The Guinea Pig - Manhōru no naka no ningyo

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The Guinea Pigu - Manhōru no naka no ningyo
Titolo originaleザ・ギニーピッグ マンホールの中の人魚
Za ginīpiggu - Manhōru no naka no ningyo
Lingua originalegiapponese
Paese di produzioneGiappone
Anno1988
Durata63 min
Genereorrore
RegiaHideshi Hino
SoggettoHideshi Hino
ProduttoreSatoru Ogura
FotografiaNaoki Hayashi
Effetti specialiNobuaki Koga
MusicheKit Kat Crave
Interpreti e personaggi

The Guinea Pig - Manhōru no naka no ningyo (ザ・ギニーピッグ マンホールの中の人魚?, Za ginīpiggu - Manhōru no naka no ningyo, lett. "The Guinea Pig - La sirena nel tombino"), conosciuto anche col titolo internazionale Mermaid in a Manhole[1][2], è un film del 1988 diretto da Hideshi Hino e basato su un manga dello stesso regista[3]. Fa parte della serie cinematografica Guinea Pig. È considerato un esempio di melt movie[4], sottogenere del body horror.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Okinawa. Dopo la scomparsa della moglie, un pittore si getta nel lavoro per sopportare il lutto. I suoi soggetti prediletti sono esseri viventi in decomposizione: per questo l'uomo esplora le fogne in cerca di ispirazione, raccogliendo cadaveri di animali e perfino quello di un feto umano. In una di queste fogne, che un tempo era un fiume frequentato dal pittore quando era bambino, l'uomo trova una sirena. La sirena gli spiega che, anni prima, abitava il fiume, poi prosciugato per far posto alla fogna. L'essere è rimasto intrappolato lì e ora è gravemente deperito dopo anni a contatto coi liquami del luogo. La sirena implora l'uomo di aiutarla. Il pittore la trasporta a casa sua e la ospita nella vasca da bagno. Mentre l'uomo ne dipinge il ritratto, le condizioni della sirena peggiorano: la pelle si riempie di piaghe e infezioni di ogni colore, che il pittore non riesce a riprodurre. Allora la sirena offre all'uomo di utilizzare i suoi stessi liquidi corporei per realizzare il ritratto. Mentre il corpo della sirena continua a decomporsi inesorabilmente, l'essere implora l'uomo di ucciderla. Il pittore lo fa, e poi smembra la sirena, estraendo dal corpo un feto morto. Allertata dai vicini sospettosi, finalmente la polizia si presenta a casa dell'uomo, e lo sorprende a infierire sul corpo della moglie morta: da tempo malata di cancro, la donna aveva avuto un aborto poco tempo prima. Nell'appartamento del pittore, però, viene ritrovata anche una misteriosa scaglia di pesce.

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Per il critico Jim Harper, il film esplora il tentativo "di trovare la bellezza nel decadimento fisico e di trasmettere la tragedia del decadimento della bellezza - come nella trasformazione del fiume da bellezza naturale a fogna, e nel declino della sirena, che si riduce a una poltiglia infetta (...) È l'unico della serie Guinea Pig che consente un'analisi più profonda senza forzature. (...) Sicuramente è il più interessante - e probabilmente il più memorabile - di tutta la serie"[5]. Per Roberto Curti e Tommaso La Selva, il film "si distacca dalla monotonia tautologica della serie grazie all'atmosfera surreale"[6]. Per Salvador Murguía, "il film è considerato il più artistico della serie, un racconto ben strutturato sui temi di ossessione e follia, che però ricorre al gore e allo shock per cui la serie è famosa (...). È la storia di un'ossessione che si situa tra una fiaba fantasy bizzarra e straziante e un racconto fin troppo commovente di una macabra ossessione"[7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Davide Casale, Cavie da laboratorio: Guinea pig, su Notturno, 29 marzo 2015.
  2. ^ (EN) Tom Mes, The Mermaid in the Manhole, su Midnight Eye, 20 marzo 2001.
  3. ^ (EN) Alex Ehrenreich, Far East Extreme: How to train your Mermaid in a Manhole, su Rue Morgue, 25 marzo 2019.
  4. ^ Barbara Torretti, Alienween - The Melting Movie: viscidi mutanti nel film melt di Federico Sfascia, su DarkVeins, 30 luglio 2014.
  5. ^ (EN) Jim Harper, Flowers from Hell, Noir Publishing, 2008, ISBN 978-0-9536564-7-9. URL consultato il 16 febbraio 2020.
  6. ^ Roberto Curti e Tommaso La Selva, Sex and Violence: Percorsi nel cinema estremo, Lindau, 29 ottobre 2015, ISBN 978-88-6708-437-1. URL consultato il 16 febbraio 2020.
  7. ^ (EN) Salvador Jimenez Murguía, The Encyclopedia of Japanese Horror Films, Rowman & Littlefield, 29 luglio 2016, ISBN 978-1-4422-6167-9. URL consultato il 16 febbraio 2020.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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