Utente:Amarotta13/Who care who killed roger ackroyd

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Who Cares Who Killed Roger Ackroyd?
Titolo originaleWho Cares Who Killed Roger Ackroyd?
AutoreEdmund Wilson
GenereSaggio
Lingua originaleinglese

Who Cares Who Killed Roger Ackroyd?[1] è un breve saggio scritto da Edmund Wilson e apparso sulla rivista The New Yorker nel gennaio del 1945. Il testo si concentra sul romanzo giallo e segue un altro testo pubblicato da Wilson sullo stesso tema, Why Do People Read Detective Stories?, e risponde a una serie di lettere ricevute in risposta a quell'intervento.

In seguito alla pubblicazione di Why Do People Read Detective Stories? su The New Yorker, Wilson ricevette molte critiche da parte dei suoi lettori, che si mostrarono in forte disaccordo con la sua presa di posizione nei confronti dei romanzi polizieschi e gli consigliarono una serie di letture per convincerlo a cambiare opinione.[2]. Nel saggio, Wilson si rivolge direttamente ai questi lettori, affermando di aver approfondito ulteriormente la sua conoscenza del genere seguendo i suggerimenti ricevuti.

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

Dorothy L. Sayers[modifica | modifica wikitesto]

Il critico inizia da Dorothy L. Sayers, poiché è la scrittrice più consigliata insieme al suo libro Il segreto delle campane. Purtroppo, durante la lettura, si accorge di quanto fosse noioso il romanzo, specie nelle parti descrittive delle campane, delle chiese inglesi e dei loro villaggi tradizionali. Per Wilson, tutte queste informazioni enciclopediche sono un espediente per allungare un volume che avrebbe potuto essere decisamente più breve. Inoltre, il protagonista, Lord Peter Wimsey, è, per il critico, l’ennesima copia di Sherlock Holmes. Wilson, dunque, rivela ai lettori di aver saltato diverse parti del libro, finendo per perdere il filo della storia e arrivando a capire, solo dopo aver ripreso da capo la lettura, che si può uccidere un uomo, in un campanile, grazie alle vibrazioni prodotte dalle stesse campane. Conclude il libro sorpreso dal fatto che l’autrice non scriva per nulla bene, come invece affermano i suoi ammiratori. La Sayers potrebbe apparire, però, geniale, se comparata a Ngaio Marsh, il cui romanzo Ouverture per un delitto è altrettanto consigliato a Wilson. Il critico reputa la scrittura della Sayers mediocre e si stupisce del fatto che il suo collega DeVoto, invece, la definisca, come quella delle scrittrici Marsh e Allingham, una "eccellente prosa". A questo punto, Wilson crede che il senso critico di un amante delle parole come De Voto sia venuto meno, dato che questi romanzi sono, per lui, pieni di inutili lunghe descrizioni, dialoghi e azioni messe in scena da spiacevoli personaggi della contea inglese.

Margery Allingham[modifica | modifica wikitesto]

Wilson, come realizza egli stesso con le successive letture, si accosta ai gialli con delle aspettative poco realistiche: il critico cerca una buona scrittura, una buona caratterizzazione dei personaggi ed una buona atmosfera, motivo per cui rimane puntualmente deluso. Soltanto con la lettura di Fiori per il giudice di Margery Allingham, considerato uno dei migliori libri di una delle più grandimaestre dagli esperti del genere[maestre del genere dagli esperti?], Wilson comprende che le sue aspettative non sarebbero state accontentate, anzi, avrebbe dovuto accettare che i gialli rappresentassero tutt'altro. Trova, infatti, il libro illeggibile, piatto e talmente noioso che gli richiede uno sforzo immane per continuarne la lettura. Notando l'assenza di atmosfera e caratterizzazione dei personaggi, il critico arriva alla conclusione che il vero amante del giallo deve saper mettere da parte ogni gusto letterario per poter affrontare i testi come un problema intellettuale.

Barzun, Maugham, DeVoto e Krutch[modifica | modifica wikitesto]

Wilson riprende la critica citando apertamente articoli di scrittori che hanno difeso il romanzo poliziesco. Comincia dissociandosi dai consigli di Jacques Barzun per i principianti di questo genere, suggerimenti che fungono da mappa al lettore non esperto per muoversi tra le varie letture del giallo e comprendere cosa gli viene richiesto, ma non ne nega la legittimità. Il critico analizza i commenti di scrittori come William Somerset Maugham, Bernard DeVoto e Joseph Wood Krutch, i quali sostengono che i romanzi siano diventati talmente filosofici e psicologici da costringere il pubblico a rifugiarsi in quelli polizieschi. Wilson, in completo disaccordo con i commenti degli scrittori, fa notare che non si può certamente parlare di un'assenza di narrazione [non chiaro]in un periodo di maestri come Francis Scott Fitzgerald e Virginia Woolf.

Raymond Chandler[modifica | modifica wikitesto]

Wilson nota che vi è una rappresentazione poco veritiera del romanzo poliziesco medio[periodo incomprensibile], il quale viene utilizzato come esempio di buona narrazione. Il critico americano fa comprendere che il dono della narrazione è una grazia che possiedono in pochi e che l'unico tra gli scrittori tanto consigliati che abbia questo talento è, a parer suo, Raymond Chandler. La lettura di Addio, mia amata di Chandler è positiva per Wilson, pur trovandolo piuttosto distante dalla vecchia scuola del romanzo poliziesco. Il critico, infatti, elogia Chandler, il quale riesce ad inventare degli ottimi personaggi e creare un'atmosfera. Tuttavia, Wilson rimane nuovamente deluso alla fine del romanzo: la rivelazione gli pare sempre forzata, noiosa oppure poco credibile, e con Chandler è lo stesso. Considerando il resoconto di questo secondo gruppo di romanzi gialli, il critico constata che si sente più disilluso di quanto non lo sia stato al primo tentativo di accostarsi al genere.

Conclusione[modifica | modifica wikitesto]

Wilson conclude dicendo che i lettori dei gialli riconoscono il loro vizio[non chiaro] e, per questo motivo, stanno sulla difensiva e provano a giustificare la loro ossessione parlando di una presunta "buona narrazione". Il critico ne riceve la conferma nella lettera di una fanatica del genere, la quale riconosce quanto sia difficile trovare un romanzo che consiglierebbe ad altri nella moltitudine di gialli che ha letto. Wilson, spiega che a un lettore di romanzi gialli, in realtà, non interessa il susseguirsi di eventi casuali ma unicamente la scoperta di un segreto sensazionale e, se non capisce lo svolgimento finale degli eventi, non va a riprendere il libro per comprenderlo, ma ne inizia uno nuovo. Wilson definisce Woodrow Wilson e André Gide come spiriti puri e sinceri; sostiene che rappresentano una minoranza, ma intima loro di non temere perché la letteratura è dalla loro parte. Consiglia infine ai lettori di non annoiarsi con questa "spazzatura", essendoci così tanti bei libri da leggere e da cui imparare.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Edmund Wilson, "Who Cares Who Killed Roger Ackroyd". The New Yorker, 20 gennaio 1945.
  2. ^ Edmund Wilson, "Who Cares Who Killed Roger Ackroyd",The New Yorker, p.59.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Edmund Wilson, Why do people read detective stories?, 1944.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Edmund Wilson

Giallo (genere)

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