppo e momenti educativi: laboratori di ceramica, giornale, ricerca d'ambiente, visite ai musei. La Colonia è un "laboratorio culturale" per ragazzi e ragazze, dai sei ai dodici anni, una "scuola alternativa" nei contenuti e nei metodi: la storia della Resistenza e la Shoà (durante un viaggio di scambio in Polonia i ragazzi più grandi visitano il campo di sterminio di Auschwitz), ricerca d'ambiente e storia locale, cultura popolare e internazionalismo, cinema e attività artistico-espressive. Frugalità e solidarietà sono i valori "comunisti" praticati. Pina fa venire anche ragazzi più grandi d, di quattordici-sedici anni ad aiutarla a tender pulita la spiaggia, fare piccoli lavori, in cambio del soggiorno gratuito. Si fanno tre turni di ventun giorni da 150-190 bambini per turno. Per Pina è importante l'aspetto sociale ossia rispondere ai bisogni di tante famiglie che non hanno altra opportunità di mandare i figli al mare. Tuttavia non trascura l'aspetto qualitativo in quanto cerca di garantire un buon livello e offrire agli ospiti il meglio, procurare buon cibo, curare l'igiene e la salute. Mettere in moto e far funzionare tutta la complessa macchina organizzativa è un'impresa impegnativa che dirige con grande autorevolezza: bisogna ottenere dal Comune la scuola, avere i permessi del medico provinciale, organizzare la cucina, gli approvvigionamenti, i trasporti, parlare con le madri, trovare le vigilatrici, le cuoche, i bagnini. All'inizio dell'estate le aule scolastiche devono essere svuotate dai banchi e trasformate in camerate e mense; viceversa i primi di settembre devono essere riconsegnate come prima: "un'impresa epica, un lavoro immane-ricordano tutti-per il quale può contare sull'aiuto del marito-socialista-, che ha un'impresa di costruzioni. Pina riesce a coinvolgere molte persone, ogni una con un compito e una vasta rete di solidarietà. E' una colonia diversa l'Anita Garibaldi, non una colonia normale. I suoi ospiti sono malvisti e mal tollerati dagli abitanti del lido, soprattutto dai vacanzieri. Quando vanno in passeggiata lungo la spiaggia in una lunga fila (anche di 100 bambini), passando davanti all'Hotel Excelsior, le vigilatrici devono controllare che non disturbino, non alzino la voce, non si mettano a correre, a dare un calcio a qualche pallone che arriva tra i piedi. Vi sono dunque regole rigide da rispettare ma si discute molto; quando i bambini sollevano dei problemi, non si impone la soluzione, si discute finchè ci arrivano da soli, partecipando così alle decisioni e diventando protagonisti delle varie attività che scandiscono la vita quotidiana. Pina coinvolge amici, artisti e intellettuali. Gualtiero Bertelli arriva nell'estate del 1964, giovane maestro appena diplomato, e diventa il suo fiduciario: si occupa un po' di tutto, fa il bagnino, l'animatore, ma soprattutto la sera canta e suona. Gualtiero coinvolge a sua volta Ivano Costantini, maestro di Burano, artista e attore, e Luisa Ronchini, splendida interprete di canzoni della tradizione popolare veneziana, da lei stessa raccolte e riscoperte. la colonia è un "laboratorio culturale"- dice Teresa-, offre ai ragazzi stimoli e contatti impensati nel loro ambiente di provenienza: chiunque avesse qualcosa da dire, da insegnare, da far ascoltare era il benvenuto. La colonia organizza scambi con paesi europei, ospita ogni anno una decina di ragazzi provenienti da diversi paesi: Francia, Austria, Romania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia. Nel 1964 dieci ragazze tra i 14 e 16 anni - 5 maschi e 5 femmine - vengono accompagnati ad un campeggio della pace a Katowice in polonia, dove visitano Varsavia, Cracovia e Auschwitz, da dove tornano con un'idea piuttosto precisa dei campi di sterminio, le cui impressioni vengono raccontate e illustrate in un grande giornale murale. Temi allora ignorati dai programmi scolastici (la resistenza, le stragi naziste, i campi di sterminio)vengono considerati centrali nella formazione dei ragazzi della colonia.

il Movimento di cooperazione educativa[modifica | modifica wikitesto]

La Zandigiacomi si impegnò fin da subito nel suo lavoro educativo, presso la colonia Anita Garibaldi, ispirandosi alle nuove tecniche sostenute dal partito di sinistra, il quale promuoveva una scuola di formazionne laica e scientifica, in contrapposizione con la scuola "clericale". Il Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) è un movimento nato nel 1951, a Fano (nelle Marche), costituito da insegnanti, pedagogisti e operatori. Il MCE, nel corso degli anni si è sempre impegnato nel rinnovamento della didattica e si è battuto per l'affermazione di una pedagogia popolare e la costruzione di una scuola sempre più pubblica, laica e democratica. Pina frequentava il Movimento di cooperazione educativa di Treviso, convinta che da lì arrivassero esperienze importanti ed innovative. Ascolta, prende appunti sul suo quaderno e apprende tecniche che poi trasferisce in colonia: il disegno collettivo, sulla base di un progetto e della divisione dei compiti; l'osservazione della natura con un diario quotidiano; nel rapporto con i bambini discussione, problematizzazione, formulazione di ipotesi senza imporre la risposta; realizzazione del giornalino "Il chiodino", dove si pubblicano storie illustrate e osservazioni d'ambiente. Su grandi fogli di carta da pacchi marrone si realizza il giornale murale, col racconto delle esperienze della giornata: le passeggiate per conoscere la natura, le gite al paese di Malamocco, dove si intervistano i pescatori, le visite, nei giorni di pioggia, al museo di storia naturale a Venezia, i racconti di studenti stranieri. In questo fare Pina insegna alle vigilatrici, assumendo il ruolo "non solo di dirigere la baracca, ma anche di formare le maestre".

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ M.T. Sega (2011) p. 328.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

M.T. Sega (2011) Nel nome di Anita. L’attività assistenziale ed educativa di Pina Zandigiacomi dal dopoguerra agli anni ’70, in: a cura di Guido Turus, Michele Gambino e Lorenzo Capalbo (2011) Per l’Italia. 150 anni di cittadinanza attiva, Esedra editrice, Padova, pp. 309-330.

M.T. Sega (2012) Tra scuola della rinascita e città educativa. Piste di ricerca veneziane, in: