Utente:Alessia09/Sandbox

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L'oratorio di San Michele è quanto rimane dell'antica Chiesa dei Santi Arcangeli; il nome originale dei Santi Arcangeli convertito in San Michele risente del passaggio attraverso l'epoca longobarda in cui San Michele viene proclamato patrono d'Italia dopo la vittoria dei Longobardi sui Bizantini.[1] L'oratorio ospita al suo interno una cappella, completamente affrescata da Jacopo da Verona, il cui ciclo pittorico ruota attorno alla vita della Vergine.

Alessia09/Sandbox
Esterno dell'Oratorio di San Michele
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Veneto
LocalitàPadova
ReligioneCristiana cattolica di rito romano
Inizio costruzioneXIV secolo
CompletamentoXIV secolo

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L’edificio e le sue origini[modifica | modifica wikitesto]

L’oratorio di San Michele sorge vicino alla Torlonga del Castello Carrarese fuori dalle mura più antiche della città. Viene edificato nel 1397 sulle rovine della Chiesa dei Santi Arcangeli, danneggiata nel 1390 da un incendio scatenato dagli scontri tra Carraresi e Visconti durante la presa della città di Padova da parte di Francesco II Novello da Carrara. Dopo l’accaduto la famiglia de Bovi decise di costruire una cappella dedicata alla Beata Vergine Maria aprendo un varco nella navata settentrionale della Chiesa. Mediante un’iscrizione su una lapide, collocata sul muro interno, di fronte all’ingresso della cappella, è possibile conoscere: la data di costruzione, 1397, il nome del committente, Pietro di Bartolomeo de Bovi e il nome dell’artista che affrescò la cappella, Jacopo da Verona;[2] l’epigrafe commemorativa recita:

«M̊ III LXXXXVII IN̄ITOĒ V D MĒSE SEPTEB̄RIS

HANC FIERI JUSSIT PETRUS OLIM BARTHOLOMEI

DE BOBIS GENITUS PADUANA PROPAGO CAPELLĀ

HVIC TIBI DEVOTO MISERERE PUERPERA VIRGO

AD CUIUS LAUDEM PRESENS FUIT ARA DICATA

PĒSBITĒ HUIC TEMPLO PRĒĒ NUNC ANTONIUS ALMO

PINXIT QUEM GENUIT JACOBUS VERONA FIGURAS
»

Cambiamenti attraverso i secoli[modifica | modifica wikitesto]

Le prime notizie sulla conservazione degli affreschi che decorano l’edificio si hanno solo nel 1792 quando venne deciso di scialbare le opere. Gli affreschi si conservarono nel loro luogo di origine solo grazie all’azione del nobile Tommaso Soranzo. Nel 1808 la struttura costruita dai de Bovi fu declassata ad Oratorio e questo causò il suo declino fino alla definitiva chiusura al pubblico nel 1815. Per la riapertura al culto, nel 1871 l’edificio subì un completo restauro con diverse modifiche architettoniche. Venne demolita parte della navata principale della Chiesa per creare una piccola abside e un giardino, venne aperto un ingresso nella cappella e rialzato e modificato il soffitto.

Gli affreschi della parte settentrionale e occidentale furono staccati e applicati su telai in legno a cavallo tra Ottocento e Novecento, solo negli anni settanta sono stati riposizionati su pannelli in alluminio da Ottorino Nonfarmale. La struttura è stata riaperta negli anni novanta e gli affreschi sono stati restaurati e riposizionati nell’Oratorio grazie a dei telai inseriti nelle pareti. Il problema principale per la conservazione degli affreschi in loco era l’umidità di risalita che è stata eliminata grazie alla collocazione di una banda termica.[3]

Interventi di restauro[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2000, su iniziativa dell’associazione padovana “La Torlonga”, l’Oratorio viene riaperto al pubblico. La riapertura avviene in occasione della mostra “Giotto e il suo tempo”.[4] Dati i costanti problemi di umidità l’edificio, e con esso gli incredibili affreschi all’interno, è stato oggetto di un importante restauro finanziato dalla “Fondazione Cariparo” e ciò ha comportato un’ulteriore chiusura del sito.[5] L’intervento, che si sarebbe dovuto concludere entro il 2015, è stato terminato nel 2018 grazie ai contributi raccolti tramite la procedura di Art Bonus, sito istituito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali col fine di conservare il patrimonio culturale. Le donazioni hanno permesso il consolidamento della copertura dell’edificio, un lavoro di drenaggio dell’umidità, il lavaggio dei muri esterni, il rifacimento degli intonaci danneggiati e l’opera di scavo archeologico.[6] L’Oratorio, oggi regolarmente aperto al pubblico, è stato inserito nella lista dei monumenti di “Urbs Picta”, il progetto di candidatura della città di Padova a Patrimonio Mondiale UNESCO.[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ C. Bellinati, Padova da salvare: l'antica Chiesa dei Santi Arcangeli (S.Michele) in Padova e la Cappella affrescata da Jacopo da Verona (1397), Padova, 1969.
  2. ^ D. Banzato, M. Masenello, G. Valenzano (a cura di), Giotto e i cicli pittorici del Trecento a Padova, Milano, 2015, p. 113.
  3. ^ D. Banzato, M. Masenello, G. Valenzano (a cura di), Giotto e i cicli pittorici del Trecento a Padova, Milano, 2015, p. 115-116.
  4. ^ Gli affreschi di Jacopo da Verona, su latorlonga.it.
  5. ^ D. Banzato, M. Masenello, G. Valenzano (a cura di), Giotto e i cicli pittorici del Trecento a Padova, Milano, 2015, p. 117.
  6. ^ Oratorio di San Michele, su artbonus.gov.it.
  7. ^ Padova Urbs Picta: l’Oratorio di San Michele, su padovanet.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • C. Bellinati, Padova da salvare: l'antica Chiesa dei Santi Arcangeli (S. Michele) in Padova e la Cappella affrescata da Jacopo da Verona (1397), Padova 1969, Civica BP.h.322.59
  • Giotto e i cicli pittorici del Trecento a Padova, a cura di D. Banzato, M. Masenello, G. Valenzano, Milano 2015, pp. 113-117

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